Le due banche opereranno separatamente fino alla fusione completa prevista per la fine del 2024. L'acquisizione comporterà la perdita di 3'000 posti di lavoro in Svizzera.
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tvsvizzera.it/mar/Keystone-ATS
“Abbiamo preso la nostra decisione in merito a Credit Suisse dopo un’analisi approfondita di tutte le possibili opzioni. In base alla nostra valutazione, la piena integrazione è chiaramente la migliore scelta per UBS, i nostri stakeholder e l’economia svizzera”, ha dichiarato l’amministratore delegato di UBS, Sergio Ermotti, citato in un comunicatoCollegamento esterno.
Secondo i piani, UBS e le attività svizzere di Credit Suisse (CS) continueranno a operare come società separate fino alla fusione legale prevista per il 2024. Il marchio Credit Suisse e le sue attività commerciali saranno mantenuti fino al trasferimento della clientela e dei sistemi. Su cosa avverrà dello storico marchio al di là del 2025 non è trapelato per ora nulla.
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“Nulla cambierà quindi per i clienti nel prossimo futuro”, ha assicurato Ermotti, il quale ha anche garantito che “tutte le sponsorizzazioni di attività civiche, sportive e culturali programmate in Svizzera” saranno mantenute almeno sino alla fine del 2025.
Quanti posti spariranno?
Secondo quanto indicato da Sergio Ermotti, l’acquisizione comporterà la perdita di 3’000 posti di lavoro in Svizzera: 1’000 di questi riguardano l’integrazione di CS Svizzera nel gruppo, mentre altri 2’000 concernono altre aree di attività locali dell’istituto.
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UBS ha indicato che la maggior parte delle soppressioni di impieghi avverrà attraverso pensionamenti anticipati o ricollocazioni all’interno del gruppo.
Questi posti andranno ad aggiungersi alle fluttuazioni registrate presso CS negli ultimi mesi. Alla fine del 2022 la banca impiegava a livello mondiale 50’000 persone, ma nei primi sei mesi di quest’anno 8’000 dipendenti sono partiti.
Reagendo all’annuncio, l’Associazione svizzera degli impiegati di banca ha chiesto che le 37.000 persone impiegate dal nuovo colosso bancario in Svizzera siano “trattate in modo giusto ed equo”.
UBS punta a ridurre i costi lordi di circa 10 miliardi di dollari (8,8 miliardi di franchi).
L’istituto vuole inoltre raggiungere un rapporto costi-ricavi – un indicatore chiave nel settore – inferiore al 70%, rispetto all’attuale 88,9%.
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Utile netto di oltre 25 miliardi di franchi
Nel comunicare l’opzione scelta per il futuro di Credit Suisse, UBS ha anche resi noti i risultati del secondo trimestre. Grazie all’acquisizione di CS, l’istituto ha conseguito un profitto netto di 28,9 miliardi di dollari (25,4 miliardi di franchi) che include un utile contabile di pari importo derivante dal fatto che l’istituto concorrente è stato rilevato – anche con l’aiuto di garanzie statali – a un prezzo nettamente inferiore al suo valore.
Al netto di questo fattore – cosiddetto goodwill (avviamento) negativo, nonché delle spese legate all’integrazione e degli oneri di acquisizione – l’utile ante imposte del gruppo è stato di 1,1 miliardi di dollari.
Il guadagno netto della sola UBS si è attestato a 2 miliardi, in linea con i 2,1 miliardi dello stesso periodo del 2022. Per il solo CS, che da giugno appartiene ufficialmente al nuovo gruppo UBS, si registra una perdita ante imposte di 8,9 miliardi di dollari, che scende a 4,3 miliardi escludendo gli effetti legati all’acquisizione.
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Clientela si è stabilizzata
La base di clientela di CS si è “sostanzialmente stabilizzata”, con una raccolta netta di depositi di 18 miliardi nel periodo aprile-giugno e un andamento positivo che sta proseguendo anche nel terzo trimestre.
UBS ha da parte sua continuato ad attrarre denaro: nell’amministrazione patrimoniale ha raggiunto il più alto afflusso netto di nuovi capitali in un secondo trimestre da oltre dieci anni a questa parte, con 16 miliardi di dollari. Anche in questo caso, lo slancio continua. In totale, a fine giugno il gruppo UBS aveva in gestione patrimoni per 5’530 miliardi di dollari, rispetto ai 4’184 miliardi di fine marzo, cioè prima dell’acquisizione di CS.
La banca è ottimista anche per quanto concerne il futuro degli affari: le incertezze rimangono, ma la fiducia della clientela nella gestione patrimoniale è migliorata. “Prevediamo flussi netti positivi di nuovi attivi nelle nostre attività di gestione patrimoniale e asset management”, conclude l’istituto.
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