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La caccia ai focolai contagiosi è lanciata

Jan von Overbeck
Ex medico cantonale bernese, Jan von Overbeck a lanciato il nuovo strumento assieme a un gruppo di studenti in informatica. COVIDTRACKER

In Svizzera è ormai possibile tracciare la Covid-19 laddove si diffonde maggiormente attraverso un questionario online. Una carta visualizza in tempo reale le regioni più vulnerabili del paese. 

Da giovedì scorso più di 150’000 persone residenti in Svizzera hanno risposto al questionario COVIDTRACKERCollegamento esterno, un sito per individuare i focolai contagiosi della Covid-19 nel paese. Le autorità federali non hanno nulla a che vedere con questa iniziativa. Il progetto, diretto dall’ex medico cantonale bernese Jan von Overbeck, è stato realizzato su base volontaria da un gruppo di studenti di informatica.

Incaricato recentemente dal cantone Berna di creare dei centri di analisi mobili nella capitale, nonché a Bienne e a Thun, Jan von Overbeck, specialista in infettivologia, deplorava la mancanza di una cartina nazionale aggiornata per seguire l’evoluzione geografica del coronavirus. Il COVIDTRACKER si basa sul principio che ogni informazione supplementare deve contribuire a frenare la propagazione.

La popolazione è chiamata a partecipare

I primi passi per attivare questo software sono stati fatti dieci giorni fa, all’indomani dell’annuncio delle autorità federali di voler vietare ogni assembramento di più di cinque persone. Il primo caso di coronavirus era stato segnalato a fine febbraio in Ticino. Un settantenne era stato messo in isolamento in una clinica di Lugano poco dopo un soggiorno a Milano. Preoccupate per la propagazione del virus nella vicina Lombardia, le autorità cantonali ticinesi si interrogavano ancora sulla possibilità o meno di riaprire le scuole il lunedì seguente, dopo le vacanze di carnevale. Il seguito è ormai conosciuto.

“Prima di lanciare il progetto COVIDTRACKER non abbiamo voluto in modo deliberato sollecitare l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP)”, spiega Jan von Overbeck. “Conosco troppo bene le lentezze informatiche dell’UFSP, avendole sperimentate quando ero medico cantonale”, tra il 2014 e il 2018. Aiutato da giovani scienziati e sviluppatori, Jan von Overbeck è ora alla testa di questo progetto “nato dal desiderio di aiutare la comunità”. “Dall’inizio di questa settimana, invitiamo la popolazione a fornirci informazioni per compilare la cartografia dei focolai in tempo reale”. A tal proposito è appena stata lanciata una campagna pubblicitaria in Svizzera.

Lentezze amministrative all’UFSP

Jan von Overbeck si rammarica per le lentezze amministrative ricorrenti che a suo avviso rallenterebbero l’UFSP nella sua corsa contro il tempo nella lotta al coronavirus. Deplora in particolare che dei dati sui casi di Covid-19 “siano ancora trasmessi via fax da parte di certi uffici cantonali della sanità e non attraverso dei file condivisi”. “È da quattro anni che all’UFSP non si muove nulla”, afferma l’esperto. Una recente inchiesta del sito republik.ch evidenziava l’assenza di una piattaforma digitale centralizzata, in grado di raccogliere i dati dei medici e degli ospedali.

Il questionario online COVIDTRACKER si indirizza a tutti, sia alle persone contagiate dal coronavirus, sia a quelle che non hanno neanche un sintomo. Una simile cartina avrebbe ad esempio potuto fare apparire più rapidamente la presenza di un focolaio nella regione di Verbier, in Vallese. Ulteriori concentrazioni di persone positive appariranno senza dubbio nei prossimi giorni su questa nuova mappa che si trasforma sotto i nostri occhi.

Carte covid-19
La carta dei possibili contagi il 31 marzo. COVIDTRACKER

Questionario anonimo

Nel questionario bisogna prima fornire alcuni dati di base: sesso, anno di nascita, codice postale della località in cui si vive. Non viene invece chiesta l’identità. Le domande successive sono un’autovalutazione: “È stato testato per la Covid-19? Lavora nel settore delle cure con dei pazienti e se sì in quale: ospedale, ambulatorio privato, centro medico-sociale? Ha viaggiato all’estero negli ultimi 14 giorni? Ha avuto contatti con casi positivi? Soffre di una malattia cronica?”. Una volta completato, il questionario si invia con un semplice click.

A Berna, l’UFSP dispone anche di un proprio questionario di autovalutazione, una soluzione di ripiego per palliare alla carenza di test destinati all’insieme della popolazione svizzera. Questi dati dovrebbero permettere di ottenere “un’immagine differenziata della situazione”, garantendo nello stesso tempo l’anonimato a chi contribuisce, prosegue Jan von Overbeck.

Meglio diluire gli errori

“Maggiore è il numero di risposte, maggiore è la precisione. Questo procedimento permette di diluire gli errori. Si tratta di un procedimento statistico che fa emergere degli indizi geografici che possono poi essere verificati”, spiega l’ex medico cantonale. Se lo ritengono necessario, le autorità possono poi prendere misure mirate. Alla domanda se questo strumento sarà consultato, l’UFSP preferisce dribblare: “Vi invitiamo a contattare il cantone Berna”, risponde il portavoce Yann Hulmann. Anche in periodo di pandemia, ognuno difende il suo orticello.

Sul suo sito, l’UFSP reindirizza gli utenti verso quello che sembra essere il non plus ultra della cartografia mondiale del coronavirus. Una carta globale dei casi (vedi box) aggiornata da gennaio da ingegneri e scienziati dell’Università Johns Hopkins di Baltimora, nel Maryland, da cui si sono ispirati gli ideatori di COVIDTRACKER.

Prime grandi macchie rosse

Alle 21 di lunedì 30 marzo le prime immagini di questa cartografia virale della Svizzera rivelano grandi macchie rosse sulle principali agglomerazioni del paese: Zurigo, Ginevra, Berna, Losanna e naturalmente in Ticino. In luoghi come Neuchâtel o Friburgo, la presenza del virus è invece meno visibile. Si tratta solo di prime tendenze speculative.

“I casi potenziali sono ormai molto diffusi nel paese”, sottolinea Jan von Overbeck. “Si può supporre che molti di loro, tuttavia, mostrino pochi sintomi. In un certo senso, è rassicurante. Molte persone avrebbero già acquisito una certa immunità, il che significa che il virus circolerebbe meno. È il caso del cantone Berna, dove vi sono meno casi gravi nelle cliniche rispetto a Vaud. Qui e nel cantone Ginevra vi è un numero elevato di casi potenziali, ciò che potrebbe significare che all’inizio dell’epidemia ci fossero dei focolai di infezione significativi”.

La cartina mondiale del coronavirus

Da inizio gennaio uno dei compiti principali dell’Università Johns Hopkins di Baltimora è di censire e tracciare il coronavirus nel mondo.

Questa sorta di atlante del virus è utilizzato sia dai ricercatori che dai responsabili della sanità pubblica per osservare meglio come si sviluppa la pandemia.

I dati provengono dall’Organizzazione mondiale della sanità e da diversi centri specializzati negli Stati Uniti, in Europa e in Cina. Sono presi in considerazione anche articoli di giornale e le cifre divulgate dai servizi sanitari locali.

Traduzione di Daniele Mariani

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