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Al confine italo-svizzero, posate tre pietre d’inciampo in onore dei partigiani

Craveggia
Le pietre d'inciampo ai Bagni di Craveggia. Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Nell'ottobre 1944, i Bagni di Craveggia, in Valle Onsernone, sono stati teatro di eventi tragici, ricordati ora in una cerimonia. Tra i presenti anche l'ex consigliera federale Ruth Dreifuss.

In ricordo dei partigiani italiani caduti al confine svizzero, il 12 agosto 2025, sono state posate tre pietre d’inciampo ai Bagni di Craveggia in Valle Onsernone.

L’iniziativa, promossa dal Gruppo per la Memoria 1943-1945Collegamento esterno in collaborazione con l’Associazione svizzera delle pietre d’inciampo, rappresenta la continuazione di un progetto memoriale iniziato un anno fa a BrissagoCollegamento esterno con la posa di altre quattro pietre per la famiglia Gruenberger, respinta dalle autorità elvetiche e deportata ad Auschwitz.

I tre nuovi omaggi sono stati deposti in onore di tre partigiani, vittime dei fascisti tra il 18 e 19 ottobre 1944, mentre cercavano di rifugiarsi in Svizzera dopo la disfatta della breve esperienza della Repubblica dell’Ossola.

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Federico Marescotti, comandante partigiano, fu ucciso sul colpo; Renzo Coen fu ferito e spirò due giorni dopo all’ospedale La Carità di Locarno; mentre Adriano Bianchi, gravemente ferito, sopravvisse all’attacco e raccontò poi quei drammatici giorni in un libro (Il ponte di Falmenta, edizioni Tararà).

Dopo l’offensiva dei nazifascisti a inizio ottobre che aveva posto fine ai 40 giorni dell’esperienza partigiana nell’Ossola, migliaia di persone cercarono di varcare il confine.

Un gruppo di partigiani venne sorpreso nella zona dei Bagni di Craveggia da fascisti della Decima Mas Battaglione Castagnacci mentre attendeva l’autorizzazione per entrare in territorio svizzero. Le forze fasciste aprirono il fuoco in prossimità del confine, causando morti e feriti.

>>> In questo nostro servizio d’archivio, lo storico Vasco Gamboni ripercorre la storia dei Bagni di Craveggia ed evoca l’episodio avvenuto nell’ottobre 1944:

“Questo progetto memoriale – scrivono i promotori dell’iniziativa – sottolinea l’importanza di preservare la memoria storica e di tramandare alle nuove generazioni il ricordo di chi lottò contro il nazifascismo, spesso pagando il prezzo più alto per i propri ideali di libertà e giustizia”.

“Purtroppo, l’attualità in cui ci ritroviamo richiama alla memoria quel periodo”, ci racconta Raphael Rues, storico e membro del Gruppo per la memoria 1943-1945, studioso della presenza nazi-fascista in Ticino e in Nord Italia. “Quello che sta succedendo su vari fronti nel mondo è la storia stessa che si ripete, quindi queste tre pietre d’inciampo ricordano quei meccanismi di 80 anni fa, che restano però attuali”.

>>> Il servizio del Quotidiano sulla posa delle pietre d’inciampo con la testimonianza di Armando Ghisalberti, che all’epoca dei fatti era un giovane soldato dell’esercito svizzero:

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Umanità vs rigore

Nell’episodio della Valle Onsernone, il territorio svizzero ha rappresentato la salvezza almeno per Adriano Bianchi, unico dei tre partigiani italiani sopravvissuto. Ma Rues ricorda che molte persone sono anche state respinte, come avvenuto, per esempio, per la summenzionata famiglia Gruenberger a BrissagoCollegamento esterno.

O il caso molto più conosciuto della senatrice a vita Liliana Segre e della sua famiglia, respinti nel dicembre 1943 dalle guardie di confine svizzere ad Arzo.

