Perché Genova annega
Hypercorsivo di Massimo Donelli
Questo contenuto è stato pubblicato il 15 ottobre 2014 - 16:31Accarezzata dall'acqua salata, schiaffeggiata dall'acqua dolce. Ecco Genova, la Superba. Che puntualmente paga un tributo di dolore al suo essere lì, stretta tra l'Appenino dei torrenti maligni e il Mediterraneo degli scogli accoglienti. Una città bella, sfrontatamente bella, che d'improvviso diventa un incubo: di fango, macerie, morte.
E' successo, l'ultima volta, giovedì 9 ottobre, di sera.
Sulla Superba e sul suo entroterra (si chiama così l'arcipelago di paesini disseminati tra valli e colline alle spalle di Genova) si sono scaricati, in 12 ore, 262 millimetri di pioggia che hanno sconvolto la vita di migliaia di famiglie e ucciso il signor Antonio Campanella, 57 anni, uscito alle 23,15 da un bar di via Canevari dicendo: "Vado a vedere il Bisagno". E il BisagnoLink esterno (il fiume che, come un vulcano, dorme a volte per anni, rinsecchito nel suo alveo pieno di pietre e sterpaglie, salvo svegliarsi d'improvviso con violenza) se l'è portato via.
Ma perché Genova, di tanto in tanto, annega? Proviamo a spiegarlo in 10 punti.
- L'abbandono. Il 70% del territorio ligure è formato da boschiLink esterno. Un tempo i boschi venivano puliti dai contadini, che permettevano, così, al terreno di svolgere la funzione drenante in caso di pioggia. I contadini se ne sono andati; i boschi sono stati "moquettati" da uno strato di foglie sul quale l'acqua piovana scivola a grande velocità, travolgendo tutto ciò che incontra nella sua fuga a valle.
- L'incuria. Stretti nelle gole dell'Appennino, i fiumi accolgono acqua, detriti e quant'altro. E portano tutto a Genova. Spesso restano secchi per mesi e mesi. Risultato: nessuno se ne occupa. Ma la somma di spazzatura e natura che si accumula nel frattempo (crescono piante e perfino alberi!) intralcia il flusso quando tornano a riempirsi d'acqua. E così tracimano.
- Il clima. Sono aumentati (e sono in ulteriore aumento) fenomeni meteorologici che creano condizioni di pericoloLink esterno, come le cosiddette bombe d'acqua. Per la sua particolare collocazione orografica, la Superba è più esposta di altre città italiane ai capricci del meteo, non sempre prevedibili.
- La cementificazione. Le grandi opere di urbanizzazioneLink esterno realizzate più o meno un secolo fa non potevano tener conto dei cambiamenti (sociali, climatici) che sarebbero avvenuti. A Genova il Bisagno è stato addirittura coperto nella sua parte finale a tempi del FascismoLink esterno. Poi, negli anni Sessanta, il boom edilizio senza limiti (nemmeno di sicurezza) ha stretto fiumi e fiumiciattoli fra le case con criminale disinvoltura. Ciò, per esempio, ha provocato l'alluvione del 2011, quella del torrente
Contenuto esterno - La burocrazia. Chi ha il governo dei fiumi? Il groviglio di competenze fra Comune, Provincia e Regione rende, nello stesso tempo, tutti colpevoli e tutti innocenti. Un dedalo di leggi e regolamenti che sembrano scritti apposta per schiantare anche la buona volontà di chi vorrebbe fare sul serio.
- La giustizia. Lenta. Lentissima. Quando non c'è di mezzo la superstar mediatica, i fascicoli processuali scivolano silenziosamente verso il dimenticatoio. E lì dormono. Il dramma è che basta un ricorso al TARLink esterno (Tribunale Amministrativo Regionale) per bloccare qualsiasi opera pubblica per anni e anni. Gli interventi deliberati (con copertura finanziaria!) dopo l'alluvione di Genova del 2011 non si sono mai fatti perché c'era, appunto, un ricorso al TARLink esterno.
- La politica. Che l'Italia sia un Paese afflitto da problemi idrogeologiciLink esterno (486.000 delle 700.000 frane in tutta l'Unione europea sono in 5.708 comuni italiani: quasi il 69%) lo sanno ormai anche gli asini. E perfino i politici di governo e d'opposizione. Ma non si muovono. Genova è al secondo posto in EuropaLink esterno nella classifica delle città più a rischio. Ciò avrebbe richiesto e richiederebbe una fortissima pressione da parte degli amministratori locali sul Governo per intervenire e, quindi, prevenire. Non è successo. E non succede.
- La distanza. Quella che c'è tra gli eletti e gli elettori, tra i cittadini e le istituzioni. I genovesi si sono mossi immediatamente. Sia da casa (il passaparola sui social network ha permesso di individuare le aree più critiche e portare i primi soccorsi) sia nelle strade (migliaia di donne e uomini di ogni età, subito battezzati con un hashtag #angelidelfangoLink esterno, hanno ripulito la città lavorando volontariamente). I politici, invece, muti per ore. O addirittura indifferenti. Venerdì, il giorno dopo la tragedia, il premier Matteo RenziLink esterno ha preferito inaugurare uno stabilimento della Philip MorrisLink esterno a Zola Predosa (Bologna) anziché precipitarsi a Genova (si è fatto vivo con un post su FacebookLink esterno solo domenica…). E, nello stesso giorno, il ministro degli Interni, Angelino AlfanoLink esterno, è andato a seguire un convegno a RomaLink esterno piuttosto che prendere un aereo e fiondarsi ad aiutare la Superba ferita. E' toccato al Capo della Protezione CivileLink esterno, Franco GabrielliLink esterno, metterci la faccia. Ma solo sabato mattina…
- La velocità. Quella dei privati è tripla rispetto a quella della macchina pubblica (perfino gli allerta meteo non sono tempestivi!). Il caso della Costa ConcordiaLink esterno insegna: mega problema, mega soluzione. In tempi rapidi, considerato che non c'erano precedenti al mondo. Se la nave fosse appartenuta allo Stato, probabilmente sarebbe ancora arenata sugli scogli dell'Isola del Giglio… A Genova si muore anche perché la pubblica amministrazione viaggia con tempi che potevano forse andar bene nell'800, ma che oggi sono inaccettabili.
- I media. L'informazione ha le sue colpe. Da giovedì pomeriggio a venerdì mattina solo l'emittente genovese PrimocanaleLink esterno ha garantito una diretta. Clamorosamente assenti le reti all news, pubbiche e private. E sabato mattina, con la lodevole eccezione del Corriere della seraLink esterno, nessun quotidiano italiano ha dato risalto al dramma di Genova: perfetto assist ai politici indifferenti e pigri! Un giorno qualcuno dovrà pur occuparsi della responsabilità dei giornalisti in relazione alla decadenza del Paese… O no?
massimo.donelli@usi.chLink esterno
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