Gli immunodepressi ai tempi del coronavirus
Quella del coronavirus è ormai una pandemia e tutti, o quasi, ora adottano le raccomandazioni dell'UFSP. Comportamenti che, per alcuni, fanno parte della quotidianità.
Non esistono dati sul numero esatto di persone affette da immunodeficienza in Svizzera. Solo statistiche che lasciano un ampio margine di interpretazione: stando al Centro Allergie Svizzera aha! “l’incidenza delle immunodeficienze non è nota con precisione. Secondo il tipo di difetto e l’origine, varia tra 1:10’000 e 1:500’000”.
Ma… chi sono le persone che soffrono di difetti immunitari? Questi disturbi possono essere sia di origine genetica, sia svilupparsi in seguito a infezioni come AIDS o morbillo, o ancora, come nel caso dei nostri interlocutori, durante o dopo alcune terapie a base di immunosoppressori, citostatici (chemioterapia), corticosteroidi, ecc.
Durante quella che in poco tempo è ormai stata definita una pandemia (malattia a trasmissione rapida presente su tutti i continenti), proprio queste persone fanno parte delle categorie più a rischio. Loro stessi sanno proteggersi – forse meglio di chiunque altro grazie all’esperienza acquisita con la loro malattia – ma il problema risiede negli altri: in chi, come ci dicono Fabio e Roberto, si sente un supereroe (“Tanto a me il virus non fa niente!”), senza considerare che il contagio non è tanto pericoloso per loro, quanto per chi sta loro intorno.
La mancanza maggiore che si sente in questo momento, stando ad Andrea, Fabio e Roberto, è quella di responsabilità civile: chi, in baffo ai provvedimenti, esce di casa senza troppi scrupoli più volte al giorno, magari in gruppo, chi, in Francia, partecipa a raduni di Puffi da Guinness dei primati, chi compra mascherine e disinfettanti in preda al panico, non considerando chi di quelle mascherine ha veramente bisogno. Un’opinione condivisa anche da numerosi internauti…
La speranza, passato tutto, è che l’umanità impari la lezione: “Il passato dovrebbe insegnare: spero che la gente capisca che queste cose capitano – e capitano a noi. Spero che non succederà più, ma se dovesse succedere di nuovo, [auspico che] la gente adotti prima determinate misure”, dice Fabio. Più pessimisti, invece, Roberto – “Credo che alla fine di tutto questo rimarrà un po’ di timore (…) però credo che a lungo andare, se nei prossimi anni non ci sarà niente [di analogo] torneremo alle brutte abitudini di sempre” – e Andrea – “Se oltre 30 anni di HIV non hanno insegnato nulla alla popolazione mondiale (…), dubito che poche settimane di coronavirus possano insegnare qualcosa a qualcuno”.
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