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Scorie di Fukushima, svelati depositi oscuri

Un'inchiesta della tv nazionale parla di 3'000 tonnellate di materiale contaminato, stoccato in modo non ufficiale in diversi luoghi del Giappone

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In Giappone, almeno 3000 tonnellate di materiale contaminato dalla radioattività dopo l’incidente alla centrale di Fukushima sono immagazzinate in diversi punti del Paese in modo non ufficiale.

È il risultato di un’inchiesta della radiotelevisione nazionale giapponese. Dati che preoccupano il governo nipponico, che sta cercando la soluzione migliore per occuparsi di queste scorie.

Sembrano normali depositi: nessun segnale particolare, niente segnaletica che indichi che bisogna prendere specifiche precauzioni. Eppure, all’interno di questi capannoni [cfr. video] è depositato materiale contaminato, e casi simili sono stati riscontrati in 30 municipalità di sette diverse prefetture, come in quella di Miyagi.

“Il livello di radiazione di queste spighe di riso falciate era di oltre 10 mila becquerel quando sono state portate qui.”

Il governo centrale segnala, immagazzina e smaltisce terreno e resti della lavorazione agricola contaminati a livelli che superano gli 8 mila becquerel al chilo. Ma questo materiale non è stato dichiarato al governo centrale perché si temono le proteste della popolazione.

“Le persone si infuriano riguardo a queste scorie e vogliono che siano spostate al più presto.”

Ma accontentarle è difficile, perché è sempre più difficile trovare aree adatte al deposito di materiale di questo tipo e anche quando vengono individuate, chi abita nella zona non vuole che vengano utilizzate.

Così, le autorità locali decidono di non dichiarare i depositi perché non c’è l’obbligo di farlo. Il governo centrale, dopo questa inchiesta, ha deciso di agire.

“Il governo centrale vuole che i depositi siano dichiarati perché non si può tenere all’oscuro la popolazione o ignorare il problema.”

Resta da vedere se Tokyo intende varare una legge che obblighi alla dichiarazione o rifarsi alla buona volontà di autorità locali che temono la pressione dell’opinione pubblica.

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