Una delle ultime tessiture artigianali svizzere appesa a un filo di speranza
In un’epoca di riscoperta della regionalità, di rilocalizzazione e sviluppo sostenibile della filiera tessile in Europa, la Tessitura Valposchiavo, una delle ultime tessiture artigianali professionali in Svizzera, attraversa un momento di grave difficoltà. Per sopravvivere deve rinnovarsi, unendo tradizione e modernità.
“Continuare così non ha più senso. Non vogliamo prolungare inutilmente l’agonia della Tessitura Valposchiavo”, affermano Adriana Zanoli e Kaspar Howald, due membri del Comitato che, insieme ad altre persone, nel 2021 hanno preso in mano le redini della società cooperativa nel tentativo di raddrizzarne le sorti.
In gennaio hanno detto basta e hanno lanciato l’allarme, non squillante, ma rotto dall’emozione: una decisione ponderata a lungo che ha scosso l’intera comunità di una valle alpina.
“Il problema della tessitura è di natura strutturale”, prosegue il presidente Howald. “È troppo piccola per permettersi una direzione professionale che si occupi della commercializzazione e del marketing dei prodotti. Senza non è però possibile farla crescere e rimarrà fallimentare”.
Da anni, infatti, la tessitura chiude i conti in rosso e le riserve finanziarie, usate per colmare i deficit, sono quasi esaurite. Per evitare il fallimento, il comitato ha proposto all’assemblea dei soci di procedere con la chiusura programmata dell’attività. Per rilanciare la Tessitura Valposchiavo servono nuove idee. Ma quali?
Il servizio della trasmissione Il Quotidiano sui problemi della Tessitura Valposchiavo:
Salvaguardia della tradizione e “angelo del focolare”
Nata nel 1955 su iniziativa della sezione poschiavina della Pro Grigioni Italiano (PGI), la società cooperativa “Tessitura di Val Poschiavo” intendeva, da una parte, contrastare il fenomeno dell’emigrazione, offrendo un’alternativa alle ragazze costrette a lasciare la valle per cercare lavoro a nord del passo del Bernina, nella Svizzera interna. Dall’altra, la PGI voleva preservare una tradizione, quella della tessitura artigianale, che stava gradualmente scomparendo.
Per questo motivo, oltre all’atelier e al negozio venne aperta una scuola professionale che, dalla sua fondazione, ha dato l’opportunità a una ventina di apprendiste di conseguire il diploma federale di creatrice di tessuti AFC.
In un’intervista pubblicata sull’Almanacco del Grigioni italianoCollegamento esterno, Letizia Pedrussio-Gisep, direttrice della scuola per più di quarant’anni, ha indicato che, oltre agli obiettivi dichiarati, la tessitura perseguiva anche un altro scopo: trattenere le ragazze in valle affinché potessero sposarsi con i contadini locali, formare una famiglia e diventare “l’angelo del focolare” che tesseva durante le lunghe giornate invernali.
Nonostante gli sforzi, lo spopolamento verso i centri economici svizzeri non viene arrestato. L’arte tessile è stata invece salvaguardata e promossa. Insieme alla TessandaCollegamento esterno in Val Monastero, la Tessitura Valposchiavo è una delle ultime realtà artigianali professionali in Svizzera. Da quasi settant’anni promuove il patrimonio culturale del passato e produce articoli di nicchia, utilizzando materie naturali come la seta, la lana, il cotone, il cachemire, il lino e la canapa.
La coltivazione del lino vanta una lunga tradizione in Svizzera. Secondo il dizionario storico della SvizzeraCollegamento esterno, questa pianta era già coltivata nel Neolitico, per essere successivamente filata e tessuta per la produzione di tele di lino.
Con l’abbandono della lavorazione delle fibre e l’avvento del cotone, la coltivazione del lino ha perso velocemente importanza negli anni Cinquanta del secolo scorso. Una iniziativa in Val MonasteroCollegamento esterno mira ora a riportare in vita la coltivazione del lino. Dal 2021, due contadini hanno iniziato a seminare la pianta e, nell’ottobre 2023, sono state ricavate le prime fibre di lino, trasformate poi in filato.
Dopo aver superato varie crisi, mantenendosi in equilibrio tra esigenze della clientela e redditività di una produzione su piccola scala, oggi la Tessitura Valposchiavo rischia la chiusura, proprio in un momento di rinascita della filiera del tessile in Europa e nell’area alpina.
“Sarebbe una perdita culturale gravissima”, afferma Cordula Seger, direttrice dell’Istituto per la ricerca sulla cultura grigione, ricordando che nel 2023 la tessitura a mano è stata riconosciuta come parte delle tradizioni viventi del CantoneCollegamento esterno. “Se non preserviamo le nostre tradizioni, perdiamo il filo che ci lega alla nostra storia e alla nostra identità, interrompendo un legame prezioso con il nostro passato tramandato di generazione in generazione”.
