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I migranti minorenni come in un gioco dell’oca

Una migrante fa le treccine a un altra migrante nel centro d accoglienza della parrocchia di Rebbio, Como
Due migranti accolte dalla parrocchia di Rebbio, Como, in un'immagine d'archivio. Ti-Press

Bambini perquisiti, lasciati nudi davanti agli adulti, tra urla, calci e spinte. Trattati come merci deteriorate, buone solo per essere rispedite al mittente. Accade ai confini italiani, in quell’Europa dall’identità incerta pronta a respingere nonostante l’obbligo di garantire protezione. È la denuncia contenuta in un rapporto di Intersos.

Le autorità svizzere, francesi e austriache ricorrono sistematicamente alla riammissione in Italia di migranti minorenni, violando le leggi a loro tutela: dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, al codice delle frontiere Schengen, fino al regolamento europeo Dublino III. 

E poi la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, quella volta a tutelare il supremo interesse del minore: la legge più ratificata e più disattesa.

A denunciarlo è l’organizzazione umanitaria IntersosCollegamento esterno che, insieme a Open Society, ha condotto uno studio monitorando per mesi le frontiere italiane. 

Neppure un interprete o mediatore

“Abbiamo registrato sistematiche violazioni del diritto internazionale e delle norme a protezione dei minori non accompagnati commesse dai singoli Stati lungo il confine”, sottolinea Francesco Sinchetto, autore del rapporto che tvsvizzera.it ha esaminato in anteprima.

Emerge uno spaccato dove i bambini sono privati della possibilità di parlare con un interprete o un mediatore, di chiamare parenti cui potrebbero ricongiungersi o di presentare richiesta di asilo. 

Due guardie di confine interrompono il viaggio di tre migranti alla stazione ferroviaria di Chiasso.
Guardie di confine interrompono il viaggio di tre giovani migranti alla stazione di Chiasso. Immagine d’archivio. © KEYSTONE / TI-PRESS / FRANCESCA AGOSTA

Come in un gioco dell’oca sono costretti a tornare alla casella di partenza. Uno stallo che li priva di qualunque prospettiva.

Richieste d’asilo ignorate

Nei primi nove mesi del 2017, dal valico di Chiasso, sono state rimandate indietro 13.543 persone in attuazione di un accordo bilaterale firmato a Roma nel 1998 che prevede una procedura semplificata. 

Le autorità elvetiche sostengono di applicare la procedura solo a coloro che non intendono chiedere asilo (vedi box in basso), eppure l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ha registrato molti casi di minori riammessi nonostante la loro volontà di presentare domanda di protezione internazionale, dichiarata persino in forma scritta. 

Di certo pare illogico che dopo tanta sofferenze e fatica non vogliano esercitare un loro diritto e addirittura preferiscano ritornare in Italia per riprovare ancora a superare quel confine.

Respinti sulla “via più breve”

“La guardia è salita sul treno e ha chiesto i documenti a tutti noi” (neri, ndr). “Ho detto di avere 17 anni, ma non mi hanno creduto”. 

Mohammed, dopo aver visto uccidere la madre, è scappato dalla Somalia di Al Shabaab. Una volta arrivato a Como ha preso il treno, la via più breve e diretta per arrivare a Zurigo. “Ho visto i due punti, ho tirato una linea e sono andato dritto, mi sembrava la strada giusta”, ragiona. Ma le Guardie di Confine l’hanno ricacciato indietro. 

Brande (e teloni per separare i reparti) all interno del centro di accoglienza provvisoria per migranti a Rancate.
Agosto 2016. Allestito a Rancate un centro d’accoglienza per migranti che dopo una notte in Svizzera sono riammessi in Italia. © KEYSTONE / TI-PRESS / SAMUEL GOLAY

Ibrahim lo guarda con l’esperienza e la disperazione di chi c’è già passato. Ha sedici anni e un fratello che in Svizzera è titolare dello status di rifugiato. Lui è partito solo dall’Eritrea ed è la terza volta che prova ad attraversare il confine. Nulla da fare, tenterà ancora. 

Muri dappertutto

C’è chi si nasconde nei bagni, nelle intercapedini dei sedili, altri provano a piedi, con i passatori.

