Il plurilinguismo elvetico supera una nuova prova alle urne
Il verdetto delle urne ha nuovamente sconfessato gli oppositori all’insegnamento di due lingue straniere alle elementari. Un’iniziativa che chiedeva una sola lingua straniera è stata bocciata oggi in votazione popolare nel cantone di Zurigo. La stessa sorte è toccata nel cantone di Soletta a un’iniziativa contro i piani di studio per la scuola dell’obbligo, comuni per regioni linguistiche. Il ricorso alla democrazia diretta su questi due temi controversi non è però concluso.
I risultati sono stati netti. Nel cantone di Zurigo, i votanti hanno respinto l’iniziativa popolare “Più qualità – una lingua straniera alla scuola primaria”, con quasi il 61% di no. In quello di Soletta, l’iniziativa “Sì a una buona scuola obbligatoria senza Lehrplan [piano di studio] 21” è stata rifiutata da oltre il 65% dei votanti.
La diatriba sull’insegnamento delle lingue straniere nella scuola primaria in Svizzera si era infuocata dopo la decisione del cantone di Zurigo, nel 1999, di declassare il francese – che è una lingua nazionale – a seconda lingua straniera, dopo l’inglese, nell’insegnamento obbligatorio. Il passo zurighese aveva innescato un movimento nello stesso senso nella maggioranza dei cantoni di lingua tedesca.
Nei cantoni francofoni, questo passo era stato percepito come un affronto: la minoranza latina della Svizzera concepisce infatti l’apprendimento di almeno una seconda lingua nazionale come un elemento indispensabile per la coesione del Paese. La maggioranza tedescofona tende invece a privilegiare l’inglese per rispondere agli interessi dell’economia nell’era della globalizzazione.
La Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPECollegamento esterno) aveva quindi trovato una soluzione di compromesso per conciliare tutti gli interessi: l’introduzione dell’obbligo per tutti i cantoni di insegnare due lingue straniere – un secondo idioma nazionale e l’inglese – alle elementari, con la libertà per ogni cantone di decidere con quale delle due cominciare.
Ma appena entrato in vigore, nel 2009, l’accordo in questione, in vari cantoni della Svizzera tedesca si è trovato confrontato con una levata di scudi di docenti e di gruppi di genitori, secondo i quali due lingue straniere rappresentano un carico eccessivo per i bambini.
Per tentare di ottenere il ripristino dell’insegnamento di una sola lingua straniera, gli oppositori hanno quindi imboccato la via della democrazia diretta, lanciando delle iniziative popolari. Finora senza successo, poiché nei due cantoni dove si è già votato – Zurigo oggi e Nidwaldo nel 2015 –, la proposta è stata spazzata via dal popolo.
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Svizzera, meno lingue latine alle elementari
I verdetti popolari finora sono stati favorevoli ai direttori cantonali della pubblica educazione anche su un’altra decisione contestata da gruppi di docenti e di genitori in vari cantoni della Svizzera tedesca: l’adozione del Lehrplan 21, ossia un piano di studi con dei contenuti e obiettivi comuni per tutti i 21 cantoni germanofoni. Prima del responso negativo uscito oggi dalle urne solettesi, le iniziative lanciate dagli oppositori del Lehrplan 21 erano già state bocciate in altri cinque cantoni: Argovia, Appenzello Interno, Sciaffusa, San Gallo e Turgovia.
Le battaglie alle urne sulle due lingue straniere alla scuola primaria e sul Lehrplan 21 non sono tuttavia finite, poiché in altri cantoni tedescofoni i cittadini saranno prossimamente chiamati a votare su iniziative analoghe.
Giornata intensa per l’esercizio dei diritti popolari
Gli elettorati di Zurigo e di Soletta oggi non erano gli unici chiamati alle urne per temi cantonali. Nella giornata in cui i cittadini elvetici a livello federale si sono espressi a favore della strategia energetica 2050, complessivamente si sono svolte anche votazioni a carattere regionale in 16 cantoni.
Tra le molteplici decisioni cantonali, spicca il rifiuto dell’elettorato bernese – con il 54,3% di no – a un credito di 105 milioni di franchi destinato alla presa a carico dei richiedenti l’asilo, in particolare i minorenni non accompagnati, nel quadriennio 2016-2020. Adottato dal parlamento cantonale, il credito era stato combattuto con un referendum lanciato dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), secondo cui si tratterebbe di una “soluzione di lusso” per i circa 450 richiedenti asilo minorenni che il cantone già ospita in strutture specializzate, in modo da rispettare la convenzione dell’ONU sui diritti dei fanciulli.
I fautori del credito replicavano che la fattura potrebbe risultare ancor più salata qualora i minorenni venissero mandati nei normali centri per richiedenti asilo. In caso di problemi dovrebbe infatti intervenire l’Autorità di protezione dei minori e degli adulti. Ma la maggioranza dei votanti ha condiviso l’interpretazione dell’UDC.
Un interesse nazionale era invece rivestito dall’esito della votazione a Svitto su un’iniziativa promossa dall’UDC, che chiedeva di rimettere sotto competenza comunale le autorità di protezione dei minori e degli adulti, che attualmente sono sotto il controllo del cantone.
Il voto appariva un po’ come un primo test per un’iniziativa popolare analoga a livello federale il cui lancio è previsto per la settimana prossima. Tra i promotori di quest’ultima figura anche il deputato nazionale svittese Pirmin Schwander, che era membro anche del comitato d’iniziativa cantonale. Il risultato nel suo cantone, non sembra però essere di buon auspicio per il parlamentare UDC: l’iniziativa oggi è infatti stata bocciata dal 51% dei votanti.
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