Decapitate Generali e Luxottica: un danno per l’immagine italiana
di Salvatore Bragantini, Lavoce.info
Bruschi addii ai vertici di Generali e Luxottica; le cause sono oscure nel primo caso, chiare nel secondo, ma l’immagine italiana nel mondo ne soffre comunque.
Mario Greco, ad di Generali, dopo inconcludenti trattative sul rinnovo del mandato ha accettato l’offerta della concorrente Zurich; arrivato a Trieste tre anni fa, egli aveva lavorato bene risollevando il gruppo. Sui motivi dell’abbandono, nello stile generalizio, grava la nebbia. Per alcuni grandi azionisti Greco, uomo adatto alle ristrutturazioni e d’indole polemica, ha solo accettato un’offerta migliore, amen; il problema è che questa è arrivata proprio perché quella di Generali era poco attraente. A sentire i sussurri, forse qualche socio voleva metter le mani sulle proprietà immobiliari, forse Greco puntava ad una fusione che avrebbe diluito i grandi soci.
È incongrua la reazione del CdA, che ha attribuito le deleghe al presidente Gabriele Galateri, e affidato a un cacciatore di teste la ricerca del nuovo ad. La pentola è rimasta troppo sul fuoco, i cuochi avevano tutto il tempo, anche per pensare alla successione; perché una reazione così flebile e lenta? Ciò nuoce alla compagnia; gli amministratori dovrebbero curarsene, almeno quanto del patrimonio dei gruppi che li han designati. Le Generali non meritano questo stillicidio, che rischia di farci tornare agli anni dei maneggi opachi fra Parigi, Milano e Trieste, passando dal Lussemburgo.
La visibilità, così scarsa a Trieste, è invece perfetta ad Agordo, come si addice al leader mondiale nell’occhialeria; il panorama però è fosco. Leonardo Del Vecchio, presidente di Luxottica e suo controllante al 61%, è diventato un mito per i manager di molte imprese, decidendo di fare solo l’azionista e affidando la gestione non ai figli ma a dirigenti di provata abilità. Poi qualcosa s’è incrinato e Del Vecchio s’è messo a imitare tanti altri patron del genere “faso tuto mi”. Prima ha bruscamente “dimesso” Andrea Guerra, reo di aver manifestato qualche interesse per ruoli pubblici, poi ha scelto due dirigenti a lui noti da anni, Massimo Vian ed Enrico Cavatorta, come ad; un vertice a due teste doveva “meglio rispondere alla crescente complessità del Gruppo e alle dinamiche competitive globali”.
Dopo solo un mese però Cavatorta va via; resta Vian, cui Del Vecchio a gennaio 2015 affianca Adil Mehboob-Khan, strappato a suon di dobloni alla Procter & Gamble (da cui son transitati diversi amministratori di Luxottica). A quel punto le teste sono tre, dato che al presidente era (e resta tuttora) affidato “il compito di supervisione e indirizzo strategico dell’attività gestoria dei due Amministratori Delegati”. Ovviamente non funziona; dopo un anno pure Khan prende la porta, sempre ben remunerato, perché cacciato, come Guerra e Cavatorta. Ufficialmente Vian è ora ad unico, ma il vero numero uno è Del Vecchio; un presidente con deleghe è ben più di un ad, vista anche l’insistenza sulla necessità di un suo impegno almeno fino al ’17. Le ragioni addotte prima per la leadership duale sono diafane quanto quelle poi usate per revocarla. Il mantra passa ora dalla guida duale (o triplice) all’unità di comando. Ci si potrebbe chiedere quanto durerà questo, ma la vera domanda è un’altra: Del Vecchio non caccerebbe in tronco un boss così mutevole, che assume e licenzia gente a questo ritmo, con così friabili giustificazioni?
La relazione di Corporate Governance di Luxottica per il 2014, ultima disponibile, dà “Informazioni sull’attuazione delle previsioni del Codice di Autodisciplina”, ma non chiarisce se la società aderisce al Codice, o ritiene di rispettarne altrimenti la sostanza; soprattutto, essa elenca sì la catena di dimissioni, ma ignora cause ed effetti dei ripetuti rebalton al vertice. Neanche i tanti professionisti capaci e seri in CdA pare abbiano detto alcunché, né sui precedenti episodi del sequel agordino, né sul più recente (difficile che sia anche l’ultimo). A questo punto sarà solo un dettaglio, ma per il Codice di Autodisciplina i ruoli di presidente e ad vanno separati se l’impresa ha un azionista di controllo; tanto più quando è proprio costui a sommare i ruoli. La relazione sulla governance del ’15 si deciderà ad affrontare il tema, o continuerà a mettere la testa sotto la sabbia?
Una delle cause del sequel, scrive Il Sole 24 Ore, è l’importante ruolo in azienda di Francesco Milleri, amico e fidato consulente di Del Vecchio, che vuol farlo entrare in CdA; fino al prossimo rebalton. Serve poi tanto coraggio, per dire chiaro che in Luxottica gli ad non possono più fare il loro lavoro? Del Vecchio è un grande imprenditore, ma anche i grandi sbagliano; condotte così erratiche mettono a rischio i frutti di decenni di fantastico lavoro. Il metodo è pessimo, ma speriamo per Luxottica (e per il Paese) che la fortuna arrida benigna a chi così spensieratamente la provoca.
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