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L’inchino della processione al boss mafioso, e la scomunica di Papa Francesco

Un'immagine della processione di Oppido Mamertina ansa

di Aldo Sofia

C’è dunque “inchino” e “inchino”.

C’è quello, sciagurato, della nave Concordia, che l’incosciente comandante Francesco Schettino porta a sbattere contro la punta tagliente di scoglio davanti all’isola del Giglio, con la morte di 32 passeggeri lasciati a sé stessi. E ora si scopre che c’è anche il vergognoso “inchino” al boss mafioso (ergastolano ai domiciliari per motivi di salute) durante una processione religiosa nella cittadina calabrese di Oppido Mamertina.

Probabilmente non è un caso. L’omaggio al capo-clan cade pochi giorni dopo le inequivocabili parole di papa Francesco. Era il 21 giugno. E, alla Piana di Sibari, ultima tappa della visita di Bergoglio in Calabria, lanciò il suo anatema: “I mafiosi sono scomunicati”. Andando così oltre le invocazioni dei suoi due predecessori, che invocavano il pentimento dei malavitosi. La replica di questi ultimi è quasi immediata. Duecento n’dranghetisti “ospiti” della prigione ad alta sicurezza di Larino mandano a dire al cappellano del carcere che non si presenteranno alla messa della domenica: che ci veniamo a fare se il papa ci scomunica?”.

Film, fotografie, letteratura ci hanno da tempo detto come al mafioso piaccia accreditarsi come uomo di Chiesa. Pio, praticante, caritatevole. “Tutto casa e famiglia”, amano definirsi i padrini, gli uomini di panza, e naturalmente quelli della manovalanza violenta.

Così sono numerosi i boss che, negli anni, si sono fatti ritrarre, in modo sfacciatamente ostentato, con i preti di paese, davanti alle chiese, dentro (appunto) a una di quelle processioni che in molte parti del Sud Italia combinano fede religiosa, superstizione, semplice festa paesana. E l’istantanea più celebre è quella di Genco Russo, potente capo-mafia, e politico democristiano, che negli Anni Cinquanta si fa ritrarre ai piedi della Madonna dei Miracoli, portata in processione nelle strade della città da lui “controllata”, Mussomeli.

Quanti altri “inchini”, dunque, sono state obbligate a eseguire le colorite processioni nei territori controllati in gran parte delle organizzazioni criminali? Non si contano. Perché – là dove latita la legalità – percorso, tappe, soste e personaggi da “omaggiare” vengono spesso scelti personalmente dagli uomini dei boss locali. Nella generale indifferenza.

Se invece ha fatto scandalo l”inchino” di Oppido Mamertina, è proprio perché è sembrato una aperta sfida alla scomunica del pontefice argentino. Che probabilmente e indirettamente ha voluto anche denunciare, e spezzare, una certa complicità, o quantomeno una inerte condiscendenza, che nelle terre di mafia la Chiesa locale ha troppo spesso mostrato nei confronti del violento “ordine malavitoso”.

Soprattutto in tempi recenti, ci sono tuttavia stati anche preti che hanno vinto la paura e che hanno pagato con la vita la rivolta pubblica e morale contro i boss. E c’è davvero da sperare che in futuro certi “inchini” siano dedicati soltanto a loro: spesso eroi dimenticati.

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