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Asilo, impennata degli arrivi in Svizzera e nel resto dell’Europa

Nuovi immigrati e immigrate all hotspot di Lampedusa.
Nuovi immigrati e immigrate all'hotspot di Lampedusa. Keystone / Vincenzo Livieri

In agosto picco di nuove domande d'asilo (3'001) alle frontiere svizzere. La situazione è tesa anche nell'UE dove ogni governo va per la propria strada in tema di immigrazione.

Come ogni estate gli sbarchi sulle coste europee registrano un’impennata. In più, in questi mesi, gli arrivi seguono la tendenza al rialzo che si manifesta da un anno a questa parte. Le cancellerie europee hanno intensificato i contatti per cercare una soluzione che naturalmente è di difficile individuazione in considerazione della complessità del fenomeno.

La presidente della Commissione Ursula Von der Leyen domenica ha accompagnato la premier italiana Giorgia Meloni a Lampedusa, epicentro della pressione delle e dei profughi lungo le rotte del Mediterraneo centrale, che attualmente ospita il doppio di migranti rispetto alla popolazione locale.

La gestione del fenomeno costituisce un tema fondamentale per la rappresentante UE, in vista delle elezioni europee della prossima primavera, ma anche per la premier italiana, pressata alla sua destra dall’alleato Matteo Salvini, che sulla crisi migratoria ha costruito il clamoroso successo elettorale di Fratelli d’Italia un anno fa e ora vede con preoccupazione l’acuirsi del fenomeno nonostante le iniziative prese (decreto Cutro, accordo con la Tunisia) che finora non hanno sortito effetti.

L’intesa di giugno a Lussemburgo

Le diplomazie sono al lavoro e a livello europeo è appena stato approvato, dal Consiglio dei ministri europeo a Lussemburgo lo scorso 7 giugno, il Patto su migrazione che ha riscritto parzialmente le regole sull’asilo.

In sostanza l’intesa, cui si sono opposte l’Ungheria e la Polonia, non cambia il principio del primo Paese d’arrivo, responsabile della procedura d’asilo e dell’accoglienza delle e dei migranti, ma introduce un meccanismo di quote, su base volontaria, per la loro ripartizione tra i Ventisette.

Il Patto su migrazione e asilo è stato pubblicato dalla Commissione UE il 23 settembre 2020. Dopo i correttivi e le modifiche proposte durante l’iter di consultazione il testo è stato adottato dai ministri degli Interni del Consiglio dell’Unione Europea. Si dovrà ora pronunciare l’altro organo legislativo dell’UE, vale a dire l’Europarlamento. L’esame delle domande d’asilo dei migranti che arrivano da Paesi con un tasso di riconoscimento inferiore al 20% dovrà essere effettuato attraverso una “procedura di frontiera” e concludersi entro 12 settimane. Questa procedura si applicherà a tutti quelli che attraversano illegalmente la frontiera o quando il richiedente asilo proviene da “un paese terzo ritenuto sicuro”. Viene inoltre esteso, da 12 a 24 mesi, il periodo durante il quale uno Stato ha la responsabilità dei migranti arrivati sul suo territorio. Da ultimo, in materia di respingimenti e rimpatri, gli stati avranno autonomia nel definire un paese di partenza o di transito come “sicuro” e quindi potranno attuare respingimenti anche verso un paese di transito per i migranti (e non solo verso quello di origine).

Ma i tentativi di collaborazione nella gestione della migrazione si scontrano poi con contingenze quotidiane di politica interna, come testimoniano le dichiarazioni di questi giorni di rappresentanti di governo di Germania e Francia riguardo alla chiusura delle loro frontiere. 

Berlino e Parigi per il momento non sono disponibili neanche a collaborare in tema di ricollocamento delle e dei migranti, dopo la sospensione unilaterale del regolamento di Dublino da parte di Roma che aveva decretato in aprile lo stato di emergenza su tutto il suo territorio.

In linea di massima tutti i Paesi UE sono chiamati ad accogliere 30’000 persone giunte nello Spazio Schengen o, in alternativa, dovranno contribuire con 20’000 euro per migrante al fondo comune per la gestione delle frontiere esterne.

Le cifre in Europa

Intanto però i numeri di quest’anno, condizionati da crisi locali in Africa e fattori geopolitici, ci riportano al biennio 2015-2016, quando a fine anno si raggiunsero 1,2 milioni di richieste d’asilo.

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Nell’Unione Europea (più Svizzera e Norvegia) gli arrivi sono saliti del 28% nei primi sei mesi dell’anno, per un totale di 519’000 domande d’asilo inoltrate, cifra che secondo le e gli esperti potrebbe superare il milione a fine anno.

