La televisione svizzera per l’Italia

L’associazionismo italiano si allea per la libera circolazione

cartello con la scritta welcome in diverse lingue
In Svizzera vivono oltre due milioni di persone con un passaporto diverso da quello svizzero; quasi sette su dieci sono originarie di un paese dell'UE. © Keystone / Gaetan Bally

Per la prima volta dall'iniziativa Schwarzenbach, respinta 50 anni fa, diverse associazioni italiane si uniscono per una campagna politica: il Comitato unitario per la libera circolazione invita a votare 'no' all'iniziativa dell'UDC in votazione il prossimo 27 settembre.

L’obiettivo della cosiddetta “iniziativa per la limitazione”, promossa dall’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista), è semplice: la Svizzera deve riprendere in mano le redini della sua politica immigratoria, abrogando il trattato sulla libera circolazione delle persone con l’Unione Europea.

Il testo, in votazione il 27 settembre 2020, è combattuto dal Governo, da tutti gli altri principali partiti e da gran parte del mondo economico.

A dire ‘no’ a questa iniziativa sono anche una serie di organizzazioni italiane attive in Svizzera, tra cui – per citarne alcune – la Federazione delle Colonie Libere, le Missioni cattoliche o le Associazioni cristiane lavoratori internazionali, che per l’occasione hanno unito le forze dando vita al Comitato unitario per la libera circolazione.

Abbiamo chiesto a Enrico Pugliese, membro della segreteria di questo comitato e dell’associazione ginevrina Laboratorio per la sinistra, cosa ha spinto l’associazionismo italiano a mobilitarsi per combattere l’iniziativa dell’UDC.

PLACEHOLDER

tvsvizzera.it: Era dall’iniziativa Schwarzenbach nel 1970 che il mondo associativo italiano in Svizzera non si univa per una campagna politica. Contrariamente a 50 anni fa, però, nessuno parla di mandar via decine di migliaia di persone. Cosa vi spaventa?

Enrico Pugliese: Se accettata, questa iniziativa avrebbe ripercussioni non solo su chi vuole immigrare in Svizzera ma anche su chi in Svizzera già ci vive. Influenzerebbe inevitabilmente le nostre condizioni di vita e di lavoro. È vero, non c’è un pericolo di venire cacciati domani. Di fatto, però, rappresenta una precarizzazione della nostra condizione e ci trasforma in persone più ricattabili sul mondo del lavoro.

Visto tutto ciò che le comunità straniere svolgono per questo paese – lavorando ed impegnandosi per la crescita della Svizzera – ci sembra una grande ingiustizia.

Questo vale non solo per i cittadini europei, ma anche per le altre comunità di immigrati. Attaccando la libera circolazione e quindi i diritti dei cittadini europei, si indebolisce anche la posizione di queste altre comunità, che ad esempio non avrebbero più nessuna possibilità di rivendicare una parità di trattamento con chi proviene da un paese UE.

Se cadesse la libera circolazione, si indebolirebbero i diritti di tutte le realtà migranti. Saremmo tutti posti su un piano di debolezza.

Ma fondamentalmente che diritti verrebbero a cadere?

Io ho un permesso B. Per me significherebbe probabilmente dover rinnovare il mio permesso ogni anno. Questo aspetto è però secondario rispetto alla questione di fondo: abolire la libera circolazione e i diritti che ne derivano significa intaccare la mia sicurezza di vivere in questo paese. Non vedo perché vivendo, lavorando e contribuendo alla ricchezza della Svizzera, io debba ricontrattare la mia condizione di vita qui ogni anno o sentirmi sempre precario con l’idea di essere costretto a tornare un giorno in Italia.

Enrico pugliese
Enrico Pugliese è membro della segreteria del Comitato unitario per la libera circolazione, che riunisce numerose associazioni italiane attive in Svizzera. tvsvizzera

C’è chi pensa che uno degli obiettivi dell’iniziativa – e alcune dichiarazioni di esponenti dell’UDC vanno in questo senso – sia di reintrodurre lo statuto di stagionale. Sostanzialmente, fare di noi una semplice merce intercambiabile e non più persone.

Non essendo un cittadino svizzero, non tocca a lei però definire quale deve essere la politica migratoria del paese.

Sono anche affari nostri, dal momento in cui viviamo, lavoriamo e produciamo per questo paese e vi paghiamo le tasse e ne contribuiamo al benessere. Sono affari nostri, dal momento in cui delle forze politiche attaccano le nostre condizioni di vita.

