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Stoviglie riutilizzabili, la Svizzera è in ritardo

Stoviglie usa e getta.
Le stoviglie riutilizzabili in Svizzera devono fare i conti con un quadro normativo non favorevole. Keystone / Christian Beutler

Le aziende che si occupano di stoviglie riutilizzabili in Svizzera devono fare i conti con un quadro normativo che gli specialisti di economia circolare giudicano insufficiente. Nel confronto internazionale Berna è in ritardo, il che ostacola l'adozione diffusa di questa alternativa a tazze, posate e piatti usa e getta.

In Svizzera, i sistemi di stoviglie riutilizzabili occupano un posto di nicchia, emerge da un’analisi confezionata dall’agenzia di stampa finanziaria AWP. Ad esempio, la start-up zurighese Kooky, specializzata in forniture per le imprese, ha dovuto adattare il proprio modello di business a causa della domanda troppo bassa delle sue tazze presso i chioschi delle stazioni.

Altri stanno imponendo prodotti riutilizzabili, anche se ciò significa sconvolgere le abitudini dei consumatori. Le mense gestite dal gruppo di ristorazione Novae, tra cui quelle dei Politecnici federali di Losanna e di Zurigo, e alcuni ristoranti Migros e Coop richiedono un deposito tra i cinque e i dieci franchi, oltre al prezzo del caffè o del piatto del giorno da asporto.

In cambio, i clienti ricevono stoviglie facilmente riconoscibili per il loro colore viola, marchio di fabbrica di Recircle, società in grande ascesa fondata nel 2016 e molto diffusa soprattutto nella Svizzera tedesca. Questa marcata presenza è un punto di forza: si possono infatti restituire i contenitori a qualsiasi esercizio commerciale partner. È anche possibile portarli a casa e riconsegnarli dopo molteplici impieghi.

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Immagine di piatti, apparentemente in porcellana, su una griglia tipo cestello di lavastoviglie.

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Ma iniziative come queste non sono ancora sufficienti. “Le infrastrutture e i finanziamenti per la gestione dei rifiuti devono essere riorganizzati a favore del riutilizzo”, dichiara all’AWP Joëlle Hérin, esperta di economia circolare dell’organizzazione ambientalista Greenpeace.

“La Svizzera ha bisogno di uno strumento per promuovere gli imballaggi riutilizzabili”, aggiunge Maria Colon, specialista presso l’ufficio cittadino di Zurigo per lo smaltimento dei rifiuti (ERZ). La regolamentazione è una strada da esplorare, così come i sistemi di incentivi e le campagne di sensibilizzazione.

Il federalismo elvetico comporta quadri normativi diversi a seconda delle regioni, con qualche esempio virtuoso. Il canton Berna ha introdotto l’obbligo di utilizzare stoviglie riutilizzabili in occasione di grandi eventi pubblici. A Ginevra, a partire dal prossimo anno, la plastica monouso sarà bandita dai ristoranti e dai take-away.

Altre nazioni sono complessivamente più avanti. In Germania, Paese precursore, dal 2023 i recipienti riutilizzabili sono obbligatori per chi vende pasti d’asporto, mentre in un altro Stato confinante, ossia la Francia, esiste una tassa sulle stoviglie monouso.

Stando a un recente sondaggio della società di consulenza Deloitte, quasi la metà degli svizzeri sarebbe comunque favorevole a modificare le proprie abitudini in materia di consumi in nome della tutela dell’ambiente. Se si vogliono ottenere risultati non bisogna però disturbare troppo il comfort dei clienti, avverte Rahel Ostgen di Swiss Recycle, l’organizzazione di categoria del settore.

La facilità d’uso rimane quindi fondamentale. “Disponibilità e visibilità sono cruciali in un primo tempo”, afferma dal canto suo Jeannette Morath, direttrice della già citata Recircle. Poi, il più è fatto, si dice convinta l’esperta, perché “le persone non tornano ai prodotti usa e getta una volta che si sono abituate a quelli riutilizzabili”.

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