Lo scafista, il comodo bersaglio da odiare
di Aldo Sofia
Ecco finalmente identificato il bersaglio. Lo scafista. Il mostro che amiamo odiare. Ce n’è motivo, naturalmente. È il nuovo carnefice, lo schiavista moderno, il taglieggiatore senza scrupoli, il commerciante di morte. Cinico, violento, vile. Gli ultimi due, arrestati a Catania, accusati della strage più grande nelle acque del Canale di Sicilia (700, 800, 900 morti, ancora non si sa e non si saprà mai), sembrano addirittura “perfetti” nella rappresentazione di una malvagità senza fine.
C’è una loro istantanea, scattata mentre approdano nascosti e camuffati fra i pochi sopravvissuti con gli occhi ancora sbarrati dal dolore e dall’orrore, un’istantanea che sembra un ritratto della banalità del male. Volti sereni e rilassati, smorfie che sembrano sorrisi, attrezzati giubbotti anti-vento, uno interamente avvolto da una tuta bianca, addirittura elegante. Eppure sono loro che hanno selezionati i ‘viaggiatori di seconda classe’ (quelli che avevano pagato meno), li hanno spinti a centinaia nella stiva sovraffollata, hanno chiuso catene e lucchetti affinché uomini donne e bambini non potessero uscirne, e infatti adesso sono tutti in fondo al mare. Raccontano inoltre i testimoni che i due improvvisati “skipper della morte” fossero ubriachi e “fumati”, oltre che inesperti, tanto da andare a sbattere contro il mercantile che portava soccorso, provocando l’ecatombe. Infine, come se non bastasse, Mohammed è tunisino, Mahmud siriano: ma come, un figlio della primavera araba e un sopravvissuto alla carneficina siriana, che invece di ringraziare il cielo si trasformano in carnefici?!
Sì, gente perfetta per essere sinceramente e comprensibilmente detestata. Ma perfetta, anche, per fornire ai leader di un’Unione europea finora impotente, indifferente, e ora apparentemente scossa nel suo torpore, perfetta per individuare il bersaglio da mettere nel mirino. Bombardare dai cieli della Libia scafi e scafisti per evitare altre tragedie del mare: innanzitutto per salvare la vita dei profughi (Junker dixit), mica per tenerli il più possibile lontani dalle coste continentali. Non si sa chi, non si sa come, con precisione non si sa nemmeno dove, e nemmeno gli sguardi basiti di parecchi ufficiali e specialisti militari sembra possano bastare a far riflettere sulla cosiddetta “opzione militare”. I “governi” libici (sono almeno due) hanno già condannato l’ipotesi dei bombardamenti. E si attendono risposte a domande elementari. Per esempio: che fare se i mercanti di esseri umani decidono di non concentrare le loro vittime nei fetidi lager dove sono costretti ad aspettare mesi prima di potersi imbarcare, e li dovessero posteggiare direttamente sulle carrette dei mari? I droni saranno abbastanza intelligenti per “capire”? Centinaia di vittime collaterali da fuoco amico, dal Pakistan all’Afghanistan, non lasciano molto tranquilli.
Comunque, ora l’importante è di aver intercettato il bersaglio perfetto. Spendibile, popolare, condiviso, comodo. Tutto il resto? Può attendere, non c’è urgenza. Con la Libia che rimane la Libia caotica e ingovernabile, la fame che resta fame, le guerre che restano guerre, l’aiuto allo sviluppo che rimane a volte a livelli vergognosi (ma non vanno aiutati “a casa loro”?), le dittature che rimangono dittature, l’esodo di disperati che comunque continueranno a fuggire verso il mare, e che nelle varie tappe di questo infernale viaggio della speranza verranno depredati, picchiati, imprigionati, violentati (nel silenzio e nell’indifferenza generale, proprio come ai bei tempi del rimpianto Gheddafi). Nemmeno il trattato di Dublino (sempre più assurdo) cambierà; il progetto di quote per gli immigrati da distribuire fra 28 paesi dell’UE rimarrà nel cassetto; aumenteranno i fondi per l’operazione “Triton” per la quale tutta l’Europa spenderà comunque meno dei 10 milioni al mese della missione italiana “Mare Nostrum”; e di un “corridoio umanitario” nemmeno a parlarne.
Ma gli scafisti, quelli sì. A proposito, Roma ha annunciato che quelli prontamente individuati e arrestati negli ultimi anni sono stati un migliaio. Ma sapete quanti sono stati gli scafisti condannati e incarcerati? Appena una ventina.
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