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Le scuole svizzere all’estero temono di perdere la loro anima

bambini davanti a scuola
La prima scuola svizzera all'estero è stata fondata nel 1892 a Bergamo, in Italia, per accogliere i figli delle lavoratrici e dei lavoratori della filatura di cotone Legler. ldd

L’ombra delle misure di risparmio della Confederazione si allunga sulle scuole svizzere all’estero, inclusa quella a Bergamo. Mentre alcune lottano per la sopravvivenza, altre temono di perdere la propria "svizzeritudine". Abbiamo incontrato alcuni responsabili scolastici preoccupati durante la conferenza annuale della loro organizzazione mantello.

“Se i tagli previsti dalla Confederazione entreranno in vigore, non saremo costretti a chiudere, ma rischiamo di perdere la nostra identità svizzera”, avverte Daniel Aljure, presidente della Scuola svizzera di Bogotá.

Non è l’unico a essere preoccupato. Le direttrici e i direttori delle 17 scuole svizzere all’estero, riuniti il 9 luglio nel villaggio glaronese di Näfels per la conferenza annuale della loro organizzazione mantello educationsuisseCollegamento esterno, vivono nell’incertezza.

All’origine delle loro preoccupazioni c’è il programma di risparmio del Governo, che punta ad alleggerire le finanze federali di 2,4 miliardi di franchi a partire dal 2027, fino a raggiungere i 3,1 miliardi nel 2029. Se il Parlamento approverà questi tagli, il budget destinato alle scuole svizzere all’estero sarà ridotto di 7,9 milioni di franchi entro il 2028.

La storia di Daniel Aljure è strettamente legata alla Scuola svizzera di Bogotá: lui stesso vi ha studiato, così come sua moglie, e oggi anche i suoi figli. Teme che l’istituto, l’unico a disporre di una sezione francese, possa perdere il proprio carattere multiculturale.

“Da noi, le culture germanofona, francofona e ispanofona convivono quotidianamente”, racconta.

Daniel Aljure, presidente della scuola svizzera di Bogotà.
Daniel Aljure, presidente della Scuola svizzera di Bogotà. Swissinfo.ch / Katy Romy

Per offrire un insegnamento delle lingue nazionali svizzere e trasmettere i valori culturali elvetici ai 760 allievi, la scuola deve poter assumere docenti svizzeri. Nella capitale colombiana, 34 su 100 insegnanti provengono dalla Svizzera. “Se le sovvenzioni diminuiranno, sarà difficile attirare questo personale”, lamenta Daniel Aljure.

Un efficace partenariato pubblico-privato

Preoccupazioni simili arrivano anche da Barbara Stäuble, presidente della Scuola svizzera di Pechino, che accoglie una quarantina di allieve e allievi. “Le sovvenzioni federali ci aiutano in particolare a coprire i contributi sociali per il corpo insegnanti svizzero, che sono più alti rispetto ad altri Paesi. Con meno fondi, potremo assumerne di meno e perderemo una parte della nostra svizzeritudine“, spiega.

Stäuble sottolinea l’importanza di impiegare personale svizzero, che conosca a fondo il sistema educativo del Paese: “Vogliamo anche trasmettere i nostri valori democratici”.

La presidente dell’istituto evidenzia che ogni franco investito dalla Confederazione è affiancato da quattro franchi versati dai genitori degli allievi. A suo avviso, questo dimostra che si tratta di un partenariato pubblico-privato molto efficace.

“Per la Confederazione c’è un vero ritorno sull’investimento: le e gli insegnanti tornano in Svizzera con un’esperienza preziosa, così come una parte del corpo studentesco che abbiamo formato”, afferma.

Con risorse ridotte, Barbara Stäuble teme anche di dover diminuire il numero di borse di studio destinate a chi proviene da famiglie con mezzi limitati. “E nel peggiore dei casi, potremmo essere costretti a chiudere, anche se spero davvero di no”, confida.

Uno strumento di soft power

Le stesse preoccupazioni emergono anche in altri continenti. “Con una riduzione delle sovvenzioni della Confederazione, semplicemente non saremo più una scuola svizzera, ma una scuola internazionale come tante altre”, afferma Maurus Sommerer, direttore della Scuola svizzera di San Paolo, in Brasile.

