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Unioni civili, e parte il “disobbedisco”

Un momento della manifestazione "5 anni di attesa", davanti a Palazzo Montecitorio a Roma il 18 Aprile dello scorso anno ANSA/Angelo Carconi

di Aldo Sofia

Fatta la legge, trovato l’inganno? Ma per carità, è roba vecchia, oggi c’è di più e di meglio (anzi, di peggio). Infatti: fatta la legge, proclamo la disobbedienza. Accade così per la legge sulle unioni civili, approvata dal Parlamento italiano. “Finalmente” approvata, perché dopo tre decenni almeno di inutili tentativi (vanificati all’ombra del Vaticano, che ci ha riprovato anche stavolta) la Penisola diventa il 27esimo paese dell’Unione europea, quindi il penultimo, a regolarizzare un regola ormai vigente in tutto l’Occidente.

Ci ha pensato il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, a lanciare la parola d’ordine. Chiedendo a tutti i sindaci del suo partito di diventare disobbedienti, rifiiutandosi di celebrare le “nozze civili” fra eterosessuali e soprattutto fra coppie omosessuali. Ma si sa, anche il suo predecessore Bossi annunciò che erano pronti milioni di fucili per la guerra contro Roma. Boom. Ma solo Salvini? Certo che no. Ancor prima del voto parlamentare, allo stesso modo si era già espresso Alfio Marchini, bell’esempio di liberale, candidato a sindaco di Roma, indipendente infine sostenuto (dopo innumerevoli e ridicole giravolte) anche da Silvio Berlusconi.

La pratica dell’obiezione di coscienza non è certo nuova nella Penisola. Il precedente più clamoroso e serio, è quello relativo all’aborto. Con medici che si rifiutano di praticarlo anche in strutture ospedaliere pubbliche. In nome della propria fede religiosa, e in spregio della legge votata trentacinque anni fa, che registra continui tentativi di revisione, e osteggiata da centinaia di operatori sanitari. Non solo con l’aperto rifiuto. Ma anche con strategie più subdole. Tanto che il Consiglio d’Europa, appena un mese fa, ha denunciato l’Italia di discriminare medici e infermieri che si ribellano all’ “obiezione di coscienza”, e perciò – recita il testo – “vittime di diversi tipi di svantaggi lavorativi, diretti e indiretti” (carriera, posizioni professionali e salariali, richieste di trasferimento). È vero che in Italia risulta sempre carente la procedura di accompagnamento per accertare che si tratti per la donna di una scelta libera e consapevole. Ma intanto l’organismo di Strasburgo sottolinea che il diritto di accedere all’interruzione della gravidanza nelle strutture pubbliche, pur previsto dalla legge, è nei fatti ostacolato in un modo che fra l’altro alimenta i rischi di ricorso ai privati (mettendo mano al portafoglio) e ai pericoli della clandestinità (“Il ritorno delle mammarie” di antica e triste memoria, come titolava una pagina del Corriere della Sera dedicata al ritorno degli aborti clandestini in Lombardia).

“Obbedisco”, rispondeva a malincuore Garibaldi nel 1866 al generale Alfonso La Marmora che gli intimava di fermare la sua inarrestabile avanzata verso Trento contro gli Austriaci nella Terza guerra di indipendenza. La parola non è più di moda. Si passa al “disobbedisco”. Alla perentoria e pomposa promessa di violare la legge. In nome, nel caso specifico, non si sa bene di quale convinzione. O di quale principio. In realtà del puro calcolo elettorale. Fra le imminenti amministrative e il decisivo referendum sulla riforma del Senato (“se non passa mi ritiro”, Renzi dixit), da qui a ottobre sembra che tutto o quasi sia diventato politicamente lecito: insulti, menzogne, titoli rutilanti e fuorvianti, se non completamente falsi (se un sospettato di jihaddismo si è infilato in un corteo del centro-sinistra, ecco che “Il sindaco PD marcia con i terroristi”…). Oppure storpiando il concetto: nel caso delle unioni civili, per esempio, gli obiettori parlano di matrimoni gay, quando in realtà i sindaci non celebrano delle nozze ma si limitano a registrare la volontà di una coppia non sposata (e in Italia sono centinaia di migliaia quelle etero) per rispettare diritti e doveri di una convivenza certificata. Oppure stravolgendo i concetti: dichiarando che questa è solo l’anticamera della “stepchild adoption” per arrivare alle unioni gay, punto controverso ma in realtà cancellato rispetto alla proposta iniziale.

Intanto non si discute di riforme della famiglie e di aiuti alle coppie con figli, in cui l’Italia è fanalino di coda. Intanto, rimane la “sparata” che chiama a raccolta gli elettori cattolici dei vari “family day”. Intanto si sa che i sindaci, o i loro rappresentanti, che praticassero davvero la “disobbedienza” si vedrebbero arrivare in ufficio carabinieri e prefetto, che alla fine hanno anche facoltà di destituirli. Ma che importa. Intanto la sparata è stata fatta. Quanti voti porterà? Perché l’importante non è capire cosa dica esattamente la nuova norma, se sia un dispositivo di legge lacunoso e un po’ pasticciato (come in effetti è) ma tutto sommato dignitoso nel riconoscimento dei diritti dei partner dello stesso sesso, e no.

Insomma, l’importante è fare “caciara” politica, colpire il governo che l’ha fatta passare in parlamento, rifilare un calcione a un premier borioso e apparentemente in difficoltà. Naturalmente, poco importa che poi, il cittadino che si allontana sempre più dalla politica, possa chiedersi perché, lui, Pantalone, debba sempre e solo obbedire. E pagare i costi di una politica esosa, vociante, spesso insopportabile, e altrettanto spesso inconcludente.

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