La televisione svizzera per l’Italia

Se l’Italia litiga con Bruxelles sulle tragedie nel “mare nostrum”.

L'equipaggio dlla fregata Espero soccorre un barcone con 267 migranti Keystone

di Aldo Solfia

Un film visto innumerevoli volte. Troppe volte. I disperati del mare, i barconi, i viaggi della speranza, i naufragi. In pochi giorni nel Canale di Sicilia altre decine di morti. E aumenta il numero di donne e bambini vittime di una tragedia senza fine. Inevitabilmente, la “questione migranti” fa la sua irruzione nella campagna elettorale europea. I toni tornano ad accendersi. Si ripropone lo scontro fra Bruxelles (intesa come UE) e Italia. Dice Matteo Renzi: “L’Europa ci dice tutto su come pescare i pesce-spada, ma gira la testa quando andiamo a soccorrere le persone in difficoltà”.

Ennesima conferma del fallimento europeo sul fronte dell’immigrazione illegale. Bisogna riconoscerlo, Roma fa quel che può: ha “umanizzato” la sua politica di accoglienza, schierate in permanenza cinque navi della marina militare, impegnati elicotteri muniti di strumenti ottici agli infrarossi, triplicato il numero dei marinai destinati alle operazioni di salvataggio, cancellato la legge sul reato di clandestinità.

L’hanno battezzata “operazione mare nostrum”: non si aspettano più i migranti, li si vanno a cercare, e a soccorrere in alto mare. “Un taxi per l’Italia”, denuncia l’opposizione. Ne approfittano biecamente i “commercianti di uomini” (una media di 800 euro a persona, per circa 250 passeggeri stipati all’inverosimile): gli scafisti lanciano l’sos dopo poche ore di viaggio, all’avvicinarsi delle navi soccorso provocano l’affondamento delle loro “carrette”, ed é in quel momento che spesso avviene la tragedia.

Una pressione migratoria che aumenta, e cifre impressionanti. Nei primi quattro mesi del 2014 gli arrivi sulle coste italiane sono aumentate dell’823% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Equivale a più di 26 mila sbarchi da gennaio a fine aprile. Un record assoluto rispetto agli ultimi cinque anni. Mentre sulle coste della Libia (un paese senza uno Stato strutturato e dominato da milizie di ogni tipo) altre decine di migliaia di disperati cercano di imbarcarsi.

Funzione poco o male Frontex, l’Agenzia europea per il controllo e il pattugliamento delle “frontiere esterne”. Scarsi i mezzi finanziari: l’Italia ha già speso 60 milioni di euro mentre era prevista la cifra di un milione e mezzo al mese; e ancora in marzo la Commissione europea ha respinto la richiesta di un immediato aumento del budget. Ma, più di ogni altra cosa, scarseggia la volontà politica.

Manca una strategia europea complessiva, una unità di intenti, una politica coordinata di aiuto ai paesi di partenza, la revisione della normativa sul “primo approdo” (Convenzione di Dublino), per cui i migranti irregolari devono essere bloccati o riportati nel paese UE in cui sono arrivati (di solito Grecia , Spagna e Italia) anche quando il loro obiettivo é di raggiungere i famigliari che stanno nell’Europa del Nord.

Ma in causa non c’é soltanto l’UE. Per fare un solo esempio, se la tragedia siriana provoca milioni di profughi, e un’impennata nei disperati tentativi di attraversare le frontiere europee, é anche perché le potenze mondiali e regionali – con i loro veti incrociati, con i loro contrastanti interessi economici e strategici – fanno poco o nulla per fermare quella guerra civile. Che si consuma ormai nell’assuefazione e nell’indifferenza generale.

Così, il brutto e disumano film delle tragedie nel Canale di Sicilia non é certo ai titoli finali. Va vanti da vent’anni. E continuerà anche dopo 20.000 vite già inghiottite dalle acque del “mare nostrum”.

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