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Via libera al mandato negoziale con l’UE dal Governo svizzero

Le due bandire svizzera e dell'UE.
Avvicinamento in vista tra Berna e Bruxelles. KEYSTONE/© KEYSTONE / PETER SCHNEIDER

Possono iniziare le trattative per stabilizzare i rapporti con Bruxelles, il principale partner economico della Confederazione, tre anni dopo il fallimento dei negoziati sull'Accordo quadro.

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Dopo anni di discussioni e polemiche, il Governo federale ha approvato venerdì il mandato negoziale definitivoCollegamento esterno che tiene conto delle osservazioni espresse durante la consultazione dalle cerchie interessate.

Le trattative incominceranno non appena la Commissione europea disporrà a sua volta del suo mandato definitivo, verosimilmente nel corso di questo mese, ha dichiarato il consigliere federale Ignazio Cassis, che ha sottolineato che il capo negoziatore Patric Franzen – presente all’incontro – è pronto per incominciare a trattare.

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“Preservare il benessere della svizzera”

Sulla decisione presa dall’Esecutivo il ministro degli Esteri ha precisato che, in un contesto geopolitico sempre più instabile – guerre in Ucraina e in Medio Oriente, crisi nei Balcani, nel Caucaso o in Africa – è importante avere relazioni stabili col partner economico più importante della Svizzera, cui ci legano anche valori.

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Per Ignazio Cassis “si tratta di preservare e rafforzare il benessere della Svizzera, la sua stabilità e sicurezza, con un partner vitale al quale siamo legati da accordi bilaterali che hanno finora dato buona prova di sé”.

La Commissione europea ha accolto con favore l’adozione da parte del Consiglio federale del mandato negoziale della Svizzera. Anche nell’Unione europea il dossier ha fatto oggi un nuovo passo avanti.

Il mandato negoziale è stato presentato alle rappresentanze permanenti degli Stati membri dell’UE. Nelle ultime settimane, il gruppo di lavoro competente ha esaminato il mandato, che però non è ancora stato adottato poiché solo il Consiglio dell’Unione europea può prendere una decisione vincolante. .

Secondo una fonte europea, la decisione dovrebbe essere presa martedì prossimo, 12 marzo. Quel giorno si riunirà a Bruxelles il Consiglio Affari Economici e Finanziari (ECOFIN). Non appena la Commissione europea avrà un mandato, potranno iniziare i negoziati con la Svizzera.

Ignazio Cassis non ha voluto sbilanciarsi sui tempi necessari per giungere a un’intesa definitiva, limitandosi a dire di sperare che le trattative si svolgano speditamente. Ciò dipenderà però anche, ha aggiunto, dalla flessibilità delle parti.

Coordinamento tra negoziatori e dipartimento

Ogni elemento del pacchetto sarà specificamente negoziato in tandem dal capo negoziatore e dal negoziatore specialista in materia, rappresentante del dipartimento competente.

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Un gruppo di lavoro interdipartimentale, guidato dal segretario di Stato del DFAE Alexandre Fasel, coordinerà i lavori svolti in Svizzera con quelli portati avanti sul tavolo delle trattative.

I dipartimenti competenti dovranno ora portare avanti i lavori parallelamente ai negoziati per definire le opportune misure di accompagnamento sul piano nazionale.

Largo consenso

Il Consiglio federale, è stato sottolineato, è confortato dal parere positivo all’avvio di nuovi negoziati, espresso dalla grande maggioranza degli attori e attrici consultati nei settori dell’immigrazione, dell’energia elettrica, della protezione dei salari e dei trasporti terrestri.

Il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) è stato incaricato di presentare al Governo federale un’analisi giuridica relativa alla questione del referendum (obbligatorio o facoltativo) a cui sarà sottoposto il pacchetto in caso di conclusione positiva dei negoziati.

Raccomandazioni non accolte in ambito energetico

Dopo aver analizzato i pareri inoltrati, l’esecutivo ha accolto gran parte delle raccomandazioni che costituiscono, a suo avviso, utili precisazioni al progetto di mandato negoziale del 15 dicembre scorso.

L’annuncio del via libera al mandato negoziale con l’UE non suscita l’entusiasmo di tutti e tutte. L’Unione democratica di centro ha criticato quella che ha definito un’operazione di facciata. Per il partito di destra il governo approva “la totale sottomissione della Svizzera all’UE”, accettando l’adozione automatica del diritto dell’UE, la sottomissione alla Corte di Giustizia dell’UE e i pagamenti miliardari all’UE. Sul fronte opposto il Partito socialista, pur esprimendo soddisfazione, ha ribadito le richieste di tutela dei salari e dei servizi pubblici nelle future trattative. Soddisfatti pure i Verdi, che chiedono però alla Svizzera di fare ulteriori passi per allinearsi a Bruxelles sulla protezione del clima.

