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Le chiese in Svizzera sono sempre più vuote

croce in una chiesa con due persone sullo sfondo
Anche tra le persone credenti, meno di una su cinque partecipa con regolarità a funzioni religiose. Keystone / Salvatore Di Nolfi

Nel 2024 meno della metà della popolazione svizzera ha partecipato almeno una volta a un evento o a una funzione religiosa. È uno dati che emerge da un’indagine dell’Ufficio federale di statistica pubblicato lunedì.

La secolarizzazione della società svizzera prosegue: il 36% della popolazione svizzera di 15 anni e più dichiara di non appartenere ad alcuna comunità religiosa. La proporzione è più che triplicata in appena un quarto di secolo, stando alle cifre Collegamento esternopubblicate lunedì dall’Ufficio federale di statistica.

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Sulla scia di questa crescente secolarizzazione, si assiste a un disinteresse sempre più marcato per eventi e funzioni religiose.

“Mentre nel 2014 poco meno di un terzo della popolazione non aveva mai partecipato a un evento o a una funzione religiosa nei dodici mesi precedenti l’indagine, nel 2024 ciò valeva per quasi la metà della popolazione”, sottolinea l’UST.

Il calo – si legge nello studio – è stato forte soprattutto negli ultimi cinque anni e nelle classi d’età tra 25 e 44 anni e tra 45 e 64 anni.

Anche tra coloro che si dichiarano cattolici o protestanti, la proporzione di chi non va mai in chiesa o partecipa a eventi religiosi è importante: il 30% tra i primi e il 35% tra i secondi. La percentuale nella comunità di fede musulmana sale a quasi il 50%.

>>> La religiosità in Svizzera e un raffronto internazionale.

Le ragioni dell’abbandono

Le motivazioni che spingono le persone ad allontanarsi dalle pratiche religiose sono molteplici. Secondo lo studio, il 28% di chi ha lasciato la propria religione lo ha fatto per perdita di fede, mentre il 26% ha citato il disaccordo con le posizioni della propria comunità. Tra i cattolici, il disaccordo ideologico è la causa principale (38%), mentre tra i protestanti prevale la perdita di fede (36%).

Altri motivi includono il desiderio di praticare la spiritualità al di fuori delle istituzioni (11%) e l’evitare contributi finanziari obbligatori (12%).

Il distacco dalla religione è particolarmente evidente nella fascia d’età tra 25 e 44 anni: il 57% non prega mai e la stessa proporzione non partecipa mai a funzioni religiose. Al contrario, tra gli over 65, solo il 35% non prega e il 39% non frequenta funzioni.

Anche la fede in Dio è in calo: solo il 38% della popolazione crede in un Dio unico, contro il 46% del 2014.

Allo stesso tempo è aumentata la quota di persone che non credono in un Dio o più divinità oppure che dubitano della sua/loro esistenza, e questo anche tra la popolazione di appartenenza religiosa cattolica o evangelica riformata (rispettivamente dal 20 al 26% e dal 23 al 32%).

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Nuove forme di spiritualità

Nonostante il calo della partecipazione e un progressivo distacco dalle religioni storiche, la spiritualità non è però scomparsa.

“Nei momenti difficili della vita e in caso di malattia, la religione o la spiritualità continuano a svolgere un ruolo piuttosto o molto importante per la maggior parte della popolazione (rispettivamente il 56 e il 52%)”, scrive l’UST.

La spiritualità si esprime anche in forme nuove. Ad esempio, negli ultimi dieci anni è aumentata la quota di persone che leggono regolarmente libri, riviste o contenuti spirituali pubblicati su Internet (passata dal 13 al 20%).

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