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Parto traumatico per una donna su tre, perché?

Donna sul letto d ospedale e personale sanitario, tutti sfocati; in primo piano display con andamento funzioni vitali
Esiste talvolta un problema di comunicazione col personale sanitario e si osserva una sempre maggiore medicalizzazione del parto. © Keystone / Gaetan Bally

Il libro 'Volevo andare a partorire in Olanda', poi un convegno intitolato 'Nascita e violenza', hanno portato negli ultimi anni l'attenzione su un dato: in Svizzera, un terzo delle donne che hanno avuto figli ricorda il parto come un momento traumatico. Al tema, il Quotidiano della Radiotelevisione svizzera ha dedicato un approfondimento.

Una carente o cattiva comunicazione tra il personale medico e la partoriente pare essere il principale problema.

Il servizio della RSI parte dalla testimonianza di Isabella Pelizzari, madre di due gemelle che per superare il doloroso ricordo ha scritto un libro (sottotitolo: Storia di un taglio cesareo annunciato). “Avevo bisogno di ricevere informazioni, capire cosa stesse succedendo. Ma ogni volta che rivolgevo domande al ginecologo lui era evasivo, generico, a volte addirittura seccato”.

Il suo non è un episodio isolato. “Quando una donna entra in ospedale per partorire deve adattarsi a protocolli e affidarsi a persone che non la conoscono; si trova in una situazione di bisogno ed è quindi vulnerabile.”

L’autrice formula una proposta precisa: quella della levatrice aggiunta, una persona esterna che abbia seguito la donna in gravidanza.

I giusti tempi

Francesca Coppa Dotti, co-presidente della Federazione svizzera levatrici, sezione Ticino, osserva anche una certa medicalizzazione del parto. “Siamo in un momento dove il processo si scosta un po’ dalla fisiologia. Troppo spesso partiamo con l’idea che la gravidanza è potenzialmente pericolosa e ciò porta a una serie di interventi, esami, controlli che non sempre sono necessari”. Una medicalizzazione che può interferire sul processo della nascita, che ha i propri tempi.

Ma perché per la donna è talvolta difficile comunicare i propri bisogni? Cosa fa il personale medico per rimediare al fatto che un terzo di esse viva il parto come un trauma? Cosa si intende per ‘violenza ostetrica’? La proposta di una levatrice d’appoggio è plausibile?

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Rispondono la stessa Francesca Coppa Dotti e Andrea Papadia, primario di ginecologia e ostetricia all’Ospedale Civico e Ospedale Italiano di Lugano.

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