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Memoria corta sul prezzo del petrolio

tvsvizzera

di Marzio Galeotti, Alessandro Lanza e Matteo Manera

Chi dimentica le crisi del passato

Il caso di William – “Willy” – è stato raccontato numerose volte e illustrato di recente sulla rivista scientifica Neurocase. La storia è iniziata oltre dieci anni fa, quando l’uomo si è sottoposto a una visita dal dentista. Un’anestesia locale di routine, un’ora di intervento e, da quel momento in poi, nessuna capacità di ricordare alcunché oltre novanta minuti.

Questa peculiare malattia, che ancora non ha un vero nome, sembra avere ormai contagiato la stampa di tutto il mondo. Quasi sempre, quando si parla di finanza e di economia, l’ultimo accadimento in ordine di tempo sembra essere quello più distruttivo, più importante e più difficile da affrontare. La memoria corta sembra influenzare la stampa e, qualche volta, anche gli analisti.

Non è un caso che i macroeconomisti Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff abbiano intitolato il loro best seller “This time is different”, a significare come l’uomo tenda a considerare ogni nuova crisi come differente e più profonda. In realtà, come gli autori dimostrano, molte crisi si assomigliano e non sempre l’atteggiamento di analisi miope (capacità di veder bene le cose da vicino e male quelle lontane) si dimostra davvero premiante.

Tutto ciò si applica molto bene a un caso specifico: la volatilità (cioè la variabilità, le oscillazioni) del prezzo del petrolio e le sue cause.

“Iea warns of further oil price volatility”, titolava il Financial Time nel marzo scorso; “Petrolio ancora nel vortice della volatilità”, così il Sole24Ore all’inizio di settembre. La domanda allora è: le oscillazioni che stiamo misurando quest’anno sono davvero così ampie? Si tratta di una situazione nuova, non ancora sperimentata nel passato? Oppure l’abbiamo già incontrata e, come Willy, ce la siamo dimenticata?

Le oscillazioni del Brent

Per esaminare la volatilità del prezzo del petrolio sono state considerate le quotazioni del Brent, il prezzo di riferimento a livello internazionale. Le quotazioni sono giornaliere e il periodo analizzato va dal 20 maggio 1987 al 31 agosto 2015, per un totale di 7075 osservazioni, un orizzonte temporale sufficientemente lungo per analizzare l’andamento della volatilità. Le variazioni percentuali del prezzo del petrolio di un dato giorno rispetto al precedente sono mostrate nel grafico.

Per valutare con facilità la dimensione del fenomeno, nel grafico sono rappresentate quattro bande orizzontali, in corrispondenza di variazioni percentuali di prezzo pari – in positivo e in negativo – al 4,5 per cento e al 6,8 per cento. La caratteristica più evidente è che le oscillazioni di prezzo più recenti sono comprese all’interno della banda 6,8 per cento, mentre in passato la volatilità ha abbondantemente superato numerose volte la barriera del 10 per cento, verso l’alto o verso il basso.

Il tempo delle grandi crisi

Nel grafico sono identificabili le grandi crisi. La prima è legata alla prima guerra del Golfo, dal 2 agosto 1990 (invasione del Kuwait da parte dell’Iraq) fino al 28 febbraio 1991, giorno in cui il presidente Usa George Bush dichiarò terminate le ostilità. Il momento della massima riduzione percentuale del prezzo del petrolio (oltre il 35 per cento) corrisponde al 17 gennaio 1991, quando, poco dopo la scadenza dell’ultimatum dell’Onu all’Iraq, una pioggia di bombe e missili si abbatté su Baghdad, Bassora e molte altre città irachene.

La seconda crisi riguarda la guerra in Afghanistan, iniziata il 7 ottobre 2001 con l’invasione del territorio controllato dai talebani da parte dei gruppi afghani dell’Alleanza del Nord, appoggiati da Stati Uniti e Nato. Il 24 settembre 2001 la riduzione del prezzo del petrolio raggiunse il 20 per cento.

La terza e ultima crisi parte dall’agosto del 2008 e continua fino alla fine dell’anno. In quel periodo il prezzo del petrolio registrò oscillazioni di segno più o meno vicine al 20 per cento, Lehman Brothers dichiarò la bancarotta e tutti gli indici borsistici mondiali caddero arrivando mediamente sui livelli della fine del ventesimo secolo.

E oggi?

Rispetto a questi accadimenti, la volatilità delle ultime settimane è davvero poca cosa in termini numerici. Negli ultimi tre mesi l’oscillazione tra un giorno e quello successivo non ha mai raggiunto l’8 per cento. Si tratta di una crisi di “nervosismo” del mercato, non di un fenomeno collegato a qualche fatto specifico come nei casi prima descritti. Le recenti tensioni internazionali, molto più che la crisi del sistema bancario o i subprime, hanno preoccupato il mercato, attivando un “mare” di incertezza che le nuove generazioni occidentali hanno – per fortuna – navigato assai poco negli ultimi decenni. Ne I figli del capitano Grant di Jules Verne la domanda che si pongono gli uomini del Duncan per poter salvare i naufraghi del Britannia è “che cosa è accaduto in passato?”: infatti «Essi [i marinai del Duncan] devono scoprire che cosa è avvenuto nel passato per decidere che cosa fare nel presente».

La stessa domanda che dovremmo farci tutti i giorni leggendo e interpretando questi fenomeni.

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