Il centro-destra condivide sostanzialmente la mossa del Governo: per i liberali radicali (PLR) la Svizzera ha bisogno di relazioni solide e regolamentate con l’Europa. Per l’Alleanza del Centro l’adozione del mandato negoziale con l’UE da parte del Consiglio federale è positiva. I negoziati, insiste su X il Centro, devono essere condotti rapidamente e su un piano di parità “affinché il cammino bilaterale verso il futuro sia coronato dal successo”. Più tiepidi i sindacati che temono ripercussioni negative sui salari. Per l’Unione sindacale (USS) il mandato “punta a un doloroso peggioramento della protezione dei salari”. Il Consiglio federale “sta dando ai suoi negoziatori l’autorità di rinunciare ad alcune parti delle misure di accompagnamento senza alcuna garanzia vincolante”. Travail.Suisse osserva invece che le concessioni fatte all’UE, in particolare sulla questione delle cauzioni e della copertura delle spese professionali, “minano la protezione dei salari e non sono accettabili in un accordo”. Positive, senza indugi, le reazioni dell’economia. Per economiesuisse, il mandato del governo crea buoni presupposti per i negoziati incombenti. Da parte loro i Cantoni, attraverso la Conferenza dei governi cantonali (CdC), attribuiscono grande importanza alle buone relazioni con l’UE e i suoi Stati membri. Per questo gli esecutivi cantonali continueranno a monitorare da vicino i progressi dei negoziati.

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Le osservazioni non accettate riguardano elementi incompatibili con gli obiettivi fondamentali del pacchetto, in particolare negli ambiti dell’energia elettrica, in relazione soprattutto all’esclusione del settore della produzione di energia elettrica dal campo di applicazione dell’accordo o alla rinuncia a misure di apertura del mercato.

+ La protezione dei salari suscita invidia nell’UE

A tale riguardo, ha sottolineato Cassis, vogliamo garantire ai consumatori la possibilità di restare nel regime dell’approvvigionamento di base (servizio pubblico), previsto come scelta “standard” con prezzi regolamentati.

Il Consiglio federale mira inoltre a proteggere i principali aiuti di Stato attuali, in particolare nel campo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Trasporti e prodotti agricoli

Parallelamente all’apertura controllata del trasporto internazionale di passeggeri per ferrovia (il 5% del totale ha precisato Cassis), il Governo punta a preservare il modello di cooperazione e la prerogativa della Confederazione di assegnare le tracce sul proprio territorio. L’apertura controllata del mercato del trasporto ferroviario internazionale non deve influire sull’alta qualità dei trasporti pubblici in Svizzera, ha puntualizzato il politico federale.

Circa i prodotti agricoli, l’esecutivo precisa che le tariffe doganali saranno mantenute, compresi i contingenti tariffari e le modalità di gestione di questi ultimi: la sovranità della Svizzera nel campo della politica agricola non sarà intaccata.

Immigrazione e salari

In tema di stranieri e salari, l’obiettivo di un’immigrazione orientata al mercato del lavoro viene rafforzato, così come la formulazione concernente il diritto di soggiorno, allo scopo di proteggere meglio il sistema sociale elvetico.

Il Consiglio federale riafferma altresì l’obiettivo di garantire le condizioni salariali e lavorative preservando l’attuale livello di protezione nel lungo termine.

Circa l’eccezione riguardante la cauzione cui sono tenute le imprese e la manodopera estera, il Governo mira a ottenere un effetto paragonabile a quello del sistema di cauzione attuale. Si cercherà inoltre una soluzione per quanto riguarda le spese. L’obiettivo è garantire la parità dei diritti, tenuto conto del livello dei prezzi in Svizzera.

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Aspetti istituzionali

In merito alla partecipazione al mercato unico dell’UE e agli elementi istituzionali, ha dichiarato Ignazio Cassis, il Consiglio federale intende garantire che, nel caso in cui la Svizzera si rifiuti di adottare una specifica modifica del diritto europeo, le misure di compensazione siano possibili solo a seguito di una decisione del tribunale arbitrale relativa anche alla questione della proporzionalità.

Il Governo precisa ancora che l’Accordo di libero scambio con l’Europa del 1972 non fa parte del pacchetto e non rientra nel quadro dei negoziati

Cosa succede adesso?

Il popolo svizzero si troverà “molto probabilmente” a dover votare sull’accordo che uscirà dalle trattative tra la Svizzera e l’UE, secondo il Segretario di Stato Alexandre Fasel. Anche secondo il consigliere federale Ignazio Cassis, sarebbe difficile impedire all’elettorato elvetico di esprimersi dopo 15 anni di negoziati.

L’accordo dovrà comunque passare attraverso tre fasi, prima di arrivare al popolo. Innanzitutto, i negoziati. Quando i due negoziatori principali li riterranno conclusi, sigleranno l’accordo. Poi spetterà ai due governi – il Consiglio federale nel caso della Svizzera, la Commissione nel caso dell’UE – occuparsene”, ha spiegato Cassis.

Il Consiglio federale redigerà quindi un messaggio globale, che comprenderà sia l’accordo che i necessari adeguamenti alla legislazione elvetica. Lo invierà poi al Parlamento con una raccomandazione sull’opportunità di indire un referendum obbligatorio o facoltativo.

Il destino dell’accordo sarà quindi nelle mani del Parlamento. Le Camere non potranno modificare il contenuto dell’accordo e la discussione si concentrerà sulle misure di attuazione, ha osservato Fasel. Spetterà inoltre al Parlamento decidere se sottoporre il testo a un referendum obbligatorio o facoltativo, ha dichiarato il Ministro degli Affari Esteri.

Affinché il risultato dei negoziati con l’UE ottenga una maggioranza politica in Svizzera, è necessario il sostegno delle parti sociali. Il Governo federale comunque non eserciterà alcuna pressione sulle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, ha assicurato la Segretaria di Stato del Dipartimento federale dell’economia, dell’istruzione e della ricerca (DEFR) Helene Budliger Artieda, secondo cui “le parti sociali devono trovare un accordo”.

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