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Berlusconi al tramonto? Ma intanto l’azienda di famiglia va all’attacco

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di Aldo Sofia

Da tempo gli ha girato le spalle, ricambiato, e oggi Vittorio Sgarbi sull’ex cav si permette una pesante ironia : “L’operazione é sbagliata perché limita la concorrenza e penalizza gli autori, però non vedo problemi rispetto alle possibili ingerenze culturali di Berlusconi: quando andava a casa sua trovavo regolarmente i libri nel “cellophane”. Ma, sarcasmo a parte, la possibilità che Mondadori (guidata dalla figlia Marina) acquisti una parte di Rizzoli creando un gigante in grado di controllare circa il 40 per cento del mercato italiano del libro rigonfia le vele delle polemiche. Dopo il quasi-monopolio sulle tv private, un Berlusconi monopolista anche nel settore culturale? E, come se non bastasse, ecco in contemporanea l’OPA su RaiWay, le “torri” che gestiscono la distribuzione dei programmi dell’azienda pubblica. Quanto basta per rianimare i sospetti sul Nazareno, il patto con Renzi, ufficialmente sepolto ma forse non troppo.

Certo, é vero che nel primo caso l’offerta di acquisto non é venuto da Arcore, ma in pratica dalla stessa RCS (gruppo Rizzoli-Corriere della Sera). Chiaro il motivo: un cappio da 500 milioni di debiti che rischia di strangolare il gruppo. Per far cassa, RCS ha venduto fra l’altro anche la storica sede di Via Solferino con una operazione assai controversa, 120 milioni incassati mentre circolavano valutazioni di quasi il doppio. Nulla é però servito per ripianare un bilancio in profondo rosso, provocato fra l’altro da un “sanguinoso” shopping fatto in Spagna, l’acquisizione della società editrice “Recoletos” a un prezzo stellare. Il tutto appesantito da un azionariato disomogeneo e rissoso, testimoniato dalla rissa continua fra l’azionista di maggioranza Agnelli e il contestatore Diego della Valle. Un autentico guazzabuglio.

I più preoccupati sono naturalmente gli scrittori. Pensavano che il grande nemico fosse “Amazon” (vendite superscontate on-line) e invece ecco il temuto colosso. In cinquanta hanno già firmato un manifesto di protesta. I loro timori sono stati così riassunti da Umberto Eco: il nuovo dominus assumerebbe un enorme potere contrattuale nei confronti degli autori, rischierebbe di penalizzare i gioielli della Rizzoli (che comprende Einaudi, Bompiani, Adelphi e altri ancora), potrebbe sviluppare una forte propensione censoria sulla scelta di autori e testi; renderebbe ancor meno credibili i già chiacchierati premi letterali, già condizionati dal potere delle case editrici: “agli occhi dei lettori non ingenui varrebbero quanto la pubblicità per far crescere i capelli”, l’autore de “Il nome della rosa”.

E poi l'”assalto” a RaiWay, con un’offerta di Mediaset che supera il miliardo di euro (anche se il governo assicura di non voler cedere la maggioranza). Qui l’iniziativa é stata tutta del “Biscione”, che negli scorsi giorni aveva fatto una specie di “spending review” per sistemare i conti e fare un po’ di liquidità. Ora si sa a cosa dovevano servire i relativi benefici, all’OPA sulla rete del segnale RAI. Che sarebbe solo la prima mossa per posizionare l’azienda in vista della nuova guerra del settore televisivo e della banda larga, che Renzi intende riformare.

Un “doppio passo” su libri e tv che probabilmente provocherebbe meno polemiche (le concentrazioni editoriali avvengono in tutto il mondo, e vi sono antiberlusconiani doc che pubblicano in società controllate da Segrate) se di mezzo non ci fosse di nuovo il leader di Forza Italia, insieme all’irrisolto problema del conflitto di interessi (irrisolto anche dalla sinistra al governo). L’uomo di Arcore sarà anche in difficoltà, le “olgettine”rischiano di provocargli altri guai giudiziari, non é più il leader indiscusso della destra, e il suo partito rischia addirittura un’OPA da parte del leghista-lepenista Salvini. E comunque se nel futuro politico della Penisola ci sarà di nuovo un Berlusconi, tutti scommettono che potrà essere soltanto la figlia Marina. Proprio lei, oggi alla guida di Mondadori e un domani, chissà, del pachiderma editoriale. “Una specie di Unione Sovietica rispetto alla Confederazione elvetica”, come l’ha beffardamente definito uno dei più noti agenti letterari del Bel Paese.

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