Zurigo: una città, due anime
di Raffaella Amoroso
Io con la Svizzera ho un rapporto di grande confidenza: sono nata e cresciuta sul confine, quello di Como, e noi comaschi siamo famosi per avere il mito della Confederazione Elvetica. Ci sentiamo vicini di casa e spesso guardiamo a quel che sta al di là della dogana come qualcosa che simboleggia perfezione, cura e attenzione al dettaglio.
Anch’io che mi vanto di essere una comasca atipica mi rivedo un po’ nella descrizione qui sopra e, come tutti i miei concittadini, conosco molto bene il Ticino e meno gli altri Cantoni.
Visitare Zurigo era quindi nella wish list da un (bel) po’ e passarci un weekend è stato quindi un regalo doppio: chissà se da sola ci sarei mai andata o comunque se ci sarei riuscita in tempi brevi.
Fatto sta che in quattro ore di treno da Milano senza neanche partire a orari impossibili per chi, come me, proprio tanto mattiniero non è, nella maggiore città della Svizzera ci sono arrivata con gioia e curiosità.
Ti ricordi subito che è inverno (o quasi) perché fa freddo, molto più di quel che fa qui a Milano. Ti ricordi che non sei in Italia banalmente perché non parlano la tua lingua e poi perché c’è quella sensazione di ordine e assenza di ansia che qui un po’ manca.
Non avevo aspettative, il che mi pare possa essere considerato un ottimo punto di partenza per visitare un luogo completamente nuovo. Mi sono lasciata guidare tra le vie della città vecchia così come in quelle di Zurich West, la parte più nuova e, si può dire, forse hipster di Zurigo.
Ho preso il treno per raggiungere l’Uetliberg, la montagna dalla cui vetta è possibile godere del panorama della città e del lago, e ho camminato in salita e tra la nebbia per il cosiddetto Sentiero dei Pianeti per raggiungere il ristorante Uto Kulm.
Ho mangiato i mohrenkopf, che qui in Italia chiamiamo semplicemente ‘moretti’ e che a Zurigo, così come in tutta la Svizzera, preparano al momento. Una botta calorica che difficilmente dimenticherò e che se potessi ripetere più spesso mi renderebbe particolarmente felice.
Zurigo viene attraversata da un fiume, il Linmat, che è una sorta di collante tra due diverse identità: da una parte troviamo la città più ‘commerciale’ quella dei negozi di brand conosciutissimi, quella dello struscio e dello shopping, e dall’altra quella più culturale dove i negozi ci sono sempre, ma dove forse riesci a trovare quegli oggettini particolari e quei prodotti che stanno un po’ al di fuori del circuito ‘di massa’.
Io ho amato particolarmente quest’ultima parte, ma un pezzo di cuore l’ho lasciato a Lindenhofplatz (la piazza dei tigli), una piazza gigante circondata da, appunto, tigli che guarda al fiume da una parte a una serie di case della città vecchia dall’altra. Si respirava una pace e una serenità che, se mi capitasse di andare a Zurigo più spesso, bramerei in continuazione. Che bello deve essere sedersi su una delle panchine, osservare la gente che gioca a scacchi (giganti), che si corre coi sacchi (davvero, eh!) o che, semplicemente, parlotta e sbircia, esattamente come ho fatto io, nelle finestre delle case degli altri?
Poco prima di arrivare ho trovato questa frase (“La realtà mente, quindi la realtà non è realistica. C’è quindi una sola realtà, l’eternità”) incisa su un cartello fuori da un negozio: ho pensato che fosse un segno, ancora devo capire di cosa, ma comunque bellissimo.
Zurigo mi hai conquistata: ci rivediamo presto?
Raffaella AmorosoCollegamento esterno
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