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Wembley e le incognite di uno stadio quasi pieno

tifosi all entrata dello stadio
In tempi normali, Wembley può accogliere fino a 90'000 spettatori. Keystone / Andy Rain

Le semifinali e la finale degli Europei di calcio non solo si terranno a Londra come previsto, ma sugli spalti di Wembley potranno accedere fino a 60'000 persone invece delle 40'000 consentite finora. D'intesa con la Uefa, il Regno Unito tira dritto, malgrado gli appelli alla prudenza lanciati da Mario Draghi e Angela Merkel.

La prospettiva di rivedere uno stadio pieno – o quasi pieno – nel contesto pandemico attuale dell’isola inquieta sia alcune cancellerie europee, con Angela Merkel in prima fila, sia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): che chiedono al governo di Boris Johnson e alle autorità calcistiche continentali di non farsi prendere la mano dall’entusiasmo, o dalla ricerca del consenso popolare, e di agire con senso di responsabilità.

A lanciare per primo l’allarme era stato lunedì il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, il quale da Berlino aveva evocato apertamente l’opportunità di trasferire la finale di Euro2020 da Londra in qualche altra città. Magari Roma. O Budapest, secondo le alternative circolate sui media.

Un’ipotesi subito scartata dalla Uefa e rigettata alla fine seccamente da Downing Street alla stregua di una preoccupazione “italiana” nelle parole di un portavoce del primo ministro Johnson. Il Regno Unito – la replica di martedì – “non vede l’ora d’ospitare delle fantastiche finali a Wembley” e di “farlo in modo prudente e sicuro”.

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Inquieta la variante Delta

Il problema sono però i dati sui contagi, risaliti Oltremanica a 11’625 nelle ultime 24 ore a causa della variante Delta, picco dal 19 febbraio. Un’impennata che non si riflette nella stessa misura sui ricoveri o suoi morti quotidiani (comunque tornati ai livelli d’inizio maggio, a quota 27) grazie all’effetto di una campagna di vaccini giunta alla soglia dei 75 milioni di dosi somministrate e di un 60% di popolazione adulta interamente immunizzata. E che tuttavia resta motivo di allerta, in attesa della verifica delle tendenze nelle prossime settimane, tanto da aver convinto le medesime autorità isolane a rinviare l’ultima tappa delle riaperture post lockdown dal 21 giugno a non prima del 19 luglio.

Di qui il monito di queste ore della cancelliera Merkel, che se non si spinge a chiedere il trasloco delle semifinali e della finale da Londra, contesta il rischio di un ritorno prematuro agli “stadi pieni”. “La Gran Bretagna – avverte, cavalcando una polemica che il clima del dopo Brexit rende forse più velenosa – è una zona a rischio varianti. Tutti quelli che vi arrivano da lì devono stare 14 giorni in quarantena e le eccezioni sono davvero pochissime. Io credo, anzi non credo, spero che l’Uefa agisca in modo responsabile. Non troverei positivo ci fossero stadi pieni lì”.

Un appello riecheggiato da Robb Butler, co-direttore esecutivo dell’Oms per l’Europa, che da Ginevra si dice “preoccupato” dall’idea di far improvvisamente “lievitare il numero degli spettatori ammessi ad assistere alle partite” nella fase conclusiva del torneo continentale.

Indicazioni “incoraggianti”

Per ora Londra non sembra tener troppo conto delle preoccupazioni. Sottolineando per bocca del ministro della Sanità, Matt Hancock, le ultime indicazioni “incoraggianti” sull’efficacia delle vaccinazioni per frenare se non altro i contagi gravi.

E giurando nelle parole di Oliver Dowden, titolare della Cultura e dello Sport nella compagine di BoJo, che le precauzioni necessarie non mancheranno. “Siamo entusiasti che un numero maggiore di tifosi sarà in grado di passare attraverso i tornelli di Wembley per godere delle finali di Euro2020”, taglia corto proprio Dowden nell’annunciare il via libera alla carica dei 60’000 dalle semifinali, garantendo d’aver “lavorato a strettissimo contatto con l’Uefa e la FA (la Federcalcio inglese) per imporre misure rigorose e stringenti” a tutela “della sicurezza pubblica, nostra massima priorità”. “Le finali – proclama quindi – si prospettano come un momento indimenticabile sulla strada della nostra ripresa nazionale dalla pandemia”. Salvo imprevisti, naturalmente.

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