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Perché facciamo meno figli?

neonato piange durante il bagnetto
In Svizzera, ma non solo, nascono sempre meno bambini. Keystone-SDA

Il tasso di natalità è in calo in Svizzera, così come in Italia e in molti altri Paesi. Tra le cause l’incertezza sul futuro e l’inconciliabilità famiglia lavoro - L’immigrazione non è una soluzione nel lungo periodo - Esperti a confronto.

Nel 2024 in Svizzera sono nati 78’800 bambini, dato che porta il tasso di fecondità nazionale a 1,29 figli per donna, il più basso dal 1940, e getta il Paese in una crisi demografica senza precedenti. Fanalino di coda, a livello cantonale, Basilea Città, con un tasso di 1,09, il Ticino e i Grigioni seguono a ruota rispettivamente con 1,16 e 1,22.

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Dati dell’Ufficio federale di statistica. RSI Info

Perché si verifica questa decrescita? Quali sono le cause? Quali le possibili soluzioni? Il programma radiofonico Modem della Rdiotelevisione della Svizzera italiana RSI ha cercato di rispondere a questi interrogativi interpellando diversi esperti.

Una tendenza ampiamente diffusa nel mondo occidentale e non

Il fenomeno non è isolato. Giuseppe Cappellari, economista di Demografik, sottolinea che “dal 1971-72 la Svizzera è sotto il tasso ottimale di fertilità” e simili tendenze si osservano in molti Stati industrializzati e in via di sviluppo. Circa due terzi dei Paesi del mondo si posiziona, infatti, sotto questa soglia, posta a 2,1 bambini per donna.

mappa europea
Dati di Eurostat. RSI Info

Le cause di questo calo sono molteplici e intrecciate. Ivano Dandrea, membro del comitato di Coscienza Svizzera, parla di “un’angoscia verso il futuro” diffusa tra i giovani e una minore disponibilità a fare sacrifici per avere figli. Tiziana Marcon, pedagogista e responsabile di Progetto Genitori, pone invece l’accento sulle difficoltà di conciliare carriera e famiglia, specialmente per le coppie prive di una rete di supporto familiare o sociale, come nidi o mamme diurne.

La situazione economica gioca un ruolo cruciale. Cappellari spiega che “la pianificazione di una famiglia arriva quando all’incirca il 70% degli obiettivi non di famiglia sono stati raggiunti”, quali carriera e stabilità finanziaria. In un contesto d’incertezza e con cicli d’istruzione più lunghi, questi traguardi si allontanano nel tempo.

Soluzioni? Qualità delle strutture per l’infanzia e allungamento dei congedi parentali

Gli esperti concordano sulla necessità d’interventi su più fronti. Cappellari sottolinea l’importanza di “migliorare la conciliazione tra lavoro, istruzione e famiglia”. Dandrea chiede alla politica di “mettere al centro della nostra azione la famiglia” e critica l’eccessiva burocrazia che ostacola la creazione di asili nido.

Marcon enfatizza l’importanza di strutture di qualità per l’infanzia, perché “il momento dello sviluppo del cervello e di tutte le competenze dei bambini avviene tra 0 e 3 anni”. La pedagogista propone, in questo contesto, di rivalutare i salari delle educatrici della prima infanzia, cruciali in questa fase delicata.

Sul fronte delle politiche pubbliche, Cappellari cita esempi internazionali, notando che “le strutture per l’infanzia, come gli asili nido, se efficaci, sono un investimento a lungo termine sul territorio e contribuiscono all’aumento della natalità, almeno a livello locale”, molto di più rispetto ai sussidi in denaro. In aggiunta “è stato provato che congedi parentali più lunghi tendono ad aumentare la natalità, seppur con dei costi per le imprese”, spiega ancora Cappellari.

Il ruolo dell’economia è , anch’esso, fondamentale. Dandrea sottolinea la necessità di aiutare le donne a rientrare nel mondo del lavoro dopo la maternità, evidenziando come le aziende stiano diventando più flessibili con orari part-time. C’è quindi bisogno di spingere nel campo della conciliabilità, in quanto “una donna che esce dal mondo del lavoro, anche solo per alcuni mesi, un anno o due”, riscontra difficoltà “in un mondo in cui l’evoluzione della tecnologia crea subito un obsolescenza delle proprie mansioni”.

Immigrazione: soluzione economica e non per la fertilità

Secondo Cappellari, l’immigrazione, attualmente una soluzione per la carenza di manodopera, non può essere una risposta al declino della fertilità nel lungo termine, e avverte che “una parte dei migranti poi torna al proprio Paese d’origine”, nel quale la fertilità sta diminuendo come in Svizzera.

Nonostante il quadro complesso, emergono segnali di speranza. Marcon nota un cambiamento nelle nuove generazioni, con giovani genitori che scelgono di lavorare meno per dedicare più tempo alla famiglia. “Siamo in un momento basso delle montagne russe”, afferma, “potremmo con fatica risalire e riportare in alto la natalità, ma avendo il coraggio di seguire questa onda nuova e questi nuovi valori“.

La sfida è quindi complessa, ma con nuove strategie economico-sociali, la tendenza può essere invertita.

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