L’anno scorso le procedure intentate si erano arrestate sotto il milione (965’665), il 52,1% in più rispetto al 2021. In proposito va sottolineato che la Germania è il Paese UE che ha ricevuto il maggior numero di richieste d’asilo, circa il 30% del totale (154’677), seguita da Spagna (86’786) e Francia (81’158). Al quarto posto l’Italia con 62’484 domande depositate.

Piccole variazioni rispetto all’anno passato quando gli arrivi principali si registrarono, nell’ordine, in Germania (243’835), Francia (156’455), Spagna (117’945), Austria (108’755) e Italia (84’290). Da notare in proposito che le cifre indicano come nella vicina Repubblica sia giunto un terzo delle profughe e dei profughi della Germania e quasi la metà della Francia. Le persone provenienti da Siria, Afghanistan, Venezuela, Turchi e Colombia sono i principali richiedenti (44% del totale).

Pressione sulle frontiere elvetiche

L’impennata degli ingressi, in particolare sulle coste meridionali italiane, si sta riflettendo anche sulle frontiere elvetiche. I cosiddetti “rintracci” (fermi e identificazione di cittadine e cittadini stranieri) nei primi sette mesi dell’anno al confine italiano con i cantoni Ticino, Grigioni e Vallese, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’interno italiano, sono aumentati del 146% (3’425) rispetto all’analogo periodo del 2022 (1’425).

Un incremento ben superiore a quello registrato lungo la rotta balcanica alla frontiera con la Slovenia (+57%), anche se i numeri in termini assoluti restano superiori (4’850). Come ha avuto modo di osservare recentemente il responsabile cantonale Norman Gobbi, a fine 2022 e inizio 2023 la metà degli arrivi in Svizzera sono transitati dalle frontiere ticinesi.

Va inoltre sottolineato che con 2,8 richiedenti asilo per 1’000 abitanti la Svizzera si piazza sopra la media europea (2 richiedenti per 1’000 abitanti). I Paesi con quote più elevate sono Cipro (24,1), Austria (12,2), Grecia (3,5), Lussemburgo (3,4), Slovenia e Belgio (3,2), Bulgaria (2,9), Germani (2,8) e Irlanda (2,7).

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Più in generale, proprio martedì la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) ha reso noti i dati sull’asilo di agostoCollegamento esterno che indicano 3’001 domande depositate alle autorità federali: l’aumento è stato quindi di quasi la metà (+46,7%) in un anno e del 38,4% in un mese, a conferma della pressione migratoria che si sta riverberando anche sui valichi elvetici.

Un aumento in linea peraltro con l’evoluzione che si era già delineata nel 2022 con 24’511 richieste di protezione (+64,2% rispetto al 2021) e che lascia intravvedere un probabile superamento della soglia di 27’000 arrivi a fine anno.

Tutti i dettagli relativi al 2022 sono contenuti nel comunicatoCollegamento esterno di febbraio della Segreteria di Stato della migrazione (SEM).

La situazione è tesa a Chiasso

I riflessi sul mondo politico non si sono naturalmente fatti attendere. A Chiasso, porta meridionale della Confederazione, oltre 1’400 abitanti hanno aderito alla petizione inviata nei giorni scorsi, su iniziativa dell’ex sindaco Moreno Colombo, alla consigliera federale Elisabet Baume-Schneider e al governo ticinese per il sovraffollamento nei centri federali della regione.

Nella cittadina di confine attualmente soggiornano oltre 600 profughi e profughe, invece dei 350 previsti da un’intesa con Berna, e nelle scorse settimane erano avvenuti piccoli episodi di cronaca che hanno creato qualche problema di convivenza con le e i residenti. Da inizio anno la polizia comunale è dovuta intervenire circa 400 volte e sono stati riscontrate 215 ipotesi di reato.

Politica elvetica in movimento

In proposito la deputazione ticinese alle Camere federali si sta muovendo per ottenere una diversa ripartizione delle e dei richiedenti asilo tra i cantoni, un incremento delle risorse per la gestione della crisi e una base penale, oggi assente, per poter sanzionare comportamenti molesti (in particolare furti, ubriachezza, risse, schiamazzi, danneggiamenti e scippi) di cui si sono macchiati alcuni appartenenti a questa categoria di persone.

E in questo contesto si aggiunge la citata chiusura di Roma che, con la sospensione del regolamento di Dublino (che il Governo Meloni ritiene superato dal Patto approvato in giugno a Lussemburgo), non riprende più le e i migranti di sua competenza, in quanto Paese di primo ingresso, attualmente presenti nella Confederazione. Le pressioni, discrete ma ripetute di Berna in proposito, come ha avuto modo di ribadire nel vertice di fine maggio tra i ministri responsabili Elisabeth Baume-Schneider e Matteo Piantedosi, non hanno finora sortito alcun risultato concreto.

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