Si compra carne a buon mercato? “È perché quella bio costa troppo”
Una scelta sempre più dettata dal portafoglio.
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I consumatori comprano sempre più spesso la carne a buon mercato? La colpa è della grande distribuzione, quella bio viene messa in vendita a prezzi troppo elevati.
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Lo sostiene Stefan Flückiger, presidente di Faire Märkte Schweiz (FMS), associazione che si batte per mercati più equi, trasparenti e concorrenziali con un occhio di riguardo per le parti contrattualmente più deboli della filiera alimentare.
Le dichiarazioni dell’esperto sono raccolte mercoledì dal Blick, che fa il punto su un segmento in pieno movimento in Svizzera: come si ricorderà Aldi nel settembre scorso aveva lanciato un’offensiva sui prezzi della carne, abbassandoli sino al 36% su base permanente. La concorrenza ha poi dovuto reagire, in un quadro generale caratterizzato da consumatori alle prese con pesanti rincari – primi fra tutti quelli dei premi della cassa malati – e quindi più attenti alla convenienza.
“Non è colpa dei clienti”
Gli operatori del commercio al dettaglio sostengono quindi che sono i clienti a richiedere carne più economica, ma Flückiger non è d’accordo. “Non è colpa dei clienti se si rivolgono alla carne a basso costo, ma dei rivenditori”, indica al quotidiano. A suo avviso i dettaglianti stanno rendendo troppo allettante per i consumatori il segmento in questione “Gli offerenti perseguono una strategia di prezzo elevato per i prodotti certificati e si concentrano sui prezzi bassi per gli standard discount. Con una differenza di prezzo così ampia è logico che i clienti sensibili al costo passino agli articoli significativamente più economici”.
Secondo il 64enne questa strategia è pericolosa. “I rivenditori esagerano completamente le differenze di prezzo. Per i prodotti etichettati con standard di benessere animale più elevati fanno pagare semplicemente quello che i clienti sono disposti a spendere: i prezzi non si basano sui costi di produzione effettivi”.
Lo specialista cita il caso delle fettine di manzo: secondo un’analisi di FMS un chilogrammo con standard discount costa 10,70 franchi alla produzione e viene venduto a 33,95 franchi al supermercato. Il prezzo alla produzione dello standard biologico è superiore di soli 2 franchi, ma il chilo costa 66,25 franchi sullo scaffale, il doppio del prezzo. “I due rivenditori più potenti del mercato hanno qui una responsabilità”, afferma Flückiger, che fa riferimento a Coop e Migros, che detengono insieme una quota del 70%.
Gli interessati respingono l’accusa: la differenza di prezzo tra l’articolo certificato e quello convenzionale ha ragioni completamente diverse, sostiene Migros. “Acquistiamo un intero animale certificato al prezzo certificato: possiamo però commercializzarne solo una parte come prodotto etichettato, mentre il resto confluisce nel canale convenzionale. Inoltre, i prodotti etichettati hanno costi più elevati nella lavorazione e nella vendita al dettaglio”, spiega la cooperativa alla testata zurighese. Le disparità concernono ad esempio la lavorazione separata, il diverso imballaggio o i costi di certificazione, le quantità minori riducono anche le economie di scala.
La guerra dei prezzi al banco della carne sta causando apprensione nel settore agricolo. I rivenditori, a partire soprattutto da Aldi, hanno affermato lo scorso autunno che i tagli dei prezzi non sarebbero andati a scapito degli allevatori. “Al momento, non vediamo i dettaglianti trasferire i prezzi più bassi agli allevatori quando si tratta della produzione nazionale”, conferma Flückiger. La pressione è attualmente esercitata soprattutto sulla carne importata: ad esempio con il lancio della sua strategia di prezzi bassi Migros ha annunciato che non garantirà più gli stessi standard minimi per la carne proveniente dall’estero rispetto a quella svizzera. Va anche detto che la produzione elvetica non sempre è in grado di soddisfare la crescente domanda, per esempio per la carne di pollo.
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