Qualcuno disperato s’è aggrappato persino al tetto del treno. A metà della galleria di Monte Olimpino, nel punto in cui i pantografi che alimentano la motrice passano dai 3mila ai 15mila volt, è rimasto però folgorato. 

Non c’è modo di passare, i controlli sono ferrei. Berna ha schierato anche droni e rilevatori termici. “Ci sono muri che non riesci a vedere, ma sono molto alti”, riflette Ibrahim. 

Soccorritori salgono sul tetto di un treno TiLO a Balerna. Un mirgante 20enne vi è rimasto folgorato.
27 febbraio 2017, Balerna. Intervento di soccorritori e polizia dopo la morte per folgorazione di un maliano di 20 anni. Viaggiava sul tetto di un treno regionale. © KEYSTONE / TI-PRESS / DAVIDE AGOSTA

E alla fine anche i ragazzini smettono di sognare. A quindici anni. Con un laccio della felpa e la corda della tuta.

La disobbedienza civile di una parlamentare

“La polizia svizzera dice che sta applicando i regolamenti, ma davanti alle leggi che non tutelano le persone ho scelto la disobbedienza civile”. Lisa Bosia Mirra, deputata al Gran Consiglio del Canton Ticino e presidente dell’associazione Firdaus, insieme ad altri volontari svizzeri e italiani, ha deciso di aiutare i ragazzi bloccati a Como ad attraversare il valico. 

È stata condannata in primo grado per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Cinquant’anni fa, il pastore valdese Guido Rivoir fece entrare illegalmente in Svizzera alcuni cileni in fuga dal neonato regime dittatoriale di Pinochet e fu assolto. 

“Il clima politico in Ticino ha influito nel creare un atteggiamento di ostilità”, evidenzia Bosia Mirra. Ora attende le motivazioni della condanna per presentare ricorso, ma di una cosa è certa: lo rifarebbe.

Perse le tracce di un minore su quattro

“Anche al di là di ogni considerazione formale e legale, non è difficile, osservando gli eventi, le procedure di verifica, le falle del sistema, le vessazioni arbitrarie, cadere preda di un senso di sconforto. Che colpa hanno questi ragazzi per meritare un trattamento del genere?” si chiede Schinetto di Intersos.

Sono oltre 62 mila i bambini soli arrivati in Italia negli ultimi sei anni. Tra quelli censiti uno su quattro non si trova più. Uno su tre nel 2017.

Giovani profughi sotto un viadotto, in coda per parlare con un operatore di INTERSOS a Ventimiglia.
Giovani profughi si consultano con un operatore di INTERSOS a Ventimiglia. INTERSOS

Scappano per raggiungere altri paesi europei, in molti casi per riunirsi ai familiari. Per altri la fuga è la conseguenza della interminabile lentezza delle procedure che li forza a muoversi verso il confine per allontanarsi dalla disperazione. 

A questo va aggiunta la decisione di interrompere il programma di relocation che ha portato, secondo Save the Children, più di 380 minori ad attendere ancora di essere ricollocati in altri paesi nelle condizioni ritenute migliori per loro dai tribunali dei minori. 

Costretti anche a vendersi per mangiare

Un blocco che significa abbandonarli nuovamente, costringendoli in molti casi a riaffidarsi ai trafficanti o a rischiare la propria vita pur di varcare i confini. E alla fine per alcuni la casa diventa la strada, infagottati sotto ai ponti, obbligati persino a vendere i propri corpi per mangiare. Invisibili. 

Coloro che transitano poi sono un ‘popolo di sommersi’, giuridicamente non contemplati e riconosciuti.

A Como, il centro nato come ‘campo di transito’ si è via via trasformato in un luogo dove restare molti mesi, tanto che “nonostante la normativa nazionale non consenta la creazione di centri al di fuori di quelli previsti, le persone ospitate sono munite persino di badge per entrare ed uscire”, contesta Intersos.

A Como è vietato essere poveri

Rispetto allo scorso anno il valico di Chiasso è meno battuto. I numeri si sono ridotti, ma all’ingresso dell’autosilo di Val Mulini ci sono ancora migranti senza fissa dimora fuoriusciti dall’accoglienza. 

