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Papa Francesco in Myanmar per una visita delicata

Il pontefice è arrivato lunedì a Yangon per la sua prima visita nel paese del sud-est asiatico. Un viaggio che si annuncia difficile. Il Myanmar è stato recentemente accusato di epurazione etnica nei confronti della minoranza musulmana dei Rohingya.

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Primo giorno in Myanmar e primo fuori programma per Papa Francesco, che ha incontrato il capo dell’esercito, il generale Min Aung Hlaing, considerato uno degli uomini più potenti del paese. Durante il colloquio, che era inserito nell’agenda del 30 novembre, non è stato fatto nessun accenno ufficiale al problema dei Rohingya, la minoranza musulmana oggetto di repressioni da parte della autorità birmane e in fuga verso il Bangladesh.

“Hanno discusso della grande responsabilità delle autorità in questo periodo di transizione”, si è limitato a dire il portavoce del Vaticano Greg Burke.

Il generale ha dal canto suo fatto presente al pontefice che in Myanmar “non vi è nessuna discriminazione religiosa e che la libertà di culto è garantita”, stando alle dichiarazioni riportate sulla pagina facebook del militare.

La maggioranza dei 51 milioni di abitanti in Myanmar è di confessione buddista. I cattolici sono circa 700’000, pari all’1% della popolazione.

I Rohingya, di confessione musulmana, sono circa un milione. Vivono in Myanmar da generazioni, ma l’entrata in vigore di una nuova legge nel 1982 li ha privati della nazionalità birmana. Oggi costituiscono la più grande popolazione apolide nel mondo. 

Durante la sua visita, Papa Francesco incontrerà in particolare la dirigente birmana nonché premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Il pontefice, che negli ultimi mesi non ha esitato a denunciare più volte il trattamento inflitto a quelli che ha chiamato i suoi “fratelli rohingya”, dovrà soppesare ogni sua parola per evitare di irritare la maggioranza buddhista.

“La grande maggioranza della popolazione in Myanmar non crede al racconto internazionale degli abusi contro i rohingya e al loro esodo verso il Bangladesh”, ha spiegato all’Agence France Presse Richard Horsey, analista indipendente che vive in Myanmar. “Se il Papa dovesse evocare il tema in modo troppo esplicito, ciò non farebbe altro che ravvivare le tensioni”.

Dopo la tappa birmana, Bergoglio si recherà in Bangladesh, dove si sono rifugiati la maggioranza dei circa 600’000 rohingya fuggiti da fine agoso dallo Stato di Rakhine, nell’ovest del Myanmar. 

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