Salario minimo a 3400 franchi, chi “è troppo” e chi poco
La proposta di legge del governo ticinese per salari minimi attorno ai 3400 franchi non mette per nulla d'accordo padronato e sindacati. Il settimanale 'Falò' ha quindi deciso di approfondire: chi sono i lavoratori interessati? Quanto guadagnano ora? Cosa rischiano gli imprenditori?
Nel giugno del 2015, i ticinesi hanno approvato alle urne l’iniziativa popolare “Salviamo il lavoro in Ticino”. Poco più di due anni dopo, nel novembre scorso, il Consiglio di Stato presenta la sua proposta d’applicazione.
Il salario minimo sarebbe compreso tra 18,75 franchi e 19,25 l’ora, a seconda del settore economico. Ovvero uno stipendio mensile tra 3372 e 3462 franchi lordi per un tempo pieno.
Il passaggio in Parlamento non sarà semplice: il padronato ritiene ci siano aziende che, se costrette a concedere tali stipendi, saranno costrette a ristrutturare o chiudere; i sindacati stimano invece che tale salario sia sotto la soglia assistenziale.
Il primo servizio di FalòCollegamento esterno, ‘Benedetto, maledetto salario minimo’, racconta da una parte le storie di lavoratori costretti a rifiutare (ma talvolta accettare) salari “da fame”, dall’altra degli imprenditori che ritengono di non poter mantenere le aziende in Ticino (o lo stesso numero di addetti) se il salario del personale non qualificato fosse innalzato.
‘La frontiera del dumping’ mette invece sotto la lente un settore preciso, quello delle spedizioni e della logistica, dove salari sotto i 3000 franchi mensili sono diffusi. Parte delle ditte ha firmato un mese fa un nuovo contratto di lavoro, ma altre hanno voluto restarne fuori.
Ospiti in studio Fabio Regazzi, presidente dell’Associazione industrie ticinesi AITI, e Giangiorgio Gargantini, sindacalista di Unia.
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