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Boom dell’export di farmaci elvetici verso la Russia

pastiglie varie medicinali
LA Svizzera ha venduto di più a prezzi molto più alti. © Keystone / Gaetan Bally

La Svizzera ha venduto maggiori quantità di prodotti farmaceutici alla Russia rispetto all’anno scorso, facendoli anche pagare di più.  

L’industria farmaceutica svizzera sta esportando in grandi quantità in Russia e fa pagare anche di più i suoi medicinali: è quanto emerge da un’analisi dei dati sull’export elvetico effettuata dall’agenzia AWP. 

Il settore ha venduto al Paese, nel solo mese di giugno, medicinali, vitamine e prodotti diagnostici per oltre 330 milioni di franchi, un valore record per gli ultimi 30 anni (la banca dati dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini  non va oltre il 1992). Il primato precedente risale ai 237 milioni registrati nel mese di novembre 2021. 

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Per motivi umanitari i medicamenti non sottostanno alle sanzioni e quindi, nonostante le restrizioni cui è sottoposto il commercio estero con la Russia – introdotte dalla Confederazione per allinearsi con l’UE – a causa della guerra in Ucraina, le esportazioni di questi prodotti sono continuate normalmente.  

Più export e a prezzi maggiorati 

Le esportazioni complessive elvetiche con il Paese governato da Vladimir Putin, grazie al settore farmaceutico, hanno raggiunto il nuovo valore record di 430 milioni di franchi. Da notare che, se il fatturato della vendita di farmaci alla Russia è aumentato del 59% rispetto a giugno 2021, il volume è cresciuto solo del 18%: questo significa che i prodotti sono stati venduti a prezzi molto più alti rispetto al passato. “Negli ultimi anni le esportazioni di prodotti farmaceutici in Russia sono state soggette a fluttuazioni”, commenta da parte sua Daniela Dürr, portavoce di Interpharma, l’associazione delle imprese farmaceutiche. In dichiarazioni rilasciate ad AWP l’addetta stampa sottolinea che nel secondo semestre del 2019 sono stati esportati in Russia ancora più preparati che nel primo semestre del 2022. 

Sono invece diminuite le vendite in Ucraina: nel periodo gennaio-giugno l’export di medicinali è calato (su base annua) del 40% in volume e del 20% in valore, scendendo a 91 milioni di franchi. 

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In seguito alla diffusione di queste cifre si sono moltiplicati sui social media i messaggi che accusano la Confederazione di lucrare sulla guerra, scordandosi della propria neutralità quando si tratta di fare affari. Quella rossocrociata, però, non è l’unica industria farmaceutica ad averci guadagnato dal conflitto: secondo i dati più recenti, anche in Germania il settore sta facendo ottimi affari e avrebbe venduto finora il 50% in più rispetto a un anno fa. C’è da sottolineare, però, che in generale i tedeschi esportano meno medicinali in Russia rispetto a quanto lo faccia la Svizzera. 

Non è tutto oro… 

Se l’industria farmaceutica sta facendo ottimi affari, non si può dire altrettanto per numerosi altri settori. Recentemente, per esempio, il gruppo chimico Sika ha annunciato una riduzione delle attività in Russia. Lo stesso vale per il mercato dei prodotti elettronici, le cui vendite sono calate del 64%.  

A subire le maggiori conseguenze, però, è il settore orologiero, che accusa un vero e proprio crollo della cifra d’affari (-99%).  

La Confederazione, che all’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina non ha voluto prendere posizione sulle sanzioni introdotte contro Mosca da altri Paesi, si è presto allineata all’Unione europea. Sul sito della SECOCollegamento esterno possono essere consultate tutte le misure introdotte ad oggi.


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