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La pelle dell’orso

di Gino Ceschina

È primavera, le giornate son più lunghe, gli uccellini cinguettano e gli animali selvatici si svegliano dal letargo. Il che non sarebbe un problema, se non fosse che a svegliarsi c’è anche un animale il cui grado di simpatia è direttamente proporzionale alla distanza a cui si tiene da te: l’orso.

Vivi a Pantelleria? L’orso è un buffo animale che ama il miele, induce alle coccole ed è presumibilmente affettuoso, visto che tutti ci fanno dei peluche.

Vivi in Valtellina, Val Poschiavo o Tirolo? È un feroce predatore assetato di sangue e pronto a sbranare tutto quello che respira. E che ti ha in antipatia fin da piccolo.

Di fatto, ogni anno nella zona c’è un orso che diventa più famoso di Yoghi, Koda e Winnie the Pooh messi assieme.

La scorsa estate era toccato ad M13 scatenare dibattiti, confronti, finanche insulti sui social network. Una vera star: fiumi d’inchiostro, maree di byte. Alla fine, le autorità grigionesi, stufe di essere interpellate giorno e notte, con la scusa di una pecora sbranata lo definirono problematico e in mancanza di psichiatri per plantigradi, lo fecero secco.

A-ri-dibattiti, insulti, fiumi di byte, ovviamente.

Poi arriva l’inverno, tutto si sopisce e tutti tornano a preoccuparsi del cambio delle gomme e del costo del gasolio.

Ma non dura. Altra primavera, altro orso frontaliere. Ecco a voi M25. Un altro giovane maschio (vecchi di sto passo si fa fatica a diventare) che vaga sempre nella stessa zona, senza disdegnare l’Austria, e che nel giro di un mese si è già mangiato una dozzina di pecore, e due asini.

Non è problematico, però. Non ancora, almeno. Sarà che i grigionesi ne han sentite tante l’ultima volta che ora tentennano. Forse sperano che torni in Italia, che se ne vada in Austria.

E mentre il WWF lancia una petizione e la Provincia di Sondrio chiede un tavolo di coordinamento transazionale, M25 rischia di diventare peggio di un immigrato clandestino senza passaporto: tutti lo vogliono salvare, ma nessuno se lo vuole tenere.

Il rischio è che succeda l’inverso del noto proverbio: la pelle gliela faranno, ma nessuno la rivend(ich)erà.

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