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Caso Cucchi, "il muro è crollato"

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Questo contenuto è stato pubblicato il 13 ottobre 2018 - 12:20
Massimo Lauria, RSI

Grande successo per la pellicola che racconta gli ultimi giorni del giovane che, ora si sa, morì dopo un pestaggio ad opera dei carabinieri. La sorella: "Il tassello che mancava è arrivato, ed è stato terribile".

“Quello che fa più male è che Stefano è stato lasciato morire da solo, come un cane, nell'indifferenza di chi l'ha guardato solo con le lenti del pregiudizio: un detenuto, un tossicodipendente, un rompiscatole, non un essere umano”.

Una pellicola diventata un fenomeno

Ilaria Cucchi parla di fronte ad una sala strapiena. Oltre 600 persone affollano il centro sociale La Strada di Roma per la proiezione di Sulla mia pelle, il film di Alessio Cremonini che racconta gli ultimi giorni di vita del geometra Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre 2009 e morto solo una settimana dopo nell'ospedale penitenziario della capitale, Sandro Pertini.

Centinaia di persone sono rimaste fuori. Dentro il caldo è soffocante, ma nessuno vuole perdersi la proiezione. Sono oltre cento le visioni collettive e informali del film, nel primo mese dall'uscita, in giro per l'Italia. Centri sociali, collettivi studenteschi, associazioni, oltre alle sale cinematografiche e le visualizzazioni su Netflix. La pellicola è ormai diventata un fenomeno.

Da caso di cronaca nera, la vicenda di Stefano Cucchi è ora anche un caso cinematografico. Oltre 190 i Paesi in cui è possibile vederlo. “In questo modo la storia di Stefano arriva a tutti. Per anni io e la mia famiglia siamo stati isolati. Intorno a noi si era alzato un muro, da subito. 

Una verità taciuta per troppo tempo

Dopo nove lunghi anni di battaglie tra le aule giudiziarie e fuori dai tribunali, in cui si faceva il processo al morto, a mio fratello, e non a quelli che hanno causato la sua morte, ora finalmente quel muro è stato abbattuto una volta per tutte”, prosegue Ilaria, riferendosi alla confessione di Francesco Tedesco, uno dei tre carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale, che durante l'interrogatorio ha denunciato gli altri due colleghi dell'Arma, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessando, come responsabili del pestaggio che ha causato la morte di Cucchi.

“La gente si sente lontana da realtà come questa, ma quello che è accaduto a Stefano può accadere a ognuno di noi. Per questo è importante far conoscere la verità”, chiude Ilaria Cucchi.

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