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Il compagno Bertinotti, dal “Capitale” al popolo ciellino

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di Aldo Sofia

Da tempo amava citare Sant’Agostino, che fra l’altro disse: “il mondo è un libro, e chi non viaggia legge soltanto una pagina”. Ebbene, Fausto Bertinotti l’ha preso più che alla lettera. I “viaggi” politici dell’ex segretario del Partito comunista italiano sono lunghi, tortuosi, fantasiosi fino alla provocazione. Fino ad arrivare, oggi, sull’altra sponda, a Comunione e Liberazione, il movimento religioso fondato da don Luigi Giussani. “In CL ho trovato un popolo”, ha detto di recente, aggiungendo che intanto il movimento operaio e la sinistra politica sono morti, perché immemori della lezione di Gramsci: per il quale “l’intellettuale può pensare di rappresentare il popolo soltanto se con quest’ultimo vi è quella che lui chiamava ‘una connessione sentimentale’. E lì, in Comunione e Liberazione, l’ho trovata”.

Dunque da Karl Marx – “ma rimango un marxista non pentito”, ha detto di sé – fino alla Chiesa di papa Francesco, di cui assicura di amare la radicalità, l’ex “kompagno” Fausto affronta l’ennesima svolta. Non del tutto imprevista. Da anni, ormai, maturava il suo rapporto con CL. Fortificato dall’incontro con il successore di Giussani, lo spagnolo Juliàn Carron, che in questi giorni lo invita spesso alle presentazioni del suo ultimo libro, “La bellezza disarmata”. Che nella sinistra italiana vi siano sempre stati riferimenti (anche forzati) ai valori predicati nei Vangeli per accostarli a quelli del Capitale é un dato storicamente accertato. Ma stavolta la “conversione” viene accolta fra lazzi, e accuse di tradimento. Marco Rizzo, che lo ha sostituito alla testa di un PC ridotto a poche briciole elettorali, è il più caustico dei suoi ex compagni di strada: “dal 1994 la vita di Bertinotti è cambiata sulla base di un ideale che però si è fermato alla sua poltrona”.

“Compagno cachemire”, di un’eleganza poco rappresentativa delle tute operaie, l’inconfodibile “r” moscia, protagonista di innumerevoli comparaste televisive, affabulatore come pochi (irresistibile l’imitazione che ne fece Corrado Guzzanti), chiamato anche il “Bertinights” per l’appassionata frequentazione notturna dei salotti romani, al tramonto della sinistra il “Bertaiha fornito il suo personale contributo. Per non parlare dei pesanti e suicidi voltafaccia politici, due volte affossatore dei governi Prodi puntualmente sostituito da Berlusconi; mentre si disse che ad un impegnativo incarico di governo (che gli avrebbe reso più problematica la uforiuscita) avesse preferito la comoda presidenza della Camera, con poltrona garantita per un’intera legislatura.

Naturalmente, quando si riferisce al “popolo ciellino” Bertinotti sa di smarcarsi così dai leader politici del movimento, tutti supporter e alleati della destra berlusconiana, e taluni finiti, come il “celeste” Formigoni, negli scandali lombardi e nelle inchieste giudiziarie. Tutto ciò, insomma, che fece amaramente dire a Juliàn Carron, in una coraggiosa lettera pubblicata sul Corriere della Sera, “sono stato invaso da un dolore indicibile dal vedere cosa abbiamo fatto della grazia che abbiamo ricevuto”: al che l’indagato Formigoni twittò il suo filiale ringraziamento, assicurando che quelle parole risultavano esemplari per “purificarsi e ripartire”.

Non é una conversione, non mi sento folgorato dalla fede religiosa, assicura Bertinotti. Che comunque, abbracciando la platea di Comunione e Liberazione, torna a suo modo sulla scena. Come da tempo non gli accadeva. Non è uno che ami rimanere troppo a lungo in un cono d’ombra. Umana debolezza. Del resto, sempre Sant’Agostino chiedeva al buon Dio di dargli la grazia della castità e della continenza: “ma non subito”, precisava.

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