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Continuano i dubbi sull’acquisizione di Credit Suisse

Edificio del Credit Suisse sotto un cielo tempestoso
L'acquisizione del Credit Suisse da parte di UBS è stata concordata ma non ancora realizzata. © Keystone / Michael Buholzer

La frettolosa acquisizione della banca Credit Suisse da parte di UBS continua a suscitare preoccupazioni in Svizzera.

Il Governo svizzero ha invocato i poteri d’emergenza per forzare l’operazione del 19 marzo, con Credit Suisse sull’orlo del collasso.

Le fusioni tra banche così grandi, però, comportano rischi significativi, secondo Arturo Bris, professore di finanza alla IMD Business School, che ha esaminato 1’000 operazioni tra il 2002 e il 2022.

“Le fusioni tra banche affermate come UBS e Credit Suisse (CS), che non crescono più rapidamente e sono meno redditizie dei loro concorrenti, non funzionano quasi mai”, ha dichiarato al quotidiano svizzero-tedesco Tages Anzeiger. “In media, i profitti post-fusione sono inferiori del 4% rispetto a quelli precedenti la fusione”.

Philipp Rickenbacher, CEO della banca Julius Bär, vede una lunga strada da percorrere prima che l’acquisizione possa essere considerata un successo.

“Un’integrazione di questo ordine di grandezza in Svizzera richiederà molte risorse e sforzi, oltre a una notevole complessità”, ha dichiarato al Financial Times.

Nelle ultime settimane Julius Bär ha registrato un afflusso di beni dei clienti sia da Credit Suisse che da UBS. Inoltre, il gruppo di private banking è stato contattato da molti dipendenti del Credit Suisse che chiedevano opportunità di lavoro.

Un sondaggio condotto la scorsa settimana tra gli economisti svizzeri ha rivelato che quasi la metà ritiene che l’acquisizione di CS non sia la soluzione migliore e ha avvertito che la situazione ha intaccato la reputazione della Svizzera come centro bancario.

 Sia Bris che Rickenbacher ritengono che gli Stati non debbano intervenire per salvare le banche dal collasso. Le norme finanziarie, elaborate dopo la crisi finanziaria del 2008, avrebbero dovuto consentire a CS di fallire in modo ordinato.

Le norme “Too Big to Fail” sono state concepite per risolvere un problema… e in questo caso non sono riuscite a risolverlo”, ha dichiarato Rickenbacher. “Il mio istinto e la mia bussola morale dicono che un istituto privato dovrebbe essere in grado di fallire”.

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