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Ricostruire nelle Alpi, ma a quale prezzo?

frana in una valle
Una delle immagini simbolo della frana che nel maggio scorso ha devastato il comune vallesano di Blatten. Keystone / Michael Buholzer

Da Blatten a Brienz, passando per Bondo e lo storico esempio della Valtellina: ecco quali sono i costi economici, sociali e culturali di abitare sulle pendici di montagne instabili.

Blatten, nel Vallese, è diventato in ordine di tempo l’ultimo simbolo della fragilità alpina, ma anche della ricostruzione. Le immagini della catastrofe hanno fatto il giro del mondo: fango e ghiaccio hanno inghiottito il villaggio. Il sindaco Matthias Bellwald con voce accorata ha promesso una nuova Blatten la sera stessa della devastante frana. E dieci giorni fa c’è stata la cerimonia per il primo colpo di pala accanto alle macerie.

Ma la domanda resta: a che prezzo si può o si deve (ri)costruire nelle Alpi che si sgretolano sempre più in fretta?

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Vallemaggia: vivere sopra una frana

Il viaggio del settimanale di approfondimento della RSI Falò parte da lontano nel tempo. Campo Vallemaggia, in Val Rovana, poggia su una frana storica. A frenarla ci pensa una  galleria di drenaggio lunga quasi 2 km, la prima opera idrologica dell’arco alpino.

Maurizio Pozzoni, responsabile idrologia all’Istituto scienze della terra della SUPSI, spiega come l’opera riduca le pressioni interne alla frana. Il movimento si è quindi ridotto di 10 volte rispetto agli anni Ottanta e la montagna lì non fa più paura. La costruzione era stata avviata nel 1993 e il costo previsto allora era di 90 milioni di franchi, che a dare un milione ad ogni abitante per abbandonare la valle se ne usciva meglio. Questo è stato detto a mo’ di provocazione.

Ma il dilemma economico sulla proporzione fra costi e benefici torna regolarmente, dopo ogni catastrofe naturale nelle vallate alpine. Ed è il geologo cantonale Andrea Pedrazzini a spiegare ai microfoni della RSI che “non si spendono tutti quei soldi solo per mettere in sicurezza un nucleo di pochi abitanti”, bisogna considerare cosa una frana può causare anche più a valle, bisogna considerare pure i danni indiretti sul turismo, sulla cultura.”

Nella stessa valle, poco sotto però c’è Cerentino che poggia pure su una frana. Lì pochi investimenti, solo ora si è stanziato un credito per valutare un’eventuale galleria di drenaggio. Beninteso è una frana monitorata. E gli abitanti attendo fatalisti ma fiduciosi, ci mostrano le loro case crepate; hanno sempre un occhio puntato verso Campo dove la galleria ha stabilizzato la situazione.

>>> Il reportage di Falò da Campo Vallemaggia e da Brienz/Brinzauls:

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Brienz/Brinzauls: il villaggio fantasma

Il viaggio fra le montagne che si sgretolano procede nei Grigioni a Brienz/Brinzauls. La prima terra abitata ai piedi dell’Albula è oggi il villaggio sotto la frana più monitorata della Svizzera. Ma è un villaggio di cui rischia di restare solo un campanile. Brienz è stata evacuata per la seconda volta quasi un anno fa e le prospettive di un rientro non ci sono ancora.

La comunità si è sfaldata, ognuno vive in un alloggio di fortuna altrove nel Canton Grigioni e le autorità non possono dare risposte certe su un eventuale rientro oppure abbandono del villaggio.

I contadini Bonifazi ci raccontano il loro dolore. “Pensare di lasciare per sempre il villaggio costruito dai nostri antenati fa male al cuore, la gente ha abbandonato troppo presto l’idea di tornarci a vivere.” Dall’altra parte i coniugi di pensionati Spring hanno già scelto di non volerci più tornare, sfiniti dall’incertezza e dall’insicurezza provata “questo continuo entrare e uscire senza sapere se avremo un futuro lì è un vero terrore psicologico” ci confessano. Sono in attesa di ottenere i finanziamenti per poter ricostruire altrove.

Intanto anche lì continuano i lavori di una galleria di drenaggio sull’esempio di Campo Vallemaggia, perché sotto Brienz passano la strada cantonale e la ferrovia retica. Non si può lasciare andare.

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blatten sepolto dai detriti visto dall'alto

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Questo contenuto è stato pubblicato al In Svizzera i riflettori sono puntati su Blatten, sepolto dal crollo della montagna. Ecco alcune delle frane più devastanti della storia elvetica.

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Bondo: muri di protezione e di vita

Sempre nel Canton Grigioni facciamo tappa anche a Bondo in Val Bregaglia. La frana del pizzo Cengalo 8 anni fa aveva lasciato dietro a sé un paesaggio lunare: “qui bisogna ricostruire tutto!” erano le parole dell’allora sindaca Anna Giacometti.

Pochi giorni fa i festeggiamenti per la fine dei lavori di messa in sicurezza, per 52 milioni di franchi. Un’opera mastodontica di muri di protezione, ponti spostati e rialzati, argini rifatti, ma gli abitanti apprezzano “potevano anche decidere di non spendere tutti questi soldi per i 4 gatti di Bondo” racconta una residente. “Con gli orti e le nuove passeggiate realizzate insieme ai muri è tornata anche un po’ di vita a Bondo” aggiunge un’altra.

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Valtellina: l’esempio dal passato

Il nostro viaggio termina in Valtellina, nel comune di Valdisotto, alle porte di Bormio. Perché lì, durante le alluvioni del 1987 – che colpirono anche la Svizzera e la Val Poschiavo – l’enorme frana della Val Pola cancellò dalle mappe un paese, Sant’Antonio Morignone.

Anche lì la ricostruzione venne richiesta e promessa: “Senza case ancora più paese” era il loro motto. Sono passati quasi 40 anni, un paese nuovo c’è ma è di fatto un quartiere senz’anima, arrivato tanto tardi da non essere più necessario, mancavano addirittura gli abitanti.

Siamo andati ad incontrare i sopravvissuti di allora, tra drammatici ricordi e paure ancora vive. Perché proprio quest’estate nuovi nubifragi hanno portato nuovi franamenti che li hanno costretti a sfollare un’altra volta con la certezza ormai che  il modo di abitare le Alpi va ripensato.

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