Rita Sauter, direttrice della scuola svizzera di Bergamo.
Rita Sauter, direttrice della Scuola svizzera di Bergamo. Idd

Secondo lui, la Confederazione rischierebbe così di privarsi di un importante strumento di soft power. “Siamo il più grande esportatore di valori elvetici, come la puntualità o la precisione, in Brasile, uno dei Paesi più grandi al mondo”, sottolinea.

I tagli alle sovvenzioni per le scuole svizzere all’estero mettono inoltre a rischio una lunga tradizione. Il primo istituto scolastico fuori dai confini nazionali è stato fondato nel 1892 a Bergamo, in Italia, per accogliere i figli delle lavoratrici e dei lavoratori della filatura di cotone Legler.

“Oggi, le allieve e gli allievi svizzeri rappresentano solo il 15% dei circa 130 bambini che frequentano la nostra scuola a Bergamo”, spiega la direttrice Rita Sauter.

Sottolinea però che la popolazione locale è molto legata alla scuola svizzera, l’unica della regione a offrire il tedesco come lingua d’insegnamento. “Sarebbe tragico doverci rassegnare a chiudere, ma i tagli al budget mettono in discussione la nostra sopravvivenza”, afferma la direttrice.

>> Qual è il ruolo delle scuole svizzere all’estero nel 2025? La risposta di diverse/i responsabili di questi istituti:

La scuola svizzera di Madrid lascia educationsuisse

La Scuola svizzera di Madrid ha già scelto di cambiare direzione, puntando su un partner privato. A partire da settembre 2026 entrerà a far parte del gruppo Swiss International Schools (SIS), come annunciato dalla rete di scuole internazionali Collegamento esternolo scorso maggio.

“Da diversi anni non avevamo più abbastanza allieve e allievi, soprattutto nelle classi inferiori. Questo è dovuto al calo delle nascite in Spagna, ma anche alla forte concorrenza delle scuole private a Madrid. Solo nel nostro quartiere ce ne sono 19”, spiega la direttrice dell’istituto, Christina Urech.

La direzione ha messo in atto una sessantina di misure per cercare di aumentare le iscrizioni, senza successo. “Alla fine ci siamo avvicinati a SIS e abbiamo deciso di avviare una collaborazione con loro. Questo ci permette di garantire il futuro della nostra scuola per i circa 500 studenti e studentesse”, afferma Christina Urech. Ammette tuttavia che anche le misure di risparmio della Confederazione hanno avuto un peso in questa decisione.

allievi della scuola svizzera di pechino
Fondata nel 2017, la Scuola svizzera di Pechino è la più recente della rete di educationsuisse. educationsuisse

La Scuola svizzera di Madrid lascerà quindi educationsuisse. “Mi dispiace molto, perché apprezzo il sistema educativo elvetico, ma per noi è una questione di sopravvivenza. Non vedo altre soluzioni”, afferma Christina Urech.

Serge Künzler, direttore di educationsuisse, ha preferito non commentare l’uscita della scuola di Madrid dal circuito delle scuole svizzere all’estero. Presente alla conferenza annuale, la direttrice dell’Ufficio federale della cultura, Carine Bachmann, ha cercato di rassicurare le e i responsabili degli istituti, affermando che la Confederazione intende restare un partner delle scuole svizzere all’estero.

“L’Ufficio federale della cultura non può però cambiare la cattiva salute delle finanze federali”, ha dichiarato Carine Bachmann.

Dal canto suo, il gruppo di esperti che ha elaborato il piano di risparmio scrive che “una riduzione in questo ambito appare possibile, alla luce degli importanti crediti residui accumulati negli ultimi anni, in particolare perché il numero di bambine e bambini svizzeri scolarizzati all’estero è diminuito”.

Un’opinione che Serge Künzler non condivide. “Abbiamo condotto un sondaggio che ha mostrato che tra quattro e sette scuole svizzere sarebbero fortemente minacciate in caso di riduzione delle sovvenzioni federali”, afferma.

Articolo a cura di Samuel Jaberg

Tradotto con l’ausilio dell’IA/mrj

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