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Brasile: vecchie e nuove sfide per Dilma

Carta di Laura Canali tvsvizzera

Di Giorgio Cuscito (Limes)

Il Brasile ha deciso. Dilma Rousseff sarà presidenteCollegamento esterno per altri quattro anni. Con il 51.6% di voti, la leader del Partido dos Trabalhadores (Pt, centrosinistra) ha sconfitto al ballottaggio Aécio Neves, il candidato del centro Partido da Social Democracia Brasileira (Psdb, centrodestra). E’ la quarta elezione consecutiva vinta dal Pt, anche se il margine è il più ridotto nella storia elettorale del paese.

Dilma ha ottenuto il consenso degli Stati più poveriCollegamento esterno (il Brasile è una repubblica federale ndr) nel Nord e nel Nord-est, che sinora hanno beneficiato dei programmi sociali posti in essere dal suo partito sin dalla presidenza di Luiz Inácio Lula da Silva. Neves ha avuto la meglio negli Stati del Sud Est e dell’Ovest, (ma non a Rio de Janeiro). A San Paolo ha ottenuto il 64% dei voti.

Nel suo secondo mandato, Dilma dovrà fare i conti con i problemi economici che affliggono il Brasile già da qualche anno (scarsa crescita del pil, alta inflazione), un Congresso più conservatore, una popolazione scontenta e la richiesta di liberalizzazioni da parte delle imprese.

I problemi economici

Il Brasile è la prima economia dell’America Latina. Negli ultimi quindici anni, la crescita economica (legata soprattutto all’export di materie prime) e le politiche di assistenza sociale hanno consentito a milioni di brasiliani di non vivere più in condizioni di povertàCollegamento esterno e formare una nuova classe media.

Nel 2010, anno in cui Dilma è stata eletta per la prima volta, il tasso di crescita del pil era del 7.5%. Oggi il Brasile è in recessione. Il rallentamento economico degli ultimi anni è stato segnato da alta inflazione, bassi livelli di produttività e deprezzamento del real, la moneta brasiliana. Nel giugno 2013, mentre in Brasile si svolgeva la Confederations CupCollegamento esterno, l’aumento dei prezzi dei trasporti pubblici ha dato inizio alle proteste di parte della popolazione. Questa estate, invece, manifestazioni contro il governo sono state organizzate a causa delle ingenti somme di denaro spese per l’organizzazione della Coppa del mondo di calcioCollegamento esterno, che potevano essere investite nei settori economici in cui il Brasile oggi è carente. Protagonisti delle due proteste sono stati proprio gli esponenti della nuova classe media formatasi nel decennio scorso.

Un congresso conservatore

Il quadro politico brasiliano è complicato dall’esito delle elezioni congressuali.

Una parte del Congresso federale brasiliano è stata rinnovata e si è registrato l’ingresso di senatori e deputati di stampo conservatoreCollegamento esterno (tra cui anche ex membri delle forze dell’ordine, leader religiosi, antiabortisti e grandi proprietari terrieri). Questi rappresentano quella parte di popolazione che non ha partecipato alle menzionate proteste estive.

A ciò si aggiunge l’acuirsi della frammentazione partitica. Al parlamento, infatti, saranno presenti 28 formazioni (qui il Pt di Dilma ha perso 18 seggi) anziché 22, come in precedenza. Resteranno invariate le 16 del senato. Nonostante in Brasile l’esecutivo abbia un notevole potere decisionale, per gestire un Congresso di questo tipo Dilma dovrà sviluppare un piano politico articolato ed evitare l’ingovernabilità.

Il rilancio economico

La chiave di volta per Dilma è certamente il rilancio economico. A tal fine potrebbe essere necessario paradossalmente recuperare alcune delle proposte di Neves, come la minore ingerenza del governo nell’economia, l’indipendenza della Banca centrale dall’esecutivo (tema su cui Dilma si è dimostrata scettica), la riforma della burocrazia brasiliana eccetera. Pochi giorni dopo la sua rielezione, la presidente ha detto di essere disposta a sedersi al tavolo con gli uomini d’affari più importanti del paese per sentire le loro opinioni e discutere modifiche della politica economica. L’obiettivo è ottenere nuovamente la fiducia degli investitori e impedire l’abbassamento del ratingCollegamento esterno del paese. Dilma ha accennato a una riorganizzazione dell’oneroso sistema fiscale, ma al momento i dettagli scarseggiano e non ci sono informazioni precise su chi sarà nominato ministro delle Finanze.

Senza riforme strutturali, l’economia brasiliana potrebbe continuare a decrescere, mettendo a rischio anche gli stessi programmi sociali che hanno consentito a molti cittadini di uscire dalla soglia della povertà e al Pt di governare. In più, Dilma dovrà porre rimedio a problematiche come il grande divario tra ricchi e poveri, l’alto tasso di criminalità, l’inadeguatezza della rete d’infrastrutture e la corruzione diffusa a tutti i livelli della politica.

Le aspirazioni globali

La stabilità del Brasile può incidere anche sulle sue ambizioni in politica estera. Nel documentoCollegamento esterno in cui è esposto il programma per il secondo mandato, la Rousseff ha riassunto gli obiettivi di politica internazionale solo in una pagina e mezza, attribuendo la priorità ai rapporti con i paesi latinoamericani, poi a quelli africani (da qualche tempo Brasilia sta espandendo i suoi interessi nel Continente Nero), arabi e asiatici. Particolare rilevanza è stata data alla Cina, primo partner commerciale del paese lusofono, che importa da qui soprattutto ferro, soia e petrolio. La collaborazione tra i due paesi è proficua, ma il timore di parte della popolazione e dell’industria manifatturiera locale è che si trasformi in un rapporto in stile colonialeCollegamento esterno, basato sull’esportazione di risorse e sull’importazione di prodotti a medio-alto contenuto tecnologico. Le relazioni con gli UsaCollegamento esterno, affrontate successivamente, invece non sono delle migliori da quando, nell’ambito dello scandalo DatagateCollegamento esterno, è stato appurato che il Brasile è il paese dell’America Latina più spiato dall’intelligence statunitense. Al punto che Dilma nell’ottobre del 2013 ha cancellato la visita di Stato negli Usa.

Le probabilità che durante il nuovo mandato la distanza sia completamente colmata paiono scarse. Del resto, il graduale allontanamento da Washington è frutto anche del desiderio di Brasilia di affermarsi come potenza regionale e globale, dotata di una propria agenda. In tale direzione vanno gli sforzi nei Brics (che comprendono anche Russia, India, Cina e Sudafrica), e gli appelli alla riforma delle istituzioni internazionali, dal Consiglio di sicurezzaCollegamento esterno dell’Onu a Banca mondiale e Fondo monetario internazionale.

Eppure l’impegno in tali ambiti non ha prodotto sinora i risultati sperati. Rilanciare l’economia brasiliana pare indispensabile non solo per conferire stabilità al paese, ma per dargli la possibilità di trasformarsi da “potenza nella periferia” a potenza globale.

Per approfondire: BrasilianaCollegamento esterno

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