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Attacco di matrice jihadista a Lugano: nove anni all’accoltellatrice

facciata di un grande magazzino con auto della polizia
L'attentatrice aveva ferito con un coltello due donne in questo grande magazzino di Lugano. Keystone / Pablo Gianinazzi

La donna che il 24 novembre 2020 aggredì e ferì con un coltello due persone in un grande magazzino della città ticinese è stata condannata a nove anni di reclusione, che però sconterà in un istituto di cura e non in carcere.

Il Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona l’ha riconosciuta colpevole di tentato assassinio e di violazione della legge federale che vieta i gruppi Al Qaida e Stato islamico, nonché le organizzazioni associate.

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Non ha mostrato “alcun rispetto per la vita umana”, e “ha agito a sangue freddo, pianificando l’atto; ha selezionato l’arma da usare e ha scelto il luogo in cui comperarla”, ha dichiarato la presidente della Corte, Fiorenza Bergomini, durante la lettura del verdetto. “Il movente terroristico è stato confermato – ha proseguito la giudice. La donna ha commesso un doppio tentato assassinio a sfondo jihadista”. L’imputata “ha agito secondo le sue capacità, limitate dai suoi disturbi psichici e dal lieve ritardo mentale, ma con la volontà di promuovere le idee dello Stato Islamico”.

La Corte ha così accolto in gran parte le richieste dell’accusa. Nella sua requisitoria, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) aveva sottolineato di non avere dubbi: quello verificatosi a Lugano “è stato un attentato terroristico”. Per questo motivo, e in virtù del fatto che l’autrice dell’atto “non ha mai mostrato un briciolo di pentimento”, la procuratrice federale aveva chiesto una condanna a 14 anni di reclusione, di cui 11 per tentato assassinio e tre per adesione a gruppi Al Qaïda, Stato islamico e organizzazioni associate, sospesi a favore di un trattamento stazionario in una struttura chiusa. Aveva anche chiesto 200 franchi di multa per ripetuto esercizio illecito della prostituzione.

La pena pronunciata dal TPF è però più clemente rispetto a quella domandata dall’accusa. L’MPC ha indicato di aver preso atto del verdetto e che deciderà sul seguito da dare alla procedura una volta che avrà le motivazioni scritte.

Lieve ritardo mentale

La difesa aveva da parte sua fatto leva sul suo stato mentale per confutare il movente “terroristico” e aveva chiesto una condanna a otto anni di carcere per “tentato duplice omicidio”.

Secondo gli esperti chiamati a testimoniare, la donna soffre di un lieve ritardo mentale e di una forma di schizofrenia ed è a rischio di recidiva.

Lunedì la giudice ha sottolineato che gli studi hanno dimostrato che non è insolito che i terroristi soffrano di stress o di problemi psichiatrici.

“Non dobbiamo dimenticare che ci sono – quando si parla di terrorismo – persone con disturbi psichiatrici che non appartengono a organizzazioni terroristiche, ma che sono considerate lupi solitari”, ha sottolineato.

Convertita all’Islam

Di padre svizzero e di madre serba, la donna, che oggi ha 30 anni, si è convertita all’Islam dopo essere stata sposata con un uomo afghano da cui ha divorziato l’anno scorso.

I fatti risalgono al 24 novembre 2020. La donna, che vive in Ticino, si era fatta consigliare un coltello da pane affilato da una commessa del reparto casalinghi dei grandi magazzini Manor di Lugano prima di commettere il reato. Con esso aveva poi accoltellato due donne scelte a caso. La lama del coltello da pane seghettato era lunga 21 centimetri.

Alla prima vittima, la 30enne aveva inferto una ferita al collo profonda almeno dieci centimetri e altre lesioni al viso, agli avambracci, ai polsi e alle mani. La seconda vittima era stata ferita alla mano destra: era riuscita, insieme ad altre persone presenti sul posto, a fermare l’assalitrice e a trattenerla fino all’arrivo della polizia.

Durante l’aggressione con il coltello, la donna aveva gridato “Allah u Akbar” e “Sono qui per l’Isis”. Secondo informazioni dell’Ufficio federale di polizia (Fedpol), cinque anni prima l’accusata aveva avuto contatti con un combattente jihadista, del quale si era innamorata tramite le reti sociali. Nel 2017 aveva cercato di recarsi in Siria, ma era stata fermata al confine turco-siriano e rimandata in Svizzera dalle autorità turche.

La donna ha sofferto di problemi psichiatrici ed era stata ricoverata in un istituto psichiatrico al suo ritorno in Svizzera. Tuttavia, dal 2017 non è comparsa in nessuna indagine a sfondo terroristico presso Fedpol.

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