Diego Rinallo, professore associato di marketing presso la emlyon business school, sottolinea un altro aspetto fondamentale: “Questi saperi tradizionali sono fatti anche di gestualità e conoscenze tacite, quasi impossibili da codificare e fissare su carta. Si tratta di un know-how che rischiamo di perdere definitivamente”.
Think global, act local
A poche decine di chilometri di distanza in linea d’aria, la Tessanda di Santa MariaCollegamento esterno, in Val Monastero, la tessitura più antica in Svizzera fondata nel 1928, a sua volta ha vissuto vari momenti di difficoltà. Dal 2019, sotto la guida di un’esperta di marketing zurighese, ha intrapreso con successo un cambio di strategia. Attualmente la Tessanda impiega 18 collaboratrici e in vista del centenario di esistenza intende inaugurare una nuova sede, progettata dal celebre architetto Peter Zumthor.
Un altro successo è stato ottenuto in gennaio, quando il grembiule per grigliate “Marius” ha ottenuto la medaglia d’oro all'”European Textile & Craft Award 2024Collegamento esterno“.
È un’evoluzione che non sorprende Rinallo. “Dal 2000 si nota una crescente consapevolezza e sensibilità verso il prodotto regionale anche nel settore tessile”, osserva il direttore del Lifestyle Research Center, sottolineando che in alcune fasce della popolazione si sta assistendo a un cambio di paradigma nei confronti della fast fashion e della cultura dell’usa e getta. “Si registra una forte richiesta di prodotti regionali”, conferma Seger. “Parte della popolazione si sente disorientata dalla globalizzazione e cerca di ritrovare sé stessa, in parte anche nel patrimonio culturale”.
Secondo l’esperto di marketing, chi acquista oggi una maglietta di cinque franchi è consapevole di contribuire a una catena di sfruttamento umano e distruzione ambientale. Per vendere i prodotti artigianali, non economicamente accessibili a tutti i portafogli, è necessario individuare gruppi specifici di consumatori e consumatrici, prevalentemente nei grandi centri urbani. “La differenza di prezzo va legittimata narrando il processo di creazione”, continua Rinallo. “Ad esempio, il grembiule della Tessanda è legato a storie autentiche, intrise di passione, tradizione e saperi antichi”.
Inoltre, le Alpi rievocano un immaginario molto positivo e rassicurante nelle persone, fatto di contatto con la natura e benessere. E di pecore che brucano l’erba in paesaggi bucolici.
Rilocalizzare la filiera del tessile
Ed è proprio da lì, dalle pecore pascenti, che nasce il progetto AlpTextylesCollegamento esterno volto a valorizzare il patrimonio culturale tessile delle Alpi e far rinascere la filiera della lana.
Lanciato nel novembre 2022 nell’ambito del programma Interreg Spazio Alpino, il progetto beneficia di finanziamenti europei, federali e cantonali e coinvolge 12 organizzazioni partner. Tra queste ci sono associazioni di categoria, rappresentanti del settore del tessile, enti pubblici, centri di ricerca, università, musei e comunità provenienti da Svizzera, Italia, Austria, Germania, Francia e Slovenia.
“Il patrimonio culturale alpino ha un ruolo chiave nel rilocalizzare le catene del valore tessile, interrotte dalla globalizzazione”, spiega Cassiano Luminati, direttore del Polo Poschiavo, un centro di competenza per l’accompagnamento di progetti di sviluppo. “Attualmente, la lana è considerata un rifiuto speciale. L’obiettivo di AlpTextyles è rivitalizzare la filiera della lana, sostenendo le strutture ancora esistenti, mettendole in rete, promuovere lo sviluppo regionale, la circolarità, la sostenibilità, l’innovazione e la salvaguardia del patrimonio immateriale”.
E a questo progetto si aggrappano le speranze di sopravvivenza della Tessitura Valposchiavo. “Spesso sogno di vedere i nostri telai impegnati nella produzione di tessuti per le grandi case di moda europee, in un perfetto connubio tra tradizione e innovazione”, confida Adriana Zanoli.
Purtroppo per la Tessitura Valposchiavo non c’è più tempo per affidarsi solamente ai sogni: ci vogliono soluzioni concrete e realizzabili nel breve termine, altrimenti l’armoniosa danza tra la tessitrice e il telaio, caratterizzata dai passi ritmici a piedi scalzi sulla pedaliera, da vigorosi colpi con il pettine e dal rapido correre della navetta tra i fili dell’ordito e della trama rischia di arrestarsi, forse per sempre.
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