Immagine dell autosilo val Mulini a Como. Al piano superiore, vetture. Sotto, sacchi a pelo e coperte dei migranti.
8 ottobre 2017. Accampamento all’autosilo Val Mulini di Como © KEYSTONE / TI-PRESS / FRANCESCA AGOSTA

Don Giusto Della Valle, il sacerdote reo di aver aperto i locali dell’oratorio ai giovani respinti, lo scorso Natale ha posto un dipinto della natività accanto alla scritta ‘questo è come un campo di concentramento’.

A Natale ,ovvero quando il sindaco Mario Landriscina ha emesso un’ordinanza che vieta ai senzatetto di bivaccare negli spazi pubblici. Si invocano questioni di decoro e di emergenza. 

Alla frontiera con la Francia

Anche a Ventimiglia la frontiera è sigillata, ma i bambini continuano a cercare di passare, percorrendo persino il ‘sentiero della morte’ che da Grimaldi alta arriva a Mentone. Di notte, quando si spera che i poliziotti siano di meno. 

La mattina molti tornano indietro, malconci, con le ginocchia sbucciate e i vestiti strappati. Sono quelli che non ce l’hanno fatta, ma che domani ci proveranno ancora.

Coperte, teli, cartoni e altri giacigli sotto un viadotto a Ventimiglia.
Giacigli sotto un viadotto a Ventimiglia. INTERSOS

Ife e Aisha hanno sedici anni, arrivano dall’Eritrea e cercano di evitare i sassi. Un balzo da una traversina all’altra lungo le rotaie. La polizia francese le ha appena cacciate. Con le scarpe tagliate così da non farle tornare più. In mano hanno solo un foglio, c’è scritto ‘refus d’entrée’. 

Ibrahim se ne sta seduto poco più in là, sul ciglio della strada. Rannicchiato, le mani a coprire gli occhi gonfi. Ha quindici anni e sogna di raggiungere la Germania dove vivono le zie. Ha tentato cinque volte, ma oggi è andata peggio.

Alcuni uomini in divisa gli hanno aperto la busta di plastica rovesciando la sua vita. Dopo qualche ora gli hanno riconsegnato l’unica cosa importante che gli rimaneva: il cellulare, ma senza la sim card con i contatti dei suoi familiari.

Nessuna struttura d’accoglienza

I bambini che ritornano vengono ospitati in un campo gestito dalla Croce Rossa. È per adulti, ma ha dovuto aprire le porte anche a loro, nonostante la legge italiana lo vieti. 

Molte organizzazioni, da Unicef a Oxfam, hanno espresso forte preoccupazione per la situazione e ai primi di dicembre hanno scritto al prefetto di Imperia chiedendo l’apertura di una struttura ricettiva temporanea per i minori stranieri non accompagnati, a più di quattro mesi dalla sospensione dei lavori decisa in seguito alla contestazione di alcuni cittadini.

Un materasso, un sacco a pelo e delle coperte sui sassi lungo un fiume a Ventimiglia.
Lungo il fiume Roja a Ventimiglia. INTERSOS

Gli altri, quelli che sono al di fuori del sistema di accoglienza, vivono sulle sponde del fiume Roja, in ripari di fortuna, privi di riscaldamento e di servizi igienici, senza accesso all’acqua potabile e al cibo, esposti ad abusi e violenze. Tra loro ragazzine, vittime di violenze sessuali, alcune delle quali con figli piccoli.

Il pericoloso varco di Bardonecchia

La Francia invoca l’emergenza e di proroga in proroga continua a tenere le frontiere chiuse. E allora si tenta più a nord. Da Bardonecchia.

La nuova rotta è indicata dagli amici, in una chat di WhatsApp c’è il link alla mappa per arrivare qui. Qui dove nevica e alla stazione dei treni appena scendi c’è il cartello ‘pericolo’ perché attraversare le Alpi nel pieno dell’inverno può costare la vita. 

Salvati dalla “legge della montagna”

I pantaloni uno sopra l’altro, le scarpe di tela e la neve che non hai mai visto. In marcia sul ciglio della strada, su per il valico del colle della Scala a oltre 1.700 metri. La Francia è lì vicina, tra piste battute da sciatori spensierati e metri di neve fresca da superare. 

