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Discendente di svizzeri all’estero rischia l’espulsione 

Donna davanti a muro
Gabriela Purtschert deve lasciare la Svizzera, anche se vi è vissuta più a lungo di alcuni suoi parenti. Gabriela Purtschert

Gabriela Purtschert è cresciuta in Ecuador, immersa nei valori svizzeri e col sogno di studiare un giorno nella Confederazione. Oggi, dopo 16 anni vissuti nel Paese alpino, rischia di essere espulsa. Le manca ciò che molti dei suoi parenti possiedono: il passaporto rosso.

A prima vista, il suo percorso sembra quello di una cittadina svizzera modello: maturità federale, studi universitari, dottorato. In tempi di carenza di personale qualificato, è una risorsa preziosa. Eppure, Gabriela Purtschert, 36 anni, è a un passo dall’espulsione, nonostante viva in Svizzera da più tempo rispetto a molti suoi parenti con cittadinanza svizzera. 

La sua situazione è il risultato di una particolarità legata alle sue origini e di un dettaglio giuridico che la accompagna tuttora. La storia ha inizio a Pfaffnau, nel Canton Lucerna, un villaggio al confine tra i cantoni di Berna e Argovia, sorprendentemente legato al Sudamerica. Anche la famiglia di Gabriela ha radici lì. 

Pfaffnau è il comune d’origine di circa 100 svizzeri e svizzero all’estero residenti in Ecuador, tra cui i genitori di Gabriela. Lei è iscritta nel registro dello stato civile come figlia di cittadini svizzeri, ma a differenza dei suoi fratelli più giovani, ha mantenuto la cittadinanza ecuadoriana. 

ritratto di famiglia
Gabriela Purtschert coi suoi genitori e i suoi fratelli nel 1997 a Caranqui, in Ecuador. Per gentile concessione

Adottata da uno svizzero all’estero

Il motivo? Gabriela è stata adottata da un cittadino svizzero residente in Ecuador quando era già adolescente. L’adozione è stata legalmente riconosciuta solo dopo il raggiungimento della maggiore età. Per questa ragione non ha ottenuto la cittadinanza svizzera.  

Il padre adottivo era direttore di un’azienda ecuadoriana produttrice di formaggi – oggi è ancora membro del consiglio d’amministrazione. “Mio nonno emigrò nel 1949 per produrre e distribuire formaggio in Sudamerica”, racconta Gabriela. 

Purtschert ha vissuto tutta la sua infanzia con il padre adottivo, che era legato alla madre naturale fin da quando lei aveva due anni, e che l’ha sposata quando Gabriela ne aveva sei. Pur non avendo la cittadinanza svizzera, è cresciuta in Ecuador con valori e tradizioni elvetiche. Fin da piccola, sognava di studiare nella Confederazione. 

A 16 anni ha trascorso un mese in Svizzera, esperienza che ha rafforzato il suo desiderio, tutt’altro che irrealistico. L’azienda di famiglia, che porta il nome di un marchio svizzero tradizionaleCollegamento esterno, ha sempre sostenuto economicamente i e le discendenti che volevano trascorrere un anno in Svizzera. Anche Gabriela ha beneficiato di questa borsa di studio familiare, come i suoi cugini. 

ritratto di famiglia
Durante le nozze d’oro dei nonni Hedwig e Oskar Purtschert, nel 1999. Gabriela Purtschert è in seconda fila (seconda persona da destra). Per gentile concessione

In Svizzera per studiare

“Sapevo che, se avessi avuto l’opportunità, l’avrei colta”, racconta Gabriela. Non avendo la cittadinanza, non poteva accedere a un apprendistato in Svizzera, a differenza dei suoi fratelli e cugini. Ma gli studi universitari le erano consentiti. 

A 18 anni è andata in Germania come ragazza alla pari per imparare il tedesco. Poi ha frequentato il corso preparatorio a Friburgo per poter ottenere in seguito la maturità federale, ha studiato biologia e scienze ambientali all’Università di Zurigo, ha conseguito un master in microbiologia e infine un dottorato. Undici anni di formazione altamente specializzata, che la rendono perfettamente qualificata per lavorare in Svizzera. 

Da 16 anni vive nella Confederazione e parla fluentemente lo svizzero tedesco. “I miei anni più formativi da adulta li ho vissuti qui”, dice. Ha costruito la sua vita, stretto amicizie, lavorato, e anche i suoi due fratelli più giovani vivono in Svizzera. 

“Non abbastanza integrata” dopo 16 anni

Ora però deve lasciare il Paese. “Come studentessa proveniente da uno Stato terzo, avevo solo un permesso di soggiorno per motivi di studio”, spiega. L’Ufficio dell’immigrazione del Canton Zurigo afferma che chi ha questo tipo di permesso è consapevole fin dall’inizio che dovrà lasciare la Svizzera una volta conclusi gli studi. 

Grazie a un impiego come collaboratrice scientifica presso Agroscope – il centro di competenza federale per la ricerca agroalimentare – ha ottenuto un nuovo permesso di soggiorno. Ma il contratto, valido fino a gennaio 2025, è scaduto, e con esso anche il “motivo del soggiorno”, come si legge nella decisione delle autorità zurighesi. 

donna con montagne in secondo piano
“Qui ho trascorso gli anni più formativi della mia vita adulta”, afferma Gabriela Purtschert. Per gentile concessione

Gabriela ha chiesto una proroga del permesso, ma senza successo: “A metà agosto non mi sono stati rinnovati né il permesso di soggiorno né quello di lavoro”, racconta. È stata invitata a lasciare la Svizzera entro metà ottobre. 

Nella lettera che ha ricevuto si legge che “nel corso di questi 16 anni non si è verificata alcuna integrazione particolarmente stretta o duratura”. L’Ufficio dell’immigrazione sottolinea inoltre che vi è “un interesse pubblico prevalente a limitare efficacemente la popolazione straniera residente”. 

Senza lavoro, non ha diritto a restare. Ma secondo il suo avvocato, questo non dovrebbe essere un motivo valido: “La disoccupazione può capitare a chiunque”, afferma. Il ritiro del permesso di lavoro ha reso più difficile anche la ricerca di un nuovo impiego. “Spesso non ho nemmeno la possibilità di spiegare la mia situazione durante le procedure di candidatura”, dice Gabriela. Ha presentato ricorso contro la decisione. 

Un’immagine idealizzata della Svizzera

Il padre di Gabriela, in Ecuador, non riesce a comprendere la situazione. Nonostante non parli bene il tedesco e non abbia mai vissuto in Svizzera, conserva un’immagine idealizzata del Paese. “Pensa che in Svizzera tutto funzioni sempre bene. Ma devo spiegargli che per sua figlia, al momento, non è così”, racconta Gabriela con le lacrime agli occhi. 

Gabriela vuole restare in Svizzera, costruire qui il suo futuro e “restituire qualcosa al Paese”, dice. “Però devo andarmene, anche se vivo qui da più tempo dei miei fratelli con passaporto svizzero”. 

Al momento, non riesce a immaginarsi una vita in Ecuador e se dovesse tornare, “vorrei che fosse una mia decisione”, afferma. 

La decisione di espulsione non è ancora definitiva, il che le concede un po’ di tempo. Attualmente sta svolgendo uno stage nell’industria alimentare, presso un’azienda che produce una versione vegana di un dolce tradizionale svizzero. Gabriela è esperta in alimenti vegetali. Questa esperienza professionale potrebbe aiutarla a trovare un nuovo lavoro e a evitare l’espulsione. 

Articolo a cura di Benjamin von Wyl

Traduzione con il supporto dell’IA/mar

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