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Hong Kong, il miraggio della democrazia e l’ombra della Cina

Carta di Laura Canali

di Giorgio Cuscito (Limes)

A Hong Kong, centinaia di migliaia di persone hanno manifestatoCollegamento esterno contro il governo di Pechino in occasione del diciassettesimo anniversario della restituzione dell’ex colonia britannica alla Repubblica Popolare Cinese (1 luglio 1997). Alla base delle manifestazioni che annualmente si svolgono in questo periodo vi è la richiesta di parte della popolazione di eleggere direttamente l’esecutivo e il legislativo, “obiettivo finale” della Basic Law, il testo quasi-costituzionale del “Porto profumato” – questo significa il suo nome in cinese.

L’ex colonia britannica, oggi Regione autonoma speciale di Hong Kong (Hksar, che include l’isola di omonima, Kowloon, l’isola di Lantau e i Nuovi Territori) e una delle più importanti piazze finanziarie al mondo, gode di una serie di privilegi politici, sociali ed economici che la Cina continentale non ha. Tuttavia, il suo complesso sistema politico determina inevitabilmente un esecutivo fedele a Pechino. Ciò la rende una democrazia monca [approfondimento nel capitolo successivo].

Su concessione di Pechino, nel 2017Collegamento esterno gli hongkonghesi potrebbero eleggere a suffragio universale il Chief Executive (il capo del governo locale) tra una rosa di candidati selezionati da un “nominating committee”. Probabilmente la struttura favorirà i partiti locali vicini al governo centrale cinese. Per questo motivo, circa due settimane fa il movimento Occupy central with love and peaceCollegamento esterno ha organizzato un referendumCollegamento esterno per proporre un metodo di selezione genuinamente democratico. Il governo cinese ha considerato illegaleCollegamento esterno il procedimento. Inoltre, il sito Internet del referendum (si poteva votare anche sul Web) è stato colpito da alcuni attacchi cibernetici.

A inizio giugno, Pechino ha pubblicato un libro biancoCollegamento esterno per ricordare ai cittadini dell’ex colonia che “l’alto livello di autonomia di Hong Kong non è un potere intrinseco, dipende solo dall’autorizzazione data dal governo centrale”.

Questi eventi rendono la situazione nella Hksar particolarmente tesa.

Poche speranze di democratizzazione

Hong Kong ha un legislativo e un giudiziario autonomi, ma quattro fattori ostacolano la sua democratizzazione: il forte legame tra l’élite economica locale e il governo di Pechino; il meccanismo delle Functional Constituencies (Fc) e dell’Election Committee (Ec); il ruolo del comitato permanente del Congresso Nazionale del Partito come unico interprete della Basic Law; la radicata presenza del Partito comunista cinese nella regione.

In base alla formula yiguo liangzhi (un paese, due sistemi), che regola il rapporto tra Pechino e Hong Kong, nella regione il sistema capitalista e lo stile di vita precedente al 1997 devono essere mantenuti inalterati fino al 2047Collegamento esterno.

Ciò ha permesso al governo centrale di conquistare il consenso dell’élite economica, tycoon locali, liberi professionisti, proprietari terrieri e di quelle categorie lavorative che beneficiano del mantenimento dello status quo.

Il Legislative council (Legco, il parlamento locale) è composto da 60 membri, di cui 30 eletti in collegi elettorali a base distrettuale e 30 in collegi determinati in base all’occupazione professionale (Functional constituencies). Questo sistema, che assegna il diritto di voto anche alle persone giuridiche, ne fornisce uno addizionale a determinate categorie lavorative e valorizza il forte legame tra l’élite economica locale e il governo di Pechino.

L’Election committee ha il compito di eleggere il capo del governo. Su 1.200 membri che lo compongono, 900 sono esponenti dell’élite economica, di organizzazioni religiose e membri ex officio del governo cinese. I restanti 300 provengono dal Legco, dai Consigli distrettuali e dal Congresso nazionale del popolo della Repubblica popolare cinese. Il sistema fa sì che il Chief Executive sia sempre quello gradito alla Cina comunista.

Questa vuole che il “nominating committee” che dovrebbe determinare i nomi dei candidati per le prossime elezioni ricalchi la medesima struttura dell’Election committee. In tal caso, cambierebbe poco per gli abitanti dell’ex colonia, costretti a scegliere solo tra politici filo-Pechino.