Nella tormenta provano ad attraversare il confine, come ne ‘Il cammino della speranza’ di Pietro Germi. Era il 1950 e i migranti eravamo noi italiani. La legge francese li respinge, ma quella della montagna impone di salvare le persone in difficoltà e in mezzo alle valli s’è creata una rete di persone solidali, da una parte all’altra del confine.

Al confine con l’Austria

Le Alpi, ultimo ostacolo da superare. Più a est, a Bolzano e al Brennero, le condizioni si sono fatte critiche dopo i respingimenti dall’Austria. Molti hanno scelto vie rischiose per eludere i controlli. 

Immagine di un divieto d accesso e di un cartello indicante il confine tra Austria e Italia al Brennero.
Keystone

Chi non riesce con il treno o il pullman tenta di prendere accordi di fronte al piazzale della stazione. Il prezzo va dai 200 agli 800 euro, a seconda della nazionalità: per gli africani le cifre più basse, perché hanno meno soldi, di più per iracheni e siriani. 

E poi c’è chi, come Anthony, lo ritrovi raggomitolato in un anfratto. Ha rischiato di morire congelato. A cinque anni, su un treno merci dell’Europa unita.

Sequestro degli oggetti di valore

La Polizia austriaca, come più volte segnalato da parte di migranti e associazioni, applica a tutti indistintamente la sanzione amministrativa per ingresso irregolare. L’importo varia di volta in volta: da 100 sino a 700 euro. 

Per chi non ha soldi, rivela il rapporto Intersos: “procede al sequestro di oggetti di valore, fra cui i telefoni cellulari, tenuti in garanzia sino al pagamento dell’importo”. Segue identificazione, acquisizione delle impronte digitali e rinvio forzato in Italia, senza alcun documento che lo attesti. E senza che nessuno lo spieghi.

La nuova “giungla”

Ragazzini trattati come adulti, costretti a trovare rifugio dentro a capanne fatte di scatoloni a Pordenone e nel pieno centro di Gorizia. Sopra svetta il castello della città, sotto nel buco della galleria chi non si vuol vedere. 

Lungo le rive del fiume più a est della Penisola, l’Isonzo, tra le sterpaglie, s’è creato un accampamento che tutti ormai chiamano jungle. 

Il confine memoria di sangue e guerra diventa destinazione finale di un lungo viaggio forzato e i reticoli di filo spinato condannano i bambini ad un approdo senza futuro. 

Il Corpo delle guardie di confine svizzero respinge le accuse

In una presa di posizione inviata a tvsvizzera.it, l’Amministrazione federale delle dogane (AFD) respinge categoricamente le accuse.

“I migranti che vogliono entrare in Svizzera o attraversarla e che non soddisfano i requisiti dell’articolo 5 della Legge sugli stranieriCollegamento esterno, sono rinviati dal Corpo delle guardie di confine all’Italia, sulla base dell’accordo di riammissione del 2000″. Le persone che chiedono asilo o domandano protezione sono invece prese in consegna dal centro di procedura e di registrazione della Segretaria di Stato della migrazione (SEM). “Questa regola vale anche per i minorenni”, sottolinea l’AFD.

“I minorenni necessitano di una protezione particolare. Il Corpo delle guardie di confine è cosciente di questa responsabilità e la prende sul serio. Per questo i migranti minorenni sono sempre accompagnati e assistiti fino a quando non vengono consegnati a un’altra autorità. Particolare attenzione viene prestata alle persone vulnerabili”. Negli scorsi mesi – rileva l’AFD – a Chiasso e a Briga sono stati allestiti spazi separati per queste persone, in particolare i bambini.

“I migranti vengono intervistati personalmente per chiarire quali sono le loro intenzioni. La comunicazione avviene in modo semplice, ma comprensibile e sufficiente per capire le loro intenzioni. Se ciò non è possibile, si comunica anche coi gesti e vengono utilizzati dei pittogrammi per la comprensione. Il Corpo delle guardie di confine ha molta esperienza nel trattare coi migranti e non è un problema riconoscere le loro intenzioni. Le interviste sono condotte da personale appositamente formato. Tutti i documenti scritti sono disponibili in circa 50 lingue diverse. Se malgrado tutto ciò la comunicazione resta impossibile, il Corpo può utilizzare un servizio telefonico di interpretariato”.

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