L’Expo Italo-Svizzera di Domodossola, storia di un mondo che non c’è più

Cent’anni fa nella città piemontese si teneva la prima Esposizione Italo-Svizzera. Una manifestazione che viene riproposta in settembre. Ma in un formato completamente diverso e senza espositori.
A rileggere le cronache dell’epoca e gli elenchi lunghissimi con i nomi degli espositori che presero parte alla prima Esposizione Agricola-Industriale Italo-Svizzera, sembra passato un secolo. E un secolo è passato davvero: il 16 agosto del 1925, nelle vie della città piemontese, veniva inaugurata una fiera che poi avrebbe assunto una cadenza venticinquennale. In questi giorni, a cent’anni di distanza, con quattro edizioni alle spalle e, soprattutto, in un mondo trasformato dalla Rivoluzione digitale di inizio millennio, Domodossola si prepara all’Esposizione Italo-Svizzera numero cinque.
“I tempi cambiano e la fiera, così com’era stata pensata nel passato, non ha più senso”, è il ragionamento che ha portato Domodossola a organizzare una Esposizione Italo-Svizzera senza espositori, priva cioè di stand e bancarelle. Il tentativo l’amministrazione comunale l’aveva fatto: ma le manifestazioni di interesse a partecipare all’evento come standisti erano state una decina appena. Troppo poche per pensare di allestire un’area espositiva: l’ultima volta, nel 2000 e in pieno clima new economy, gli espositori erano stati 417.
Alle origini dell’Esposizione Italo-Svizzera
L’idea dell’esposizione, si legge in un articolo pubblicato sull’Almanacco Storico Ossolano del 2000, risale al 1923 e venne lanciata sul giornale Il commercio ossolano dal direttore Agostino Sandretti, allora anche presidente della Federazione ossolana esercenti.
Erano anni in cui fiere ed esposizioni sorgevano con una certa frequenza, e lo dimostra il fatto che negli stessi mesi appuntamenti simili erano stati organizzati a Milano e anche nella più vicina Pallanza, sul lago Maggiore.

Così, nel giro di un paio di anni, si arrivò a costruire la prima Expo Italo-Svizzera, con la presenza di 252 espositori, di cui 60 ossolani, 38 svizzeri e 154 di altre province italiane: vi erano, per riprendere le parole del già citato articolo, “i ferramenta, gli albergatori, i peltrai italiani e svizzeri, i fornitori di bevande o solo di damigiane, apicultori e fabbricanti di macchine per diverse attività artigianali, tornitori in legno e orologiai, affermati artigiani del Cusio e del Biellese, chi espone ottomane e poltrone e chi i ferri artistici o i tessuti pregiati”. Oltre a loro, nomi noti come quelli dei liquoristi Strega di Benevento, i fratelli Branca, l’Acqua di Colonia, i Seiler albergatori di Zermatt, la Edison di Milano e la Società per Imprese elettriche Conti, famosa per le centrali idroelettriche in val d’Ossola.
Alla fine della prima edizione, cui presenziò anche il re Vittorio Emanuele III per la concomitante inaugurazione del monumento ai domesi caduti in guerra, parteciparono “22’469 visitatori paganti e 3’008 gratuiti”.
Il dopoguerra e il Sempione in miniatura
Non meno curiosa fu la prima edizione organizzata nel secondo dopoguerra. Nel 1950, come porta d’ingresso all’Esposizione venne costruita una facciata in pietra, alta sei metri e larga undici, che riproduceva l’imbocco della galleria del Sempione, con le due canne utilizzate dal pubblico per entrare e per uscire dall’area fieristica nella quale erano stati allestiti 187 stand: in 15 giorni di evento, i visitatori furono circa 60’000, con biglietti d’ingresso venduti al prezzo ordinario di 200 lire. Ricco fu anche il calendario di eventi sportivi, compresa una partita amichevole tra le squadre di calcio del Milan e del Locarno. Immancabili le gare ciclistiche, su strada e su pista allo stadio, alle quali presero parte fuoriclasse dell’epoca come Gino Bartali e Hugo Koblet, riporta un volume pubblicato in occasione dell’esposizione del 2000.

Nel 1975, con 293 stand, 200 espositori e una superficie attrezzata di 9500 metri quadrati, l’Expo accolse circa 50’000 visitatori: un altro successo, tanto che si pensò di accorciare l’attesa tra un’edizione e l’altra della manifestazione, istituendo una cadenza decennale, se non addirittura quinquennale. Alla fine, però, non se ne fece nulla: da quel 2000, quando gli organizzatori stamparono 100’000 biglietti d’ingresso e Domodossola, nei giorni dell’Esposizione, ospitò persino la selezione regionale delle finaliste di Miss Italia, è passato un altro quarto di secolo.
Il programma dell’evento del 2025 non è ancora stato presentato, ma il sindaco di Domodossola Lucio Pizzi anticipa che “la sera di venerdì 12 settembre si aprirà con un grande concerto in Collegiata. Poi, fino a domenica 21, ci saranno ogni giorno convegni ed eventi dedicati a mobilità, trasporti, cultura e turismo, oltre a una giornata centrale con la partecipazione delle istituzioni italiane e svizzere”. Nel calendario dell’Esposizione Italo-Svizzera rientra anche la mostra d’arte Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso, allestita a Palazzo San Francesco a Domodossola, già inaugurata e visitabile fino all’11 gennaio 2026.
>>> Il servizio sulla mostra e le considerazioni di Antonio D’Amico, curatore della mostra e direttore del Museo Bagatti Valsecchi di Milano

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