Petula Clark
Ofelia
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Ofelia
Eppure è proprio nella pigrizia,
e nei sogni che a volte viene a galla
la verità sommersa.
Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé
Certo, tre giorni nell’acqua del fiume rendono una persona irriconoscibile.
Infatti al pronto soccorso ci hanno messo un bel po’
a capire chi ero, eppure mi conoscevano tutti. Anche una scrittrice
famosa è morta affogata nel fiume, ma lei le pietre in tasca se
l’era messe da sola e invece a me le hai messe tu per farmi andare
a fondo. Ma le correnti sono dispettose e ti hanno tradito.
Sono tornata a galla piena di alghe nei capelli, e mi hanno fatto
un bellissimo funerale, con la chiesa piena di gente che è dovuta
rimanere pure fuori per tanta che ce n’era. Perché a me in paese
mi conoscono tutti, per trent’anni ho lavorato al bar dell’ospedale,
ero proprio rispettata, considerata quasi come un dottore perché
quando qui d’inverno il freddo punge il mio caffè è una mano
santa, meglio dell’antibiotico, tanto che ormai ero più caposala
che barista. Così mi diceva sempre il dottor Del Ben, un uomo
molto per bene, proprio come dice il nome, lo vedi un nome un
destino…
Ci parlavo tutti i giorni con il dottore Del Ben e alla fine mi
sono fidata di lui, l’ultima volta a lui gliel’ho detto che m’avevi
dato una bottiglia in testa perché t’avevo scoperto con le mani
nella mia borsa.
I soldi ti servivano per giocare, tu dicevi che andavi da tua sorella
a Marghera, invece scappavi al casinò di Venezia Lido, stavi
lì inchiodato fino all’ultimo vaporetto finché non perdevi tutto.
Poi hai giurato che basta, era finita col gioco, che avresti ripreso a
cercare i clienti. Ti sei messo buono buono a farmi le gentilezze,
pure i mestieri dentro casa, una volta mi hai portato al ristorante
in città, un’altra volta i fiori e una mattina mi hai addirittura aggiustato
lo scarico del water per farmi una sorpresa. È stata quella
volta del water che mi hai convinta a ritirare la denuncia.
Anche se il dottor Del Ben era contrario, un uomo proprio per
bene il dottore, a lui i soldi gliel’avrei prestati ma non a te che
neanche più il tuo babbo si sarebbe fidato a darti un centesimo.
Ti ho lasciato a secco, i miei risparmi non li trovavi più… O li
davo a mia nipote che c’ha il negozio di bomboniere a Udine o li
nascondevo nel reggipetto, tanto per fortuna non mi toccavi da
mesi… Anche quando me li chiedevi facevo finta che non c’erano
più, ed è lì che ti deve essere venuta in mente l’idea. Io mi chiamo
Eufemia, sì, lo so, il nome s’assomiglia a quell’altra, anche lei è
morta nel fiume, ma per amore di Amleto, io invece non ti amavo
più.
Mi hai messo nel sacco della spazzatura insieme alle pietre del
cantiere e mi hai buttata nel canale.
Adesso dici che non sono morta, fai finta di essere pazzo, ma
tu sei furbo, volevi i miei soldi. No, mica quelli del bar, erano
troppo pochi, puntavi alla polizza che m’avevi fatto tu, un miliardo
di lire, mi sono condannata da sola il giorno che te l’ho girata.
Non immaginavi che le correnti dispettose ti avrebbero tradito.
Ti chiami Salvo ma non ti sei salvato.
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