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Il suicidio assistito dovrebbe entrare nei programmi scolastici in Svizzera?

Una croce su sfondo blu.
Cosa parla a favore e contro l'eutanasia. La gioventù Svizzera chiede un dibattito. APA/BARBARA GINDL

Mentre il ricorso al suicidio assistito cresce, la Svizzera continua a evitare le domande più delicate. È quanto sostiene il Parlamento dei giovani, che propone di introdurre informazione sul tema nelle scuole.

Oggi, in Svizzera, il numero di persone con più di 85 anni che si tolgono la vita è quattro volte superiore rispetto a 25 anni fa. La ragione principale è la legalizzazione della pratica. Secondo esperti ed esperte, entro il 2035 un decesso su venti sarà un suicidio assistito.

Per i e le partecipanti alla Sessione dei giovaniCollegamento esterno a Berna è chiaro: di fronte a questa evoluzione, la politica non può più restare a guardare.

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Concretamente, il cosiddetto Parlamento dei giovani ha approvato la richiesta di una campagna di informazione e sensibilizzazione. L’idea è affrontare il tema in workshop o settimane tematiche nelle scuole.

Un punto ha suscitato dibattito: la campagna non dovrebbe limitarsi agli aspetti legali e alle conseguenze emotive, ma includere anche questioni etiche. Una parte della gioventù temeva che ciò potesse imporre un sistema di valori agli studenti. La proposta di eliminare la parte etica è stata però respinta: con 138 voti contro 12, la richiesta è stata inviata al Parlamento nazionale.

Il timore dell’effetto Werther

La questione se il tema sia adatto alle persone giovani è stata affrontata solo marginalmente. Da tempo la ricerca discute se parlare di suicidio possa favorire o prevenire i gesti estremi – è il cosiddetto effetto Werther (imitazione) o effetto Papageno (prevenzione).

Gli esperti e le esperte reagiscono con cautela alla proposta del Parlamento dei giovani. Anja Gysin-Maillart, co-presidente di Ipsilon, il principale organismo svizzero per la prevenzione del suicidio, scrive che il suo ente sconsiglia di trattare il suicidio assistito in modo vincolante nelle scuole.

>>> La Sessione dei giovani 2025 da rivedere. Il tema del suicidio assistito viene trattato a partire da 5h 20m:

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“Non esiste una base legale specifica per regolamentare il suicidio assistito in ambito educativo o preventivo. Per questo non lo riteniamo un tema adatto all’insegnamento”, afferma. Secondo Ipsilon, la priorità dovrebbe essere una legge sulla prevenzione del suicidio, che includa anche il suicidio assistito.

Le condizioni del corpo docente

Anche la Federazione svizzera degli insegnanti (LHC) è prudente. Per affrontare il tema in classe servono condizioni chiare:

  • approccio adeguato all’età,
  • focus sulla prevenzione,
  • referenti per i e le giovani in crisi,
  • linee guida linguistiche,
  • informazione alle famiglie,
  • insegnanti formati e affiancati da esperti.

Secondo LCH, il livello minimo è la Scuola secondaria I, mentre un approfondimento è opportuno solo dalla secondaria II, quindi dai 15 anni in su.

Giovani nella sala del Consiglio nazionale guardano un telefono cellulare.
Giovani interessati alla politica nella sala del Consiglio nazionale a Berna, nell’ambito della Sessione giovani 2025. Keystone / Peter Klaunzer

Un disagio che resta

Alla luce di questi ostacoli, è probabile che il Parlamento federale si limiti a prendere atto della proposta. Ma la richiesta della gioventù riflette un disagio più ampio: in Svizzera il dibattito sul suicidio assistito è sporadico, come dimostra la recente polemica sulla capsula Sarco. Nonostante due mozioni parlamentari, non è seguita alcuna regolamentazione: la politica mantiene da anni una posizione di non intervento.

La Sessione dei giovani è un incontro annuale in Svizzera, durante il quale circa 200 ragazze e ragazzi politicamente interessati, tra i 14 e i 21 anni, possono portare le proprie istanze direttamente a livello nazionale.

Per diversi giorni discutono temi di attualità e elaborano proposte, che vengono poi approvate – o respinte – in una seduta nel salone del Consiglio nazionale, come un vero Parlamento giovanile. Le richieste vengono consegnate, sotto forma di petizione, alla presidenza del Consiglio nazionale.

Una proposta entra nel processo politico ufficiale solo se almeno un membro del Parlamento la riprende e la presenta come mozione al Consiglio nazionale o agli Stati.

In Svizzera, il suicidio assistito è poco regolamentato: è punibile solo se avviene per motivi egoistici. Non è richiesta una malattia terminale né la maggiore età.

Le limitazioni pratiche sono definite dalle organizzazioni di aiuto al suicidio e dal personale medico. Le linee guida dell’Accademia svizzera delle scienze mediche (SAMW) prevedono che la persona sia capace di intendere e volere, che il desiderio di morire sia autodeterminato, che vi sia una sofferenza insopportabile e che siano state valutate alternative mediche.

Il fatto che siano istituzioni private a stabilire le condizioni è considerato problematico. Il Parlamento dei giovani lo sottolinea in un documento che cita altri rischi: la crescente normalizzazione del suicidio assistito, che può esercitare una pressione sottile sui più fragili, soprattutto anziani. Anche solo il modo in cui queste persone vengono a conoscenza dell’opzione ha implicazioni etiche profonde, come ha sottolineato un partecipante alla sessione.

Verso una “cultura del suicidio”?

Il lato oscuro di queste preoccupazioni è ciò che l’ex direttore del Dipartimento della giustizia del Canton Zurigo, Markus Notter, ha definito “cultura del suicidio”Collegamento esterno.

Il suo tentativo di regolamentare la pratica fallì alla fine degli anni 2000, così come due proposte di legge del Consiglio federale. All’epoca, il Parlamento dei giovani aveva preso posizione sul tema; oggi non più. Ma il messaggio dei giovani è chiaro: la Svizzera deve parlare di suicidio assistito.

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