Svizzera e Stati Uniti insieme: “Non manipoliamo le valute”

Una dichiarazione congiunta tra Svizzera e Stati Uniti riafferma l’impegno reciproco a non manipolare i tassi di cambio per ottenere vantaggi competitivi, confermando al contempo il ruolo degli interventi sul mercato valutario nella politica monetaria della Banca nazionale svizzera.
La Banca nazionale svizzera (BNS), il Dipartimento federale delle finanze (DFF) e il Dipartimento statunitense del tesoro hanno adottato una dichiarazione congiunta su questioni macroeconomiche e valutarie.
Nel testo la Svizzera e gli Stati Uniti ribadiscono di non influenzare i tassi di cambio a fini competitivi.
Berna e Washington ribadiscono la loro adesione ai principi del Fondo monetario internazionale (FMI) e del gruppo di stati del G20 in materia di pratiche valutarie, si legge in un comunicato diffuso nel pomeriggio dalla BNS. “In particolare, nessuno dei due paesi utilizza i tassi di cambio o il sistema monetario internazionale allo scopo di impedire l’aggiustamento effettivo delle bilance dei pagamenti o di assicurarsi vantaggi competitivi ingiusti”.
La dichiarazione congiunta conferma inoltre che gli interventi sul mercato dei cambi costituiscono per la BNS un importante strumento di politica monetaria al fine di garantire condizioni monetarie appropriate e poter così assolvere il mandato legale della stabilità dei prezzi. La dichiarazione non è giuridicamente vincolante e conferma la prassi esistente, ricorda peraltro l’istituto guidato da Martin Schlegel.
Indipendentemente da questa dichiarazione, la BNS e il DFF dal 2022 intrattengono con il Dipartimento del tesoro un dialogo su temi macroeconomici e di politica finanziaria, rammenta ancora la Banca nazionale.
Come si ricorderà la BNS è intervenuta in passato sul mercato dei cambi per evitare quello che giudica un rafforzamento eccessivo del franco. Questo l’ha esposta alle critiche del governo americano, che l’ha definita “manipolatrice di moneta”. La questione è assurta a un interesse ancora maggiore sulla scia della vertenza dei dazi del 39% imposti contro la Svizzera in agosto dal presidente americano Donald Trump, in quanto ai suoi occhi la Confederazione ha un surplus commerciale eccessivo nei confronti degli Stati Uniti.
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