Sergio Ermotti: i nuovi requisiti patrimoniali per UBS sono “sproporzionati ed estremi”

Il CEO di UBS Sergio Ermotti ha definito eccessive le proposte del Consiglio federale per rafforzare i requisiti patrimoniali delle grandi banche, avvertendo che potrebbero comportare costi elevati e penalizzare il modello globale di UBS.
Il presidente della direzione di UBS Sergio Ermotti critica duramente i previsti inasprimenti dei requisiti patrimoniali per la grande banca: sono sproporzionati ed estremi, ha affermato in una conferenza telefonica di commento ai risultati trimestrali.
Si tratta delle prime esternazioni pubbliche del 65enne da quando, all’inizio di giugno, sono state presentate le proposte del Consiglio federale per una regolamentazione più severa delle banche di importanza sistemica.
UBS si dice d’accordo con la maggior parte delle misure elaborate in seguito al tracollo di Credit Suisse (CS), ma non condivide l’esigenza di rendere le filiali estere completamente supportate da capitale proprio. Secondo Ermotti la casa madre trae vantaggio dalle sue controllate oltre frontiera: UBS ha avuto successo “grazie e non malgrado la sua impronta globale”. Ha inoltre parlato di una “forte cultura della gestione del rischio” da parte della sua società, sottolineando inoltre i servizi forniti da UBS alla Svizzera e il sostegno ai contribuenti.
Il CEO ha avvertito che se i piani del Governo dovessero essere attuati come previsto ciò comporterebbe costi significativi per l’impresa. UBS continuerà quindi a “partecipare attivamente al dibattito sui futuri requisiti normativi in Svizzera”. Contribuirà “con tutti i fatti e i dati” a sua disposizione.
Il manager ticinese ha anche confermato gli obiettivi finanziari di UBS fino al 2026, ribadendo poi le dichiarazioni di inizio giugno, secondo cui i traguardi più lungo termine saranno comunicati solo quando vi sarà maggiore chiarezza sui tempi delle potenziali modifiche del capitale e quando le regole finali saranno ben note.

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Se le proposte del Consiglio federale saranno attuate come comunicato quasi due mesi or sono UBS avrebbe bisogno di ulteriore capitale proprio per circa 24 miliardi di dollari (19 miliardi di franchi), afferma la banca stessa. L’importo si aggiungerebbe ai circa 18 miliardi di dollari che UBS deve già detenere in più in seguito all’acquisizione di CS.
UBS vuole rimanere in Svizzera, ma non vuole adattare il suo modello d’affari, né optare per un ridimensionamento dell’attività: è questo, in estrema sintesi, il pensiero espresso da Ermotti, alla luce del dibattito sempre acceso sulla capitalizzazione della banca e sui rischi che il maxi-istituto potrebbe rappresentare per la Confederazione e i contribuenti elvetici. L’obiettivo è sempre stato quello di operare con successo dalla Svizzera, ha affermato rispondendo a una domanda su un eventuale trasferimento della sede all’estero, in caso di significativo inasprimento dei requisiti patrimoniali.
L’intera discussione sembrava un po’ un Monopoli, si è speculato su Singapore, Hong Kong, Londra o addirittura New York come possibili nuove sedi, ha proseguito. UBS si concentra invece sulla possibilità di rimanere in Svizzera. “Non voglio avanzare oggi congetture su ciò che dovrebbe o potrebbe essere fatto: l’attenzione si concentra ora sull’integrazione di Credit Suisse e sull’investimento nel futuro della banca”.
Allo stesso tempo, anche un eventuale ridimensionamento non è considerato un’opzione: “lo escludo”, ha tagliato corto il manager. L’impresa non ha nemmeno intenzione di cambiare la strategia in relazione alle attività negli Stati Uniti. “Non vedo come UBS possa avere successo a livello internazionale senza essere attiva negli Stati Uniti”.
La società commenterà poi pubblicamente le proposte del Consiglio federale in merito al previsto inasprimento delle regole sul capitale proprio: l’analisi dei punti di forza e di debolezza del progetto è attualmente in fase di completamento e a fine agosto o inizio settembre verrà organizzato un evento informativo, ha promesso Ermotti.
Il numero uno di UBS ipotizza che ci sarà un po’ più di chiarezza sugli sviluppi previsti quando verranno presentati i dati contabili per l’intero anno 2025, ovvero all’inizio del 2026: a quel punto la gamma dei possibili risultati politici dovrebbe essersi un po’ ridotta, ha concluso il manager.

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