Non ci battiamo solo per le nostre condizioni di vita, ma per una questione di civiltà, che attiene al futuro stesso della Svizzera che ci sta a cuore, una Svizzera di progresso, aperta al mondo. Non vogliamo vivere in una Svizzera chiusa, che guarda al passato.

“Dal momento in cui lavoriamo e produciamo per questo paese, vi paghiamo le tasse e ne contribuiamo al benessere, sono anche affari nostri”

Con questa iniziativa, l’Unione democratica di centro chiede che la Svizzera possa gestire autonomamente l’immigrazione. Non lo ritiene un obiettivo condivisibile?

In un mondo connesso come quello in cui viviamo, nel quale ci sono continui scambi, riteniamo sia ipocrita che si possano per esempio fare entrare stranieri per lavorare negli ospedali svizzeri, come successo recentemente durante la crisi del coronavirus, e poi sventolare la bandiera della sovranità quando si tratta di accordare dei diritti. Bisognerebbe accettare tutto in toto. Siamo in un mondo aperto, con frontiere che sono ponti e non muri.

Una Svizzera chiusa è una Svizzera più povera, non solo da un punto di vista culturale, ma anche economico.

PLACEHOLDER

Non state gonfiando un po’ troppo questa paura di un impoverimento della Svizzera?

Negli ultimi anni, Bruxelles ha cambiato atteggiamento – e lo si è visto nelle trattative precedenti e nella questione della Brexit – dimostrandosi molto forte nel chiedere ai partner che non fanno parte dell’UE di aderire ad alcuni principi di base. E la libera circolazione è uno di questi. Se la libera circolazione venisse abrogata, cadrebbero altri accordi e senza di essi la Svizzera non potrà continuare ad avere questo livello di ricchezza.

Gli accordi si possono però rinegoziare e la Svizzera non parte da una posizione di debolezza, visto che la bilancia commerciale è ampiamente favorevole all’UE.

È sicuramente vantaggioso per entrambi trovare una soluzione. Ritengo però che da parte svizzera sia necessario rendersi conto che l’UE è irremovibile su alcuni punti, tra cui come detto la libera circolazione. Questo accordo tutela i cittadini europei che vivono e lavorano in Svizzera. Non stiamo parlando di cittadini che lucrano sullo Stato sociale, come a volte sembra voler suggerire l’UDC, ma di persone che portano ricchezza a questo paese. Su questo punto, l’UE non può arretrare. Non può non tutelare i suoi cittadini.

Che risposta date ai timori dei cantoni di frontiera dove vi sono grandi preoccupazioni legate al fenomeno del dumping salariale?

Siamo convinti che la risposta migliore siano le misure di accompagnamento. È una forma di tutela sia per i lavoratori stranieri, sia per quelli svizzeri.

Detto ciò, si possono sicuramente potenziare i controlli, in particolare sui datori di lavoro. Sono loro che approfittano del dumping salariale e non certo i lavoratori.

Toccare queste misure – ciò che avverrebbe se venisse abolita la libera circolazione – significherebbe invece avere dei lavoratori più facilmente ricattabili.

Oggi l’associazionismo italiano non ha più lo stesso impatto che poteva avere negli anni Sessanta e Settanta. Come contate di raggiungere vecchi e nuovi immigrati?

È vero, le strutture sono più fragili, ma sono comunque vive e continuano ad operare, sebbene non con la stessa forza d’allora. E soprattutto continuano a dialogare con un pezzo di italianità che è quello delle vecchie generazioni, che oggi ha in gran parte diritto di voto e al quale dobbiamo indirizzarci.

Per quanto concerne le seconde e le terze generazioni, abbiamo cercato il dialogo coi partiti svizzeri che si battono per il ‘no’, tramite un appello – sottoscritto da molti parlamentari – in cui si sensibilizza questa parte di elettorato.

Inoltre, abbiamo aperto questo comitato ad altre realtà migranti, organizzando diverse assemblee con associazioni portoghesi, spagnole o dei Balcani.

L’idea è di far dialogare vecchi e nuovi immigrati e di portare su posizioni progressiste una parte dei votanti che forse nel 2014 [quando fu accettata un’altra iniziativa per frenare l’immigrazione, ndr] aveva appoggiato le rivendicazioni dell’UDC.


In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR