Dieci anni senza Steve Lee, la voce gentile del rock
Il 5 ottobre 2010, moriva in un tragico incidente negli Stati Uniti una figura iconica del rock svizzero, Steve Lee. Frontman di uno dei gruppi elvetici più popolari di sempre, i Gotthard, fu travolto dalla sua motocicletta -urtata da un autotreno in sbandata- mentre era fermo al bordo della strada per indossare una giacca per la pioggia. A dieci anni di distanza, la Radiotelevisione svizzera lo celebra con un documentario del settimanale 'Storie'.
Quella di Steve -al secolo Stefan Alois Lee, nato nel 1963- è una storia “che racchiude in sé tutto, che unisce gloria e tragedia, successo e fatalità”, scrivono gli autori. “Cresciuto in un piccolo comune del Ticino, tormentato da paure e dubbi sulla propria idoneità e contro tutti i consigli dei preoccupati genitori, Steve, con la sua voce eccezionale, portò la band al successo internazionale. Fino al giorno di quel terribile incidente”.
La scoperta
Orafo di formazione, Steve Lee esordì negli anni Ottanta come batterista e per carattere sarebbe rimasto volentieri dietro alle percussioni, se non si fosse presentata la necessità di sostituire il cantante poche ore prima di un concerto cruciale per la sua band di allora, i Forsale. Da quella sera, in cui si esibì di spalla ai britannici Marillion, Steve stesso scopre la sua vocazione, la sua voce, destinata a diventare una delle più grandi del rock.
Deciso a prendersi una rivincita contro quell’insegnante di matematica che gli diceva ‘Tu con la musica non farai mai niente’, nel 1992 fonda col chitarrista Leo Leoni i Gotthard, uno dei gruppi svizzeri di maggior successo di sempre. Scriveranno insieme decine di brani e venderanno col gruppo milioni di dischi, conquistando grande popolarità in Svizzera, Germania e Giappone e calcando palcoscenici di tutto il mondo.
La scomparsa
La notizia della morte di Steve Lee durante una traversata degli USA coast-to-coast in motocicletta -un sogno a lungo cullato- arrivò in Svizzera il giorno dopo e suscitò un cordoglio ben più grande di quanto potesse esprimere il solo pubblico dei Gotthard.
Steve era affabile, aperto e curioso, si prendeva il tempo di scambiare due parole con tutti. Trattava la sua voce come un dono, conducendo una vita sana e senza eccessi, per salire sui palcoscenici al massimo della lucidità e restituire tutta l’emozione che si può provare. A ispirarlo era soprattutto la tranquillità. Era, inoltre, modesto: benché non avesse nulla da temere per il suo futuro di musicista, non si disfece mai degli attrezzi del mestiere di orafo.
E così, mentre la band gli dedica il disco tributo ‘Steve Lee – The eyes of a tiger’, ‘Storie’ ci propone questo racconto intimo e toccante, intitolato non a caso ‘La voce gentile del rock’.
tvsvizzera.it/ri con RSI (Storie del 04.10.2020)
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