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Commissione UE, svelato il Patto europeo sulla migrazione

Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen ha difeso la riforma definendola "un equilibrio ragionevole" tra "responsabilità e solidarietà". Keystone / Stephanie Lecocq / Pool

Bruxelles ha svelato mercoledì una complessa riforma dell'asilo che dovrebbe permettere il superamento del sistema Dublino. Tuttavia, sono già molte le critiche. Diverse ong la ritengono una concessione ai Paesi più reticenti all'accoglienza dei rifugiati. 

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha difeso la riforma definendola “un equilibrio ragionevole” tra “responsabilità e solidarietà” tra i 27 Stati membri.

“Dobbiamo trovare soluzioni perenni sulla migrazione”, ha dichiarato sottolineando come l’incendio al campo profughi di Moria sia stato “un brutale promemoria” di quanto sta accadendo.

Dopo la crisi del 2015, questo nuovo “Patto europeo sulla migrazione e l’asilo” prevede che i Paesi europei che non intendono accogliere i richiedenti l’asilo in caso di affluenza dovranno partecipare al rinvio verso lo Stato d’origine delle persone respinte.

Un modo questo di aggirare il persistente rifiuto di diversi Paesi, in particolare il Gruppo di Visegard (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) di accogliere i migranti.

È dunque abbandonato il principio di una ripartizione vincolante dei migranti. “Non funziona”, ha ribadito il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.

Molto atteso e posticipato a più riprese, il nuovo patto prevede “controlli rigorosi” alle frontiere esterne per fermare i migranti con poche possibilità di ottenimento di una protezione internazionale. La loro domanda d’asilo sarà trattata alla frontiera entro 12 settimane.

Superare Dublino

Soprattutto, il nuovo patto rivede il principio del regolamento di Dublino secondo il quale la responsabilità di trattare la richiesta di asilo di un migrante ricada sul primo Paese europeo in cui questa persona è arrivata.  

Un principio che ha alimentato le tensioni tra i 27 a causa del fardello che mette sui Paesi geograficamente in prima linea, come Grecia e Italia.

Secondo la proposta della Commissione, il Paese responsabile di trattare la richiesta dovrà essere quello in cui il migrante ha dei legami famigliari, quello in cui ha già studiato o lavorato o il paese che gli abbia concesso un visto. Se nessuna di queste condizioni sono raggiunte, allora resta responsabile il primo paese d’arrivo.

Se uno Stato è confrontato con una “pressione” migratoria e ritiene di non poter assumersi la pressa a carico dei migranti, potrà domandare l’attivazione di un “meccanismo di solidarietà obbligatoria”. Tutti gli stati dovranno contribuire, ma avranno la scelta tra accogliere delle persone, “patrocinare” i rinvii o aiutare per la costruzione di centri di accoglienza.

Il nuovo Patto prevede inoltre “norme speciali per regolare eventuali situazioni di crisi, come quella che abbiamo vissuto nel 2015, quando arrivarono due milioni” di migranti, ha detto la commissaria UE Ylva Johansson. “Il meccanismo di solidarietà resta sostanzialmente come quello già descritto”, con i ricollocamenti ed i rimpatri sponsorizzati, “ma in caso di crisi le misure saranno più nette e più limitate nel tempo”, ha precisato.

Il Patto propone inoltre di salvaguardare le ong che recuperano i migranti in mare da procedure giudiziarie.

La situazione attuale è molto diversa da quella del 2015. Nel 2019 sono stati 140’000 i migranti arrivati in Europa. E se nel 2015 il 90% ha ottenuto lo statuto di rifugiato, oggi i due terzi non ottengono il diritto alla protezione internazionale.

Per rendere più efficaci i rimpatri, la Commissione nominerà un coordinatore e intensificherà i negoziati con gli Stati di origine o transito dei migranti. Attualmente l’UE ha 24 accordi sui rimpatri con paesi terzi, “ma non tutti funzionano”, aggiunge Johansson. Solo un terzo dei migranti respinti lascia effettivamente l’UE.  I paesi di origine e di transito dovranno cooperare a gestire la migrazione se vogliono ricevere aiuti dall’UE e dai suoi Stati. Un punto su cui la Commissione non vuole sentir parlare di ricatto e preferisce parlare di “partenariati mutualmente benefici”.

“Un passo importante”, ma …

Il premier italiano Giuseppe Conte ha definito la proposta della Commissione “un passo importante”, ma non ancora sufficiente, verso un approccio “veramente europeo”.

“Abbiamo bisogno di certezze sui rimpatri e i ricollocamenti”, ha aggiunto, sottolineando che i Paesi di arrivo non possono gestire tutto da soli per conto del resto dell’Europa.

Parole meno gentili sono arrivate dallo specialista di questioni migratorie Yves Pascouau, interpellato dall’agenzia afp. “è una soluzione rappezzata senza struttura”, ha detto. “Un compromesso tra codardia e xenofobia”, ha dichiarato invece il ricercatore belga François Gemenne il quale denuncia una logica di “Europa-fortezza”, mentre l’ong Oxfam accusa la commissione di “piegarsi davanti ai governi anti-immigrazione”.

“Questo nuovo patto istituzionalizza la vergogna. Non impedirà nuovi drammi, né l’esistenza di campi profughi indegni. La Commissione si è inchinata davanti a Orban e compagni”, si è lamentato l’eurodeputato Damien Carême (Verdi).

L’ong Caritas Europa, infine, teme “una diluizione delle garanzie giuridiche per i migranti e tempi di detenzione accresciuti”.

Berna, dal canto suo, si è detta soddisfatta della proposta di riforma. Nel prossimo video, sentiremo anche le considerazioni della Consigliera federale Karin Keller-Sutter, responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia. 

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tvsvizzera.it/Zz/afp con RSI (TG del 23.09.2020)

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