Consiglio centrale islamico svizzero, al via il processo
Il processo nei confronti di tre membri del comitato del Consiglio centrale islamico svizzero è cominciato mercoledì presso il Tribunale penale federale di Bellinzona. Sono accusati di propaganda in favore di organizzazioni terroristiche quali al-Qaida.
Le parole “Allahu akbar” sono riecheggiate mercoledì mattina a Bellinzona all’arrivo del presidente del Consiglio centrale islamico svizzero (Ccis), il biennese Nicolas Blancho, e degli altri imputati convocati presso il Tribunale penale federale di Bellinzona.
Libertà d’espressione o propaganda jihadista?
Il saluto è stato pronunciato dai sostenitori del Ccis, che ritengono che il processo rappresenti una violazione della libertà di stampa e d’espressione.
L’accusa del Ministero pubblico della Confederazione (Mpc), infatti, si basa su un’intervista. Quella girata da uno degli imputati, il responsabile della produzione culturale del Ccis, Naim Cherni, durante un viaggio in Siria nell’autunno del 2015.
L’intervistato, Abdallah al-Muhaysini, secondo l’Mpc è un rappresentante di alto rango di un’organizzazione civile e militare che persegue obiettivi jihadisti per conto di diverse fazioni. Un gruppo che presenta diverse similitudini con al-Qaida, della quale al-Muhaysini sarebbe una figura di spicco in Siria.
Nicolas Blancho e l’altro membro del Consiglio centrale islamico alla sbarra, Qaasim Illi, hanno autorizzato e contribuito alla diffusione del video.
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La procura ritiene che il video non sia “un’intervista giornalistica”. Gli imputati avrebbero solo offerto una piattaforma per la propaganda al suo interlocutore. A prova di ciò, il fatto che nelle riprese di 35 minuti Cherni interviene meno di due.
“Nessuna relazione con al-Qaida”
In una conferenza stampa tenutasi a Berna lunedì, alla quale hanno partecipato i tre imputati, il piccolo ma molto attivo gruppo ha ribadito che al-Muhaysini non è mai stato membro di al-Qaida o della sua succursale siriana an-Nusra ma un “costruttore di ponti”, un mediatore tra i vari gruppi ribelli siriani e un attivo oppositore dello Stato islamico (Isis).
Il Ccis ha pure anticipato che al processo gli imputati non intendono “cooperare con il Ministero pubblico della Confederazione”: manterranno il silenzio e non risponderanno alle domande poste. Il Ccis si aspetta peraltro una piena assoluzione. Le udienze dureranno due giorni. Una sentenza è attesa per venerdì 25 maggio.
Il Ccis di Nicolas Blancho
Il Consiglio centrale islamico è un’organizzazione di stretta osservanza salafita creata nel 2009, durante la campagna per il voto popolare che ha vietato in Svizzera la costruzione di nuovi minareti. Convertito all’Islam all’età di 16 anni, Nicolas Blancho si è fatto conoscere nel 2006 organizzando manifestazioni contro le vignette su Maometto e contro Charlie Hebdo.
Nonostante non rappresenti che l’1% dei musulmani residenti in Svizzera, costituito soprattutto da convertiti e da stranieri di seconda e terza generazione, il Ccis riesce a monopolizzare l’attenzione dei media. Adepto della provocazione e della spettacolarizzazione, Nicolas Blancho ha attirato l’attenzione del pubblico esprimendo propositi ambigui in relazione alla lapidazione delle donne e alla jihad.
Un presenzialista che suscita continuamente l’irritazione delle numerose organizzazioni islamiche svizzere per le quali il Consiglio centrale islamico e la sua linea rigorista contribuiscono a mantenere un clima di diffidenza nei confronti della maggioranza dei musulmani nel paese.
Nicolas Blancho resta tuttavia qualcosa di più che un semplice agitatore. Il Ccis è oggetto di attenzioni particolari da parte dei servizi di informazione della Confederazione, riguardo soprattutto all’opacità delle sue fonti di finanziamento e della vicinanza di alcuni suoi membri con ambienti jihadisti.
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