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Airbnb licenzia un quarto dei suoi dipendenti

chiave nella serratura di una porta
In questi tempi di coronavirus, la maggior parte degli alloggi Airbnb rimane vuota. Keystone / Jens Kalaene

Colpito in pieno dalla crisi causata dal coronavirus e dalle misure di confinamento, il gruppo che gestisce il portale online per affittare camere ha annunciato martedì il licenziamento di un quarto dei suoi 7'500 impiegati nel mondo.

Il 2020 doveva essere l’anno della consacrazione per Airbnb, con lo sbarco in borsa. Si sta invece trasformando in un annus horribilis: “Stiamo attraversando la più dolorosa crisi della nostra esistenza”, ha dichiarato il cofondatore della piattaforma e amministratore delegato Brian Chesky.

La pandemia ha praticamente posto fine ai viaggi e la società, lanciata nel 2008, prevede introiti per quest’anno pari “a meno della metà” di quelli del 2019. L’anno scorso si stima che il gruppo – valutato 31 miliardi di dollari – abbia incassato oltre tre miliardi di dollari di commissioni.

Per far fronte alla crisi, l’azienda è riuscita a raccogliere due miliardi di dollari. Tuttavia, è anche necessario ridurre i costi in tutti i settori. La piattaforma è confrontata con due “difficili realtà: non sappiamo quando i viaggi riprenderanno e quando ciò avverrà, sarà diverso”, ha sottolineato Chesky per giustificare i circa 1’900 licenziamenti.

L’amministratore delegato ha inoltre annunciato di volere sospendere gli investimenti nel settore trasporti e il progetto Airbnb Studios. Saranno pure ridotti gli investimenti in diversi piani di integrazione nell’offerta di alberghi e di proprietà di lusso.

Secondo Chesky, questo “ricentraggio” della strategia commerciale permetterà ad Airbnb di tornare alle “radici” dell’azienda, poiché quando i provvedimenti di confinamento saranno tolti, i clienti “vorranno opzioni più vicine al loro domicilio, più sicure e meno care”.

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