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Più controlli sui permessi per frontalieri e di soggiorno

Non c’è solo il casellario giudiziale a complicare la vita dei frontalieri. Anche la riorganizzazione, illustrata questa mattina a Bellinzona, dell’Ufficio cantonale della migrazione che porterà alla chiusura nei prossimi mesi delle sedi regionali di Agno, Locarno e Mendrisio rischia di creare qualche grattacapo di tipo burocratico ai lavoratori provenienti da oltre confine. E gli industriali ticinesi protestano contro queste misure.

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Nei piani del Dipartimento cantonale delle istituzioni (interni) si vuole concentrare le pratiche a Lugano e Bellinzona, con un risparmio previsto di 800’000 franchi, allo scopo di intensificare i controlli, in particolare nei confronti dei frontalieri.

I lavoratori pendolari italiani in futuro si rivolgeranno direttamente ai posti di polizia e non più agli uffici della migrazione e se vorranno aprire un’attività in Ticino dovranno sostenere un colloquio all’ufficio Nuove entrate di Lugano. Una procedura cui saranno sottoposti anche gli stranieri che vorranno richiedere un permesso di soggiorno (B) o dimora (L). Parallelamente il Cantone, è stato comunicato, intende promuovere la digitalizzazione di parte delle procedure.

La ristrutturazione del servizio ha però già provocato la dura reazione delle Industrie ticinesi (AITI), per bocca del suo direttore Stefano Modenini, che ha parlato senza peli sulla lingua di “atto di guerra volto ad affossare il mondo del lavoro” e di “ulteriore episodio di ostilità nei confronti dell’economia ticinese.

Per Stefano Modenini, che ha stigmatizzato la chiusura degli uffici regionali per stranieri e i ritardi nella concessione dei permessi B, la politica del dipartimento retto dal leghista Norman Gobbi costituisce un ostacolo alla competitività delle imprese cantonali. 

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