>>> L’espulsione di Liliana Segre e della sua famiglia raccontata in questo documentario della RSI:

Altri sviluppi

“Nel contesto della Seconda Guerra mondiale, in Svizzera, abbiamo spesso dato priorità alternate all’aspetto umanitario e a quello più rigoroso, più procedurale. Quando prevaleva quest’ultimo, le persone venivano respinte senza se e senza ma. Nel caso dei Bagni di Craveggia, di Spruga, è chiaro che se la Svizzera non avesse permesso in quella decina di giorni che vanno dal 10 al 20 ottobre 1944 a 250 partigiani e perlomeno 300 civili di entrare in territorio elvetico da quell’unico valico, la maggior parte di quelle persone sarebbe stata uccisa o deportata in campi di lavoro e di concentramento”.

Ricostruzione dello scontro sul confine del 18-19.10.1944 fatta da Augusto Rima, protagonista dei fatti.
Ricostruzione dello scontro sul confine del 18-19.10.1944 fatta da Augusto Rima, protagonista dei fatti. insubricahistorica.ch

Furono in tutto circa 3’500-4’000 partigiani e 6’000 civili, di cui 1’500 bambini a trovare rifugio nella Confederazione e sopravvivere al conflitto mondiale, ricorda ancora lo storico.

“Omaggiamo anche a chi li ha sostenuti e aiutati”

Tra i presenti all’evento del 12 agosto scorso a Craveggia c’erano e alcuni membri della famiglia di Adriano Bianchi, oltre alla presidente dell’associazione Gruppo per la memoria a Brissago 1943-1945 Carolina Marcacci, Jakob Tanner dell’Associazione “Stolpersteine Schweiz” (Pietre d’inciampo Svizzera), il membro del Gruppo per la memoria Alex Grass, il sindaco di Onsernone Andri Kunz, la consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti e l’ex consigliera federale Ruth Dreifuss.

Quest’ultima ha insistito sulla necessità di ricordare la causa per la quale si batterono le vittime dello scontro a fuoco dei Bagni di Craveggia: “La loro storia si interseca con migliaia di storie analoghe. Rendiamo oggi omaggio anche a chi li ha sostenuti e aiutati, in Onsernone (in barba alle severe disposizioni di Berna in quei tempi di guerra) e nell’Ossola”.

Tra costoro, l’ex ministra ha citato Gaby Antognini, militante antifascista impegnata al fianco dei perseguitati. Ha poi fatto riferimento alla Convenzione di Ginevra, le cui regole vengono puntualmente calpestate, auspicando un maggior impegno del nostro Paese nel porre fine all’occupazione di Gaza. 

Siamo tutti coinvolti

“Vale la pena rievocare sempre questi avvenimenti perché la memoria storica può essere facilmente persa nel corso degli anni ed è importante ricordare”, continua ancora Raphael Rues.

“L’atteggiamento delle persone e le sensazioni, durante il periodo della Seconda Guerra mondiale, erano comunque molto diversi allora rispetto alla consapevolezza che c’è oggi. Complici anche le condizioni di vita più modeste in Ticino in quegli anni, c’era reticenza nel mostrarsi solidali, reticenza non solo verso le forze fasciste, ma anche nei confronti dei partigiani e dell’idea di accoglierli sul proprio territorio”, spiega lo storico.

Il benessere giunto negli anni seguenti, una certa distanza temporale e uno sguardo critico più obiettivo verso i fatti storici hanno poi permesso di condannare determinati avvenimenti con più fermezza, continua ancora Rues.  

“Porre queste pietre d’inciampo è importante perché permettono di piantare nella terra un fatto di cui è stata protagonista una regione intera. Fatti che – anche se in maniera diversa – hanno toccato entrambi i lati del confine. Che, ieri come oggi, ci coinvolgono tutti anche se a volte non ce ne rendiamo conto nell’immediato”, conclude lo storico.

L’11 novembre 2025, ricorda infine Rues, verrà inaugurata a Locarno una placca commemorativa per il personale ospedaliero che tanto ha fatto per i partigiani.

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