Il Pcc non considera il suffragio universale come un mezzo per garantire la formazione di un sistema democratico in stile occidentale, ma una “procedura democratica” per stabilire il metodo di selezione dei candidati e di svolgimento delle elezioni. Ciò deriva dal fatto che, secondo Pechino, Cina e Occidente hanno una diversa concezioneCollegamento esterno di democrazia. Hong Kong vive in maniera diretta il confronto tra queste due dimensioni.

L’ombra di Pechino

Nel “Porto profumato”, il governo centrale cinese è rappresentato dal “Liaison Office of the Central People’s Government in the Hong Kong Special Administrative Region” e dal “Hong Kong and Macao Affairs Office of the State Council”. Il primo è responsabile delle relazioni con il presidio dell’Esercito popolare di liberazione a Hong Kong e con il commissario del ministero degli Esteri nella Hksar. Inoltre, agevola le relazioni con le aziende con sede nella Cina continentale, facilita gli scambi culturali, economici e favorisce la cooperazione con il governo centrale. Il secondo promuove il rispetto della Basic Law e delle politiche governative riguardanti la Hksar e supporta il primo ministro cinese nella gestione delle questioni riguardanti Hong Kong e nelle relazioni con il Chief Executive.

L’ex colonia britannica è caratterizzata da sistema multipartitico, ma il Partito comunista cinese (Pcc) non è presente ufficialmente. Per il Pcc, partecipare alla competizione elettorale significherebbe mettere in discussione il sistema monopartitico in vigore nel resto del paese. Dato che Hong Kong è autonoma anche sul piano giuridico, qui il governo centrale non può operare ufficialmente alcun tipo di censura. Perciò, per esempio, l’accesso a Internet è completamente libero.

Il Pcc opera segretamente attraverso il dipartimento Propaganda e, soprattutto, il dipartimento Fronte Unito. Il primo definisce le linee guida agli altri dipartimenti sull’immagine del Pcc. Il secondo stabilisce rapporti personali con intellettuali, manager, amministratori, tecnici e artisti non legati al Partito, e li persuade affinché ne appoggino le politiche. Secondo una fonte citata da Reuters, il Liaison office collaborerebbeCollegamento esterno a stretto contatto con il dipartimento Fronte Unito.

Grazie a questa struttura a due livelli (ufficiale e ufficioso), Pechino ha sviluppato nell’ex colonia britannica un articolato sistema di controllo e persuasione che coinvolge cultura, media, editoria, istruzione eccetera. Ciò non deve sorprendere. In epoca colonia Hong Kong è stata un importante terreno di scontro tra spie di tutto il mondoCollegamento esterno. E’ in quel periodo che il dipartimento Fronte Unito ha cominciato a operare per diffondere il sentimento patriottico tra gli hongkonghesi e agevolare la restituzione dell’ex colonia britannica alla Cina.

Hong Kong vs Shanghai

Parte dell’attenzione mediatica ricevuta dalle richieste democratiche di Hong Kong deriva dal suo ruolo d’importante hub finanziario e di porta d’accesso privilegiata al mercato cinese. Tuttavia, la competitività del “Porto profumato” sta lentamente diminuendo, in gran parte a causa dell’ascesa di Shenzhen, Guangzhou e, soprattutto, Shanghai. Il governo cinese vuole fare di quest’ultima – dove è stata avviata la creazione di una nuova Free trade zoneCollegamento esterno – la punta di diamante dell’economia dell’Impero del Centro.

Per Pechino, ridimensionare il ruolo internazionale di Hong Kong significa affievolire l’eco delle sue richieste democratiche all’estero e (cosa più importante) in Cina. In questo modo, il governo comunista potrebbe gestirle più agevolmente e impedire che inneschino proteste nel resto del paese.

Nonostante ciò, al 2047 manca molto, Hong Kong è ancora importante per l’economia cinese e Pechino non può impedire ai cittadini dell’ex colonia di esprimere il loro dissenso. Date le circostanze, è lecito aspettarsi che le manifestazioni nel “Porto profumato” diventino sempre più intense.

Per approfondire: Con la Free trade zone di Shanghai, la Cina vuole colpire Hong KongCollegamento esterno

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