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Italiano, una lingua svizzera

Italiano in Svizzera, una lingua diffusa e che resta

Tre cassetti in legno, colmi di fogli di carta, con le scritte CN Italiano, CN Français e NR Deutsch
L'Art. 70 cpv. 5 della Costituzione svizzera accorda un sostegno particolare anche alla quarta lingua nazionale, il romancio, che è decisamente più in difficoltà dell'italiano [nell'immagine d'archivio, carta intestata del Consiglio nazionale, camera bassa del Parlamento elvetico]. Keystone / Alessandro Della Valle

In Svizzera, il 42% delle persone conosce (almeno un po') l'italiano. Chi lo ha imparato da bambino conserva le sue competenze linguistiche da adulto e molti, tra coloro che non lo parlano, vorrebbero impararlo. È quanto emerge da una nuova indagine sulle lingue introdotta dall'Ufficio federale di statistica (UST), i cui dati sono stati analizzati dall'Osservatorio linguistico della Svizzera italiana (OLSI) nel volume Le lingue in Svizzera. AddendumCollegamento esterno.
 

La statistica svizzera dispone di un nuovo e più preciso strumento per sondare il plurilinguismo del Paese. Finora, il censimento federaleCollegamento esterno si era limitato a registrare le lingue principali (meglio conosciute) e quelle parlate abitualmente in famiglia, al lavoro e nel luogo di formazione.

La nuova Indagine sulla lingua, la religione e la culturaCollegamento esterno dell’UST rileva anche la conoscenza di seconde lingue mettendola in relazione con l’eventuale passato migratorio, la regione di residenza, il contesto in cui si usano (inclusa la fruizione dei media) e indaga la volontà di impararne delle altre.

La rilevazione strutturaleCollegamento esterno, che registra le lingue principali, è annuale ed è effettuata su un campione di 200’000 residenti. L’ILRCCollegamento esterno può contare su 15’000 interviste (i risultati sono poi proiettati su tutta la popolazione adulta) ma è ben più approfondita (circa 60 domande). È quinquennale e si è svolta per la prima volta nel 2014 (attualmente è in corso la seconda). I primi risultati dell’Indagine sono disponibili dal 2016; l’analisi dell’OLSI è stata pubblicata nel 2019.

Il 42% conosce l’italiano

“Indichi tutte le lingue che conosce almeno un po’, anche solo che è in grado di capire. Questa era la domanda posta”, indica Matteo Casoni, ricercatore all’OLSICollegamento esterno e coautore dell’analisi (con Maria Chiara Janner e Danilo Bruno). Benché la statistica non rilevi i livelli di competenza, “permette di delineare meglio il profilo linguistico delle persone residenti in Svizzera, di sapere quali sono tutte le lingue che compongono il repertorio di una persona”, quelle di origine e quelle che ha acquisito nel corso del tempo.

La lingua secondaria più diffusa (di cui più persone dichiarano di avere una competenza parziale) è l’inglese, “ma questo non sorprende considerando la sua pervasività e in parte anche l’utilità come lingua internazionale, della comunicazione al lavoro e anche nel turismo”, osserva il ricercatore.

In valori assoluti, i parlanti italiano sono 2’875’541 (ovvero 598’181 madrelingua più altri 2’277’360 che lo parlano o capiscono più o meno bene). È confermata l’egemonia di tedesco e svizzero tedesco.

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Al di là della concorrenza dell’inglese, le lingue nazionali sono diffuse anche al di fuori del territorio di riferimento, e questo dato è “rilevante in un Paese come il nostro che è costituzionalmente quadrilingue”, sottolinea il ricercatore, “è importante da un punto di vista identitario e da un punto di vista politico, per prendere ad esempio decisioni su quali lingue sostenere in ambito scolastico”.

Le diffusione delle lingue principali e secondarie nelle 4 macro-regioni indicate su una cartina della Svizzera
Diffusione territoriale delle lingue principali (LPrinc) o secondarie (LSec), val. % sul tot. pop. per regione (ILRC 2014). Osservatorio linguistico della Svizzera italiana – rielaborazione grafica

Fattore immigrazione

L’ILRC non stabilisce dove le competenze siano state acquisite. Ma per la nostra lingua è noto “che da sempre un contributo importante lo dà l’immigrazione dall’Italia”, precisa Matteo Casoni.

La conoscenza dell’italiano come lingua secondaria, spiega, “è principalmente un retaggio familiare: le seconde e terze generazioni [a nord delle Alpi] hanno sviluppato solo una competenza parziale e assunto l’idioma locale come lingua principale”. Un processo che riguarda anche il flusso migratorio dal Canton Ticino e dalle valli italofone dei Grigioni verso il resto del Paese.
 

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La lingua non si perde

Un altro dato importante messo in luce dall’ILRC è che la lingua parlata nell’infanzia rimane nel parlante adulto, o come principale o almeno come competenza parziale. E ciò vale anche per l’italiano fuori del suo territorio, malgrado sia minoritario. “Quel che è interessante”, chiarisce Casoni, “è che la somma lingua principale più lingua secondaria è sempre piena. Questo è un aspetto positivo per il mantenimento”. 

Nel caso dell’italiano, inoltre, competenze piene ricorrono di frequente anche fuori dal territorio di riferimento: due quinti degli interpellati che lo parlavano da bambini lo dichiarano lingua principale benché risiedano altrove. Vuol dire che in qualche modo “le persone considerano che l’italiano ha un prestigio, un’utilità, cosa che forse qualche anno fa era meno forte. Come aspetto identitario significa voler mantenere la lingua almeno a un certo livello”.

Purtroppo, non è dato sapere se e quanto la conservazione di competenze valga anche per il romancio. In ragione dell’esiguità dei dati, la quarta lingua nazionale rimane esclusa da diversi capitoli di analisi [cfr. video sotto].

Vorrei impararlo

A proposito di prestigio, nelle conclusioni de ‘Le lingue in Svizzera. Addendum’ si legge che “l’italiano primeggia tra le lingue che gli intervistati non italofoni vorrebbero imparare, se ne avessero le risorse, adducendo in modo preponderante la motivazione del piacere personale”.

In effetti, la quota di intervistati che vorrebbe disporne per piacere o per usarlo nei viaggi è del 61,4% (il 22,3% vorrebbe invece impararlo per ragioni familiari e il 12,2% per la sua importanza, anche professionale).

L’indagine contempla poi la comunicazione con parenti e amici: come si vede dal grafico, le lingue nazionali registrano una presenza considerevole anche al di fuori dei territori tradizionali e l’italiano è la lingua non locale più ricorrente.
 

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L’ILRC offre inoltre uno sguardo sulla fruizione dei mass media, strumenti importanti per la diffusione delle lingue e il mantenimento delle competenze. Per leggere i giornali, ascoltare la radio e guardare film o spettacoli in TV o su Internet, gli intervistati si servono anche delle lingue secondarie, e nell’uso “extraterritoriale” francese e italiano fanno registrare valori elevati (sebbene siano superati dall’inglese).

Più in generale, l’immagine restituita dall’analisi dei dati dell’Indagine sulla lingua, la religione e la cultura 2014 è quella di un diffuso plurilinguismo, almeno ricettivo.

Bilinguismo (due lingue principali)

Gli italofoni aderiscono in modo particolare a questo plurilinguismo di coesione. Le combinazioni con l’italiano, per chi si dichiara bilingue, sono quasi esclusivamente con altre lingue nazionali: francese, 46,2%, e tedesco, 41,1%.

Inoltre, l’italiano è la lingua nazionale più presente al di fuori della regione di riferimento. “Questo in qualche modo è scontato”, rileva Matteo Casoni, “nel senso che il territorio della Svizzera italiana è il più piccolo [dopo quello romancio] per cui gli italofoni finiscono più facilmente al di fuori della loro regione. Però è vero che l’italiano è parecchio diffuso”.

“Il rovescio della medaglia”, prosegue, “è che è una distribuzione frammentata: non si può veramente parlare di comunità linguistiche (se non a livello di comunanza della lingua parlata): sono persone che vivono in cantoni ufficialmente germanofoni e francofoni. Il regime linguistico svizzero è sempre basato su un principio di territorialità e sono i cantoni a definire le lingue ufficiali, della scolarizzazione”.

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“Si potrebbe quasi fare un’aggiunta all’articolo costituzionaleCollegamento esterno [sulle lingue]”, conclude Casoni, “si potrebbe in fondo auspicare che il plurilinguismo degli svizzeri sia appunto di tipo ricettivo, ovvero: ognuno parla la sua lingua principale, ma è in grado di capire le altre lingue nazionali. In parte è un’immagine reale, lo dimostrano i dati statistici, e credo che questo possa essere anche un obiettivo di coesione nazionale.”

Capire le lingue significa comprendere l’altro. “Diventa anche un discorso più ampio, di coesione sociale, di apertura verso la diversità. Sono sicuramente temi importanti in un mondo come il nostro, dove ci sono anche molti movimenti di popolazione. Avere questo tipo di atteggiamento, di curiosità, di apertura credo sia la salute